Филип Дик - Ma gli androidi sognano pecore elettriche?
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- Название:Ma gli androidi sognano pecore elettriche?
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- Год:1996
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«Li hai visti, no, gli ingrandimenti in TV?» rispose Roy Baty. «Si vedevano le pennellate, no?»
«Il Mercerianesimo non e finito», disse Isidore. Quei tre androidi avevano qualcosa che non andava, qualcosa di terrible. Il ragno, penso. Forse era davvero 'ultimo ragno della Terra, come diceva Roy Baty. E adesso il ragno non e 'e piu; Mercer non c'e piu. Vide la polvere e le macerie dell'appartamento che si espandevano a vista d'occhio - sentiva l'arrivo della palta, il disordine finale di tutte le forme, l'assenza che avrebbe finito con il trionfare. Cresceva attorno a lui mentre se ne stava li fermo a carezzare la tazza di porcellana; gli sportelli della cucina scricchiolavano e si spaccavano e senti il pavimento sotto i suoi piedi cominciare a cedere.
Allungo una mano e tocco la parete. La superficie si ruppe al suo tocco; granelli grigi si staccarono e caddero via, frammenti d'intonaco che somigliavano alla polvere radioattiva che cadeva all'esterno. Si sedette al tavolo di cucina e le gambe della sedia si piegarono sotto di lui come tubi vuoti e consumati; si alzo in fretta, poso la tazza sul tavolo e cerco di rimettere in sesto la sedia, di ripiegarla nella sua forma giusta. La sedia gli si smonto in mano, le viti che fino allora avevano tenuto insieme le varie parti saltavano fuori o rimanevano appese a un filo. Sul tavolo vide la tazza di porcellana incrinarsi; una ragnatela di sottili crepe si dipano sotto i suoi occhi come l'ombra di una pianta rampicante, poi una scheggia si stacco dall'orlo della tazza, mettendo a nudo l'interno poroso, non smaltato.
«Ma che sta facendo?» La voce di Irmgard Baty gli arrivo da lontano. «Sta sfasciando tutto! Isidore, smetti subito di...»
«Non sono io che lo faccio», disse. Si diresse barcollando verso il soggiorno, voleva stare da solo; rimase in piedi vicino al divano liso a fissare la parete macchiata di giallo e punteggiata dalle tracce lasciate da tutti gli insetti ormai morti che vi avevano strisciato sopra e di nuovo gli venne in mente la carcassa del ragno con le quattro zampe superstiti. Qui dentro e tutto vecchio, riflette. Ha cominciato a decomporsi tanto tempo fa e non si fermera piu. La carcassa del ragno ha conquistato tutto.
Nella cavita creatasi per il cedimento del pavimento cominciarono a manifestarsi pezzi di animali, la testa di una cornacchia, mani mummificate che una volta potevano essere state parti di scimmie. Un asino era poco lontano. Non si muoveva, ma apparentemente era vivo; per lo meno non era in via di decomposizione. Isidore si avvicino all'animale, sentendo crocchiare sotto i propri passi ossa che sembravano stecchi, fragili come erba secca. Ma prima ancora di raggiungere l'asino - una delle sue creature preferite - una cornacchia di un azzurro brunito piombo dall'alto e si poso sul muso paziente dell'animale. No!, grido lui, ma in un attimo la cornacchia aveva cavato gli occhi all'asino con il becco. Un'altra volta, penso, mi sta succedendo un'altra volta. Restero quaggiu a lungo, si rese conto d'un tratto. Come l'altra volta. Dura sempre tanto perche qui non cambia mai niente; si arriva a un punto dove non c'e piu neanche la decomposizione.
Si sentiva frusciare un vento secco e tutt'intorno a lui i mucchi d'ossa si sfasciavano. Si accorse che bastava il vento per distruggerli. A questo punto. Appena prima della fine del tempo. Vorrei tanto ricordarmi come si fa a uscire da qui, penso. Alzo lo sguardo ma non vide alcun appiglio.
Mercer!, i nvoco a gran voce. Dove sei finito? Questo e il mondo della tomba e io ci sono cascato dentro un 'attra volta, ma stavolta tu non sei qui con me.
Qualcosa gli striscio sopra un piede. S'inginocchio e si mise a cercare che cos'era stato e lo trovo, perche si muoveva molto lentamente. Era il ragno mutilato che si trascinava a fatica, esitando sulle zampe superstiti. Lo raccolse e se lo mise sul palmo della mano. Le ossa, si rese conto, si sono rovesciate; il ragno e rttornato in vita. Mercer deve essere vicino.
