Poul Anderson - Il gioco di Saturno
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- Название:Il gioco di Saturno
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- Издательство:Nord
- Жанр:
- Год:1984
- Город:Milano
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in 1982.
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— Hmm… — Scobie sollevò una mano per grattarsi il mento, incontrò invece l’elmetto ed abbozzò un sogghigno a proprie spese. — Mi sembra ragionevole. Ma… da dove è venuta tutta questa polvere, ed anche il ghiaccio, già che ci siamo?
— Io credo… — la voce della donna si abbassò fino ad essere appena udibile, ed il suo sguardo si spostò nella stessa direzione di quello di Garcilaso, mentre quello di Scobie rimase fisso sul suo volto, profilato contro le stelle. — Io credo che questo confermi la tua ipotesi della cometa, Colin. Una cometa ha colpito Iapetus. È venuta dalla direzione da cui è venuta perché si è avvicinata talmente a Saturno da essere costretta a descrivere una curva a spillone intorno al pianeta. Era enorme, ed il suo ghiaccio ha ricoperto quasi un intero emisfero, nonostante una quantità molto maggiore si sia vaporizzata e sia andata perduta. La polvere proviene in parte di là, ed in parte è stata generata dall’impatto.
— La tua teoria, Jean! — esclamò Colin, abbracciando le sue spalle chiuse nella tuta. Io non sono stato il primo a proporre l’idea della cometa, ma tu sei la prima a fornire dei dettagli di prova.
Jean non parve notare l’osservazione se non per ciò che mormorò ancora:
— La polvere può spiegare anche l’erosione che ha determinato quelle deliziose formazioni. Ha provocato una diversa fusione e sublimazione della superficie, a seconda dei disegni secondo cui è caduta e dei miscugli di ghiaccio cui si è aggrappata prima di essere lavata via o incorporata. I crateri, quelli più piccoli ed anche quelli più grandi che abbiamo osservato dall’alto, hanno un’origine separata ma simile. Meteoriti…
— Aspetta un po’ — obiettò Scobie. — Qualsiasi meteorite di dimensioni rispettabili emanerebbe tanta energia da far fondere la maggior parte dell’intera distesa.
— Lo so. Il che dimostra che la collisione con la cometa è una cosa recente, avvenuta meno di mille anni fa, altrimenti oggi noi non vedremmo questo miracolo. Nulla di grosso ha più colpito Iapetus da allora. Sto pensando a piccole pietre, sabbia cosmica, che abbiano orbitato intorno a Saturno e quindi abbiano colpito con bassa velocità relativa. Per lo più hanno creato semplici ammaccature nel ghiaccio. Rimanendo là, però, raccolgono calore solare perché sono scure e lo irradiano a loro volta fondendo le loro immediate vicinanze fino a sprofondare. Le cavità che esse lasciano riflettono radiazioni incidenti da un lato all’altro e così continuano ad ingrandirsi: è l’effetto marmitta. Ed ancora, siccome ghiacci diversi hanno proprietà differenti, non si ottengono crateri perfettamente lisci, bensì quelle fantastiche coppe che abbiamo visto prima di atterrare.
— Per Dio! — esplose Scobie. — Sei un genio!
Elmetto contro elmetto, Jean sorrise e disse:
— No, è ovvio, una volta che lo si è visto di persona. — Rimase quieta per un po’, mentre si tenevano abbracciati. — L’intuito scientifico è una cosa buffa, lo ammetto — proseguì infine. — Mentre consideravo il problema, non ero quasi conscia della mia mente logica. Quello che ho pensato era… La Città di Ghiaccio, fatta con pietre di stella da ciò che un dio aveva invocato dal cielo…
— Gesù Maria! — Garcilaso ruotò su se stesso per fissarli.
— Cercheremo una conferma — aggiunse Scobie, con voce incerta, lasciando andare la donna. — A quel grosso cratere che abbiamo avvistato poco più avanti. La superficie sembra sicura a camminarci sopra.
— Ho chiamato quel cratere la Sala da Ballo del Re Elfo — rifletté la Broberg, come se le stesse tornando in mente un sogno.
— State attenti! — risuonò la risata di Garcilaso. — Laggiù c’è un gran numero di incantesimi. Il Re è soltanto un erede: sono stati i giganti a costruire queste mura, per gli dèi.
