Филип Дик - Ma gli androidi sognano pecore elettriche?
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- Название:Ma gli androidi sognano pecore elettriche?
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Ancora una volta alzo il ricevitore del telefono per chiamare sua moglie. Invece, resto come paralizzato.
CAPITOLO VENTIDUESIMO
Rimise a posto il ricevitore senza togliere gli occhi dal punto scuro che si era mosso appena fuori dalla macchina. Sul terreno, in mezzo alle pietre, c'era come un rigonfiamento. Un animale, disse tra se e se. E il suo cuore perse qualche colpo sotto il peso eccessivo, lo choc del riconoscimento. So che cos'e, si rese conto all'improvviso; non ne ho mai visto uno prima, ma lo riconosco da uno di quei vecchi documentali naturalistici che mandano in onda sulla rete del governo.
Ma sono estinti!esclamo dentro di se; tiro subito fuori la copia ormai consunta del Sidney e ne sfoglio le pagine con dita tremanti.
ROSPO (Bufonidae), tutte le varieta ...E
Erano ormai anni che era estinto. La bestola piu cara a Wilbur Mercer, insieme all'asino. Ma il rospo veniva prima di tutti.
Ho bisogno di una scatola. Si contorse tutto, ma sul retro della macchina non vide niente che facesse al caso; salto giu, ando al bagagliaio, ne fece scattare la serratura e lo apri. C'era un contenitore di cartone con dentro una pompetta di alimentazione di ricambio. Tiro fuori la pompetta, trovo dell'ispido spago di canapa, giro lentamente attorno alla macchina e si diresse al punto dove si trovava il rospo, senza togliergli gli occhi di dosso.
L'animale, noto, si mimetizzava perfettamente con la grana e il colore dell'onnipresente polvere. Forse aveva subito un'evoluzione, adattandosi al nuovo clima come si era adattato a tutti i climi precedenti. Se non si fosse mosso, non l'avrebbe mai visto; eppure era stato seduto a non piu di due metri di distanza da lui. Che succedeva quando si trovava se ci si riusciva - un animale considerato estinto?si chiese, sforzandosi di ricordare. Succedeva cosi di rado. Gli pareva che si riceveva una stella d'onore dall'ONU e un premio in denaro. Una ricompensa di milioni di dollari. E, tra le tante le possibilita che c'erano, andare a trovare proprio la bestiola piu sacra a Mercer. Gesu, penso; non puo essere. Forse dipende da qualche danno cerebrale che ho subito: sono rimasto troppo esposto alla radioattivita. Sono diventato uno speciale, penso. Mi deve essere successo qualcosa. Come a quel cervello di gallina di Isidore con il suo ragno; quello che e successo a lui sta succedendo anche a me. Oppure e una cosa organizzata da Mercer? Ma Mercer sono io, no? L'ho organizzata io; sono stato io a trovare il rospo. L'ho trovato perche vedo attraverso gli occhi di Mercer.
Si accovaccio vicino al rospo. L'animale aveva spinto da una parte la terra per farsi una tana, spostando la polvere con il didietro. Solo la testa piatta e gli occhi spuntavano dal terreno. Nel frattempo il suo metabolismo aveva rallentato fin quasi a fermarsi e l'animale era entrato in una specie di trance. Negli occhi non c'era una scintilla, nessuna consapevolezza della presenza di Rick, che terrorizzato penso: e morto, magari di sete. Lo aveva visto muoversi, pero.
Poso a terra la scatola e comincio a spazzare via con grande cautela la terra smossa attorno al rospo. L'animale non sembrava opporsi, ma naturalmente era perche non si rendeva neanche conto della sua esistenza.
Quando sollevo il rospo dalla tana avverti la strana freddezza della pelle; nelle sue mani il corpo sembrava secco e rugoso - quasi flaccido - ed era freddo come fosse stato, fino a quel momento, in una grotta nelle viscere piu profonde della Terra, lontanissima dal sole. In quel momento il rospo si mosse: con le zampe posteriori fece un debole tentativo di staccarsi dalla sua presa, cercando istintivamente un modo per ricadere in terra. E pure grosso, penso: adulto e saggio. Capace, a modo suo, disopravvivere anche a quello a cui noi, in realta, non riusciamo a sopravvivere. Mi chiedo dove trovi l'acqua per le sue uova.
