Филип Дик - Ma gli androidi sognano pecore elettriche?
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- Название:Ma gli androidi sognano pecore elettriche?
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Rick Deckard era seduto nell'enorme e sontuosa stanza d'albergo e leggeva le veline con le informazioni sulla coppia di androidi, Roy e Irmgard Baty. Nel loro caso erano accluse anche un paio di istantanee scattate con il teleobiettivo, stampe tridimensionali sfocate, appena distinguibili. La donna, decise, sembra attraente. Roy Baty, invece, e tutta un 'altra cosa. Una brutta cosa.
Su Marte faceva il farmacista, lesse. O perlomeno, l'androide aveva usato quel lavoro come copertura. In realta probabilmente non era stato che un manovale, un bracciante, che magari aspirava a qualcosa di meglio. Chissa se gli androidi sognano, si chiese Rick. Pareva proprio di si; ecco perche ogni tanto ammazzano i loro datori di lavoro e se ne scappano quaggiu. In cerca di una vita migliore, senza schiavitu. Come Luba Luft: cantare il Don Giovannio Le Nozze di Figaro i nvece di faticare in un campo sterile e pieno di sassi. Su un pianeta colonizzato che fondamentalmente non era abitabile.
Roy Baty (diceva il bollettino) assume un atteggiamento sicuro e aggressivo di autorita surrogata. Incline a riflessioni misticheggianti, e stato questo androide a proporre la fuga di gruppo, sostenendola ideologicamente con l'illusoria pretesa di una presunta sacralita della cosidetta "vita" degli androidi. Inoltre il suddetto androide ha rubato e fatto esperimenti con diversi farmaci per la fusione mentale; quando e stato scoperto ha sostenuto che sperava in quel modo di favorire tra gli androidi esperienze di gruppo analoghe a quella del Mercerianesimo, che, ha fatto notare, non e accessibile agli androidi.
Il resoconto era in un certo senso patetico. Un freddo e incolto androide che spera di provare un'esperienza da cui e escluso proprio in base a un difetto di fabbricazione deliberatamente indotto. Ma Rick. non riusciva a preoccuparsi piu di tanto per Roy Baty; negli appunti di Dave coglieva un senso di repulsione nei confronti di questo androide. Baty aveva tentato di strappare un'esperienza di fusione per se stesso; poi, quando questa era fallita, aveva progettato l'uccisione di vari esseri umani... e in seguito la fuga sulla Terra. E ora, sopratutto in questa giornata, uno alla volta gli otto androidi dell'inizio si erano ridotti a solo tre. E anche loro, i membri superstiti della banda, erano condannati, dato che, anche se gli fossero sfuggiti, qualcun altro li avrebbe prima o poi beccati. Il ciclo del tempo, penso. Il ciclo della vita. Finire cosi, nell'ultimo crepuscolo. Prima del silenzio della morte. Gli sembrava di scorgere in tutto questo un micro-universo completo.
La porta della stanza si spalanco di colpo. «Che volo!» esclamo ansante Rachael Rosen, facendo il suo ingresso avvolta in un lungo soprabito a squame di pesce sotto cui s'intravedeva una parure identica di calzoncini e reggiseno; oltre alla sua grossa borsa da postino ricamata, aveva in mano un sacchetto di carta. «Carina questa stanza!» Diede un'occhiata all'orologio che portava al polso. «Meno di un'ora; sono stata veloce. Tieni», disse, porgendogli il sacchetto. «Ho portato una bottiglia. Bourbon».
«Il peggiore degli otto e ancora vivo. Quello che li ha organizzati», disse Rick, mostrandole il bollettino con le notizie su Roy Baty; Rachael poso il sacchetto e prese la velina.
«L'hai localizzato?» gli chiese, dopo averlo letto.
«Ho un indirizzo. Un condapp di periferia dove forse circolano e portano avanti la loro versione di vita un paio di speciali deteriorati, cervelli di formica o di gallina». Rachael allungo la mano, «Vediamo gli altri».
«Sono entrambe femmine». Le passo i fogli, quello riguardante Irmgard Baty e quello su un altro androide che si faceva chiamare Pris Stratton.
Dopo aver scorso con gli occhi l'ultimo foglio, Rachael si lascio sfuggire un «Oh...» Quindi getto i fogli in terra, ando alla finestra e si mise a guardare il centro di San Francisco. «Credo che quest'ultima ti sorprendera. O forse no; magari non te ne frega niente».
Era impallidita e la voce le tremava. Tutto d'un tratto era diventata stranamente nervosa.
«Si puo sapere cosa stai borbottando?» Raccolse le veline e le studio un attimo, chiedendosi quale parte l'avesse sconvolta tanto.
«Apriamo la bottiglia». Rachael porto il sacchetto in bagno, prese due bicchieri, torno nella stanza; sembrava ancora incerta e disorientata... qualcosa la preoccupava. Rick si rese conto che era fuggita in bagno e cercava di nascondere i suoi pensieri: i cambiamenti di umore le si leggevano chiaramente sulla faccia tesa e accigliata. «Ci riesci ad aprirla?» chiese. «Capisci, vale una fortuna, Non e mica sintetico; e di prima della guerra, autentico distillato di mais fermentato».
Rick prese la bottiglia e l'apri, quindi verso il bourbon nei due bicchieri. «Su, dimmi che hai».
«Per telefono mi hai detto che se venivo giu stasera stessa avresti rinunciato ai tre droidi rimasti. "Faremo un'