— Ebbene, devo trovare una via per entrare, non ti pare? — replicò Scobie.
— Davvero — dice Alvarlan. — Da questo punto in poi non ti posso più guidare. Il mio spirito può vedere soltanto attraverso occhi mortali, ed io ti posso fornire soltanto i miei consigli, fino a che raggiungeremo il cancello.
— State sognando ad occhi aperti quella vostra fiaba? — gridò Danzig. — Tornate indietro, prima di farvi uccidere tutti!
— La vuoi smettere? — ringhiò Scobie. — Non è altro che un modo di parlare che usiamo tra noi. Se non riesci a capirlo, vuol dire che sei meno capace di noi di usare il cervello.
— Mi vuoi ascoltare? Non ho detto che siete pazzi: non avete allucinazioni o cose del genere, dico solo che avete indirizzato le vostre fantasie verso un luogo di questo tipo e che ora la realtà le ha rinforzate al punto che siete sotto un impulso che non riuscite a riconoscere. Vi spingereste allo sbaraglio in modo così incosciente in qualsiasi altro luogo dell’universo? Riflettete!
— Questo fa traboccare il vaso. Riprenderemo il contatto dopo averti dato un po’ di tempo per migliorare le tue maniere. — Scobie chiuse il suo interruttore radio principale. I circuiti che rimasero in funzione servivano per la comunicazione a distanza ravvicinata ma non avevano la forza di raggiungere i satelliti orbitali. I suoi compagni lo imitarono, quindi si girarono tutti e tre verso l’imponente massa che avevano dinnanzi.
— Mi puoi aiutare a trovare la Principessa, quando saremo dentro, Avarlan — dice Kendrick.
— Lo posso e lo farò — promette il mago.
— Ti aspetto, o più risoluto fra i miei amanti — dice sommessamente Ricia.
Solo, nel modulo spaziale, Danzig si disse, quasi singhiozzando:
— Oh, sia dannato in eterno quel gioco! — Ma il suono di quelle parole cadde nel vuoto.
III
Condannare lo psicodramma, anche nella sua forma più accentuata, equivarrebbe a condannare la natura umana.
Esso ha inizio durante l’infanzia. Il gioco è una cosa necessaria ad un mammifero immaturo, costituisce un mezzo per imparare ad usare il proprio corpo, le sue percezioni ed il mondo esterno. Il giovane umano gioca, deve giocare, anche con il cervello, e, quanto più il bambino è intelligente, tanto più la sua immaginazione ha bisogno di esercizio. Esistono vari gradi di attività, dal guardare passivamente uno schermo, fino al leggere, al sognare ad occhi aperti, al narrare una storia, ed allo psicodramma… cosa per cui il bambino non ha una denominazione così fantasiosa.
Non possiamo dare un’unica descrizione di questo comportamento, perché la sua forma e il suo sviluppo dipendono da un numero interminabile di variabili, fra le quali il sesso, l’età, la cultura d’appartenenza ed i compagni di gioco sono soltanto le più ovvie. Per esempio, nell’America Settentrionale dell’era pre-elettronica, le bambine erano solite giocare spesso alla «casa», mentre i ragazzini giocavano ad «indiani e cowboy» oppure a «guardie e ladri», mentre al giorno d’oggi può accadere che un gruppo misto di loro discendenti giochi ai «delfini» oppure ad «astronauti ed alieni». In sintesi, si forma un gruppetto, all’interno del quale ciascun membro si crea un personaggio da rappresentare o ne prende uno a prestito da qualche racconto. È possibile l’impiego di semplici attrezzi di contorno, armi giocattolo oppure un oggetto qualsiasi… un bastone, per esempio… che viene identificato con qualcos’altro, un individuatore di metalli o un’altra cosa altrettanto immaginaria, come immaginario è quasi sempre anche lo scenario. I bambini recitano allora un dramma che essi stessi compongono man mano che il gioco procede; quando è impossibile eseguire fisicamente una certa azione, la si descrive a parole. («Faccio un salto molto in alto, come si può fare su Marte, e supero l’orlo della vecchia Valles Marineris e prendo quel bandito di sorpresa.) Generalmente, un ampio cast di personaggi, specialmente cattivi, viene ad esistere di comune accordo.
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