E cosi e questo che Mercer vede, penso, mentre con estrema cura legava la scatola di cartone, girandole piu volte lo spago tutt'attorno. Vita che noi non riusciamo piu a vedere; vita sepolta con cura fin quasi alla fronte nella carcassa di un mondo morto. In ogni piu piccolo granello dell'universo probabilmente Mercer riesce a vedere la vita invisibile. Adesso lo so, penso. E una volta che ho imparato a guardare attraverso gli occhi di Mercer, magari non smettero piu.
E nessun androide, penso, tagliera le zampe al mio rospo. Come hanno fatto al ragno di quel cervello di gallina.
Depose con cautela la scatola di cartone tutta legata sul sedile dell'aereomobile e si mise al volante. Ecome esser ridiventatibambini, penso. Ormai tutto il peso che sentiva prima, la stanchezza oppressiva e monumentale, lo aveva abbandonato. Aspetta che Iran senta questa novita; afferro il videoricevitore e comincio a fare il numero. Poi si fermo. No, le faro una sorpresa, decise. Ci vorranno solo trenta o quaranta minuti di volo per tornare a casa.
Riaccese il motore e dopo qualche secondo sfrecciava gia impaziente nel cielo in direzione di San Francisco, settecento miglia piu a sud.
Iran Deckard era seduta alla tastiera del modulatore d'umore Penfield e con la punta dell'indice destro sfiorava i tasti numerati. Ma non li premeva; si sentiva troppo depressa e svogliata per desiderare alcunche: si sentiva oppressa da un peso che la tagliava fuori dal futuro e le precludeva qualsiasi opportunita che avrebbe potuto in precedenza contenere. Se Rick fosse qui, penso, mi convincerebbe a premere il tre e cosi mi rttroverei con la voglia di selezionare qualcosa d'importante, una gioia esuberante o se non proprio quella, magari un 888, il desiderio di guardare la TV qualsiasi cosa trasmetta. A proposito, chissa che cosa trasmettono a quest'ora, penso. Ma poi si domando ancora una volta che fine avesse fatto Rick. Puo darsi che sta tornando a casa o forse no, disse tra se e se, sentendosi le ossa che con l'eta le si ritiravano dentro.
Qualcuno busso alla porta dell'appartamento. Iran poso il manuale del Penfield e salto su dalla sedia, pensando: Non ho piu bisogno di selezionare, ora; se e Rick, ho gia l'umore giusto. Corse alla porta d'ingresso e la spalanco.
«Ciao», disse lui. Eccolo li, un taglio sulla guancia, i vestiti sgualciti e grigi, perfino i capelli saturi di polvere. Anche le mani, la faccia - la polvere gli si era attaccata dappertutto tranne che sugli occhi, che brillavano spalancati dallo stupore, come gli occhi di un ragazzino; ha l'aspetto di un bambino che e stato fuori a giocare e adesso e ora di smettere e di tornare a casa. Per riposare e lavarsi e raccontare le meraviglie della sua giornata.
«E bello rivederti», gli disse Iran. «Ho una sorpresa». Teneva davanti a se, con entrambe le mani, una scatola di cartone; entro in casa ma non la poso. Come se, penso la moglie, contenesse qualcosa di troppo fragile e troppo prezioso da lasciare andare; come se volesse tenerlo per sempre tra le mani.
«Ti preparo una bella tazza di caffe», gli disse. Ando in cucina e premette il pulsante per il caffe; dopo un attimo depose una gran tazza fumante sul tavolo, al posto dove di solito sedeva lui. Sempre tenendo la scatola con ogni precauzione, lui si sedette, gli occhi ancora pieni di quello stupore infantile. In tutti gli anni che avevano passato insieme non gliela aveva mai vista questa espressione. Gli era successo qualcosa dall'ultima volta che l'aveva visto; da quando, la sera prima, se n'era andato all'improvviso in macchina. Ora era tornato e si era portato dietro questa scatola: dentro ci doveva essere tutto quello che gli era accaduto nel frattempo.
«Io me ne vado a dormire», annuncio lui. «Tutta la giornata. Ho chiamato l'ufficio e ho parlato con Harry Bryant; mi ha detto di prendermi la giornata libera e di riposare. Ed e esattamente quello che ho intenzione di fare». Con estrema cautela poso la scatola sul tavolo e prese la tazza di caffe; obbediente, la scolo perche lei voleva che prendesse il caffe.
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