Poul Anderson - Il gioco di Saturno
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- Название:Il gioco di Saturno
- Автор:
- Издательство:Nord
- Жанр:
- Год:1984
- Город:Milano
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in 1982.
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— L’ho sbattuto fuori un mese fa. Si era messo in testa che dividere il mio letto gli conferisse qualche autorità su di me, e comunque non era mai stato altro che un ragazzaccio chiassoso. Sono sola sulla Torre di Gerfalcon, e guardo verso sud, sui campi illuminati dalla luna, chiedendomi come tu stia. La strada scorre verso di me come un grigio fiume: è un cavaliere quello che scorgo galoppare molto, molto lontano?
Dopo parecchi mesi di gioco, le immagini sullo schermo non erano più necessarie. I pennoni, sospinti dal vento notturno, sventolano verso le stelle.
— Arrivo, e suono il corno per destare i custodi della porta.
— Come rammento quelle liete note…
Quella stessa notte, Kendrick e Ricia diventano amanti. Esperti del gioco ed attenti a rispettare le sue regole, Scobie e la Broberg non scesero in dettagli in merito a quell’unione; non si toccarono neppure per mano e mantennero solo un fugace contatto visivo. L’ultimo scambio di saluti serali fu estremamente decoroso: dopo tutto, quella era una storia che stavano componendo a proposito di due personaggi fittizi su un mondo che non era mai esistito.
I pendii inferiori del ghiacciaio si levavano in arcate che erano anch’esse profondamente concave; gli umani camminarono lungo i loro bordi, ammirando le stravaganti formazioni sottostanti, ed intanto una serie di nomi salivano loro alle labbra: il Giardino Gelato, il Ponte Spettrale, il Trono della Regina delle Nevi, mentre Kendrick avanza nella Città e Ricia lo attende nella Sala da Ballo, e lo spirito di Alvarlan fa da messaggiero fra i due, cosicché è come se la Principessa stesse già camminando a fianco del suo cavaliere. A vanzarono comunque con attenzione, spiando con cautela ogni eventuale segno di pericolo, specialmente quando una mutazione di struttura, di colore o di qualsiasi altra cosa sulla superficie su cui procedevano tradiva un cambiamento nella sua natura.
Al di sopra del costone più alto si levava un’altura troppo ripida per poter essere scalata, nonostante la minima gravità di Iapetus: il muro della fortezza. Tuttavia, dal cielo il gruppo aveva scorto un’apertura che formava un passo e che doveva indubbiamente essere stata creata da qualche piccola meteorite, durante la guerra fra dèi e maghi, quando le pietre cantanti scesero dal cielo apportando una rovina tale che in seguito nessuno osò tentare la ricostruzione. Era una scalata irreale, su un percorso racchiuso fra cime che brillavano di un bagliore azzurrino da esse stesse generato, con la volta celeste ridotta ad una cintura dove le stelle sembravano splendere con raddoppiato vigore.
— Devono esserci sentinelle all’apertura — osserva Kendrick.
— Una sola guardia — replica il sussurro mentale di Alvarlan , — ma si tratta di un drago. Se combatti con lui, il frastuono e le fiamme attireranno su di te ogni guerriero presente qui. Non temere: scivolerò nel suo cervello ardente ed intesserò un sogno tale che non ti vedrà passare.
— Il Re potrebbe percepire l’incantesimo — dice Ricia, tramite il mago. — Dal momento che tu sarai comunque separato da noi mentre controllerai il cervello della bestia, Alvarlan, io cercherò il Re e lo distrarrò.
Kendrick fa una smorfia, ben sapendo quali siano i mezzi che Ricia intende impiegare. Lei gli ha detto quanto desideri la libertà ed il suo cavaliere, ma ha anche lasciato intuire che il modo di amare degli elfi trascende quello umano: desidera forse un ultimo momento di quell’amore prima di essere salvata?… Ebbene, né Ricia né Kendrick hanno giurato né praticato fedeltà ad una sola persona. Certamente, Colin Scobie non lo aveva mai fatto; con un sorriso divertito, Scobie continuò a camminare nel silenzio che era sceso sul terzetto.
Arrivarono in cima alla massa glaciale e si guardarono intorno: Scobie emise un fischio, e Garcilaso balbettò:
— G…G…Gesù Cristo!
La Broberg congiunse le mani di scatto.