Il vento continuava a soffiare, facendo cadere e spezzando le ossa rimaste, ma egli ormai avvertiva la presenza di Mercer. Vieni da me!, l 'invoco. Strisciami sul piede o trova qualche altro modo di raggiungermi. Va bene? Mercer, penso. Poi, ad alta voce grido: «Mercer!»
L'erbaccia stava invadendo l'intero paesaggio; le sue radici s'insinuavano come punte di trapano nelle pareti accanto a lui e macinavano le pareti finche le erbacce stesse non si trasformavano nelle proprie spore che si espandevano, si dividevano per poi esplodere in schegge di acciaio corroso e di cemento, i materiali di cui erano fatte le pareti. Ma la desolazione rimaneva anche dopo che le pareti erano scomparse; la desolazione era sulla scia di tutte le cose. Tranne che nella vaga, fragile figura di Mercer; il vecchio ora gli stava davanti, con una placida espressione che gli illuminava il volto.
«Ma davvero il cielo e solo dipinto?» chiese Isidore. «Sono proprio pennellate quelle che si vedono sotto ingrandimento?»
«Si», rispose Mercer.
«Ma io non riesco a vederle».
«Perche stai troppo vicino», gli spiego Mercer. «Devi metterti molto piu lontano, proprio come fanno gli androidi. Loro hanno una prospettiva migliore». «Ed e per questo che sostengono che tu sei una truffa?»
«Ma io sono una truffa», rispose Mercer. «Loro dicono la verita; le ricerche che hanno fatto sono vere. Dal loro punto di vista io non sono che una vecchia comparsa in pensione che si chiama Al Jarry. Tutta quella roba della denuncia e vera. Mi hanno intervistato a casa, proprio come hanno detto; ho detto loro tutto quel che volevano sapere, cioe tutto».
«Compresa quella storia del whisky?»
Mercer sorrise. «Si, era vero. Hanno fatto un ottimo lavoro e dal loro punto di vista la rivelazione di Buster Friendly era molto convincente. Avranno molti problemi a capire come mai non e cambiato nulla. Come mai tu sei ancora qui e anch'io sono ancora qui.». Con un ampio gesto del braccio Mercer indico l'erta spoglia del monte, quel luogo cosi familiare. «Ti ho appena tirato fuori dal mondo della tomba e continuero a tirarti fuori finche non perderai interesse e vorrai smettere. Ma sarai tu a dover smettere di cercarmi, perche io non smettero mai di cercarti».
«Quella storia del whisky non mi e piaciuta mica», si lamento Isidore. «E degradante».
«Solo perche tu sei una persona di elevati principi morali. Io, invece, no. Io non giudico nessuno, neanche me stesso». Mercer gli porse una mano chiusa, con il palmo in alto.
«Prima che mi dimentichi, ho qualcosa qui che ti appartiene». Dischiuse le dita. Sul palmo della mano c'era il ragno mutilato, solo che ora aveva di nuovo le zampe che gli erano state tagliate.
«Grazie». Isidore prese il ragno. Fece per aggiungere qualcos'altro... Un campanello d'allarme si mise a suonare come impazzito.
Roy Baty ringhio: «C'e un cacciatore di taglie nell'edificio! Spegnete tutte le luci. Staccate quel cretino dalla scatola empatica; deve essere pronto alla porta. Forza... levatelo di
CAPITOLO DICIANNOVESIMO
John Isidore abbasso lo sguardo e vide le proprie mani: erano aggrappate alla doppia maniglia della scatola empatica. Rimase li a bocca aperta a contemplarle quando d'un tratto le luci dell'appartamento si spensero. In cucina vide che Pris si stava affrettando a spegnere il lume che era sul tavolo.
«J.R., sta' a sentire», gli bisbiglio Irmgard con forza in un orecchio; l'aveva afferrato per una spalla, con le unghie che gli affondavano nella carne animate da un'intensa frenesia. Sembrava non fosse piu conscia delle sue azioni; nella penombra appena illuminata dalla luce notturna della citta, il volto di Irmgard era diventato distorto, astigmatico. Si era trasformato in una scodella senza coraggio in cui galleggiavano due occhietti impauriti e privi di palpebre. «Adesso, appena lui bussera, se bussera, devi andare alla porta», bisbiglio, «fagli vedere i documenti e dirgli che questo e il tuo appartamento e non c'e nessun altro. Se insiste, chiedigli di mostrarti il mandato».
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