Sotto di loro, il precipizio scendeva su alcuni costoni modellati in un modo che assumeva un aspetto completamente nuovo e soprannaturale, fatto di bagliori ed ombre, fino a terminare nella pianura. Vedendo quello spettacolo da tanto alto, la curvatura della luna faceva venir voglia di artigliare il suolo con i piedi per aggrapparsi ad esso e non essere scaraventati fra le stelle che circondavano, più che sovrastare, quella sfera. Il veicolo spaziale sorgeva minuscolo sulla pietra scura e butterata come un cenotafio rassegnato alla solitudine.
Verso oriente, il ghiaccio si sporgeva oltre il campo visivo, che era molto limitato. (— Laggiù ci potrebbero essere i confini del mondo — osservò Garcilaso, e Ricia risponde: — Sì, la Città sorge vicino ad essi.)
Conche di dimensioni differenti, collinette, crepacci, nessuno eroso alla stessa maniera degli altri, trasformavano quel tratto altrimenti pianeggiante in un labirinto surreale. Un costone che sembrava un arabesco traforato e che sorgeva dov’era la meta prefissa dagli esploratori, sormontava l’orizzonte, e tutto ciò che era illuminato brillava dolcemente. Per quanto fosse caldo, il sole proiettava una luce equivalente forse a quella che cinquemila Lune piene avrebbero potuto riversare sulla Terra; verso sud, il grande semidisco di Saturno forniva una luminosità pari a circa una volta e mezza quella della Luna, ma in quella direzione la distesa di ghiacci brillava di un pallido colore ambrato.
— Bene, vogliamo andare? — chiese Scobie, scuotendosi, e quella domanda prosaica parve colpire gli altri, perché Garcilaso si accigliò mentre la Broberg sussultava. La scienziata si riprese però subito.
— Sì, affrettiamoci — dice Ricia. — Sono nuovamente sola. Sei uscito dalla mente del drago, Alvarlan?
— Sì — la informa il mago. — Kendrick è sano e salvo dietro il palazzo in rovina. Dicci qual è la strada migliore per raggiungerti.
— Vi trovate alla Casa della Corona, consunta dal tempo. Dinnanzi a voi c’è la Strada dei Fabbricanti di Scudi…
Scobie si accigliò.
— È mezzogiorno, quando gli elfi non vanno in giro — dice Kendrick, in tono di comando e di ammonizione. — Non desidero incontrare nessuno di loro: niente lotte né complicazioni. Ti prenderemo e fuggiremo senza ulteriori guai.
La Broberg e Garcilaso si mostrarono delusi, ma compresero: il gioco finiva quando uno dei personaggi rifiutava d’accettare qualche nuovo particolare inserito da un compagno di gioco, ed in quei casi spesso i fili della narrazione non venivano ripresi e riallacciati per parecchi giorni. La Broberg sospirò.
— Segui la strada fino alla fine, dove c’è un foro e sgorga una fontana di neve — spiega Ricia. — Attraversa il foro e continua lungo il Viale Aleph Zain: lo riconoscerai a causa di un cancello a forma di teschio con le mandibole aperte. Se vedi da qualche parte un bagliore d’arcobaleno nell’aria, rimani immobile fino a che sarà svanito, perché si tratterà di un lupo aurorale…
Ad un trotto favorito dalla bassa gravità, furono sufficienti appena una trentina di minuti per coprire la distanza. Nell’ultimo tratto, i tre furono costretti ad effettuare grandi deviazioni a causa di blocchi di ghiaccio dalla composizione tanto sottile che scivolava sotto gli stivali e minacciava d’inghiottirli. Parecchi di quei blocchi erano disseminati a regolari intervalli intorno alla loro meta.
Una volta giunti, i tre viaggiatori si arrestarono nuovamente, persi nella morsa della meraviglia.
Il bacino ai loro piedi doveva giungere fin quasi al fondo roccioso, era profondo un centinaio di metri ed ampio quasi il doppio. Sul suo ciglio si ergeva il muro che avevano visto dall’altura, un arco lungo ed alto una cinquantina di metri, in nessun punto più spesso di cinque metri, traforato da intricate spire ornamentali che splendevano di un bagliore verde quando non erano trasparenti. Quello era il limitare superiore di uno strato che formava una serie di dentellature giù per il cratere. E c’erano altre sporgenze e altri burroni dall’aspetto ancora più fantastico… era forse quella una testa d’unicorno, quell’altra un colonnato di cariatidi, era quello un inginocchiatoio di ghiaccio?… Il profondo abisso era come un lago di fredde ombre azzurre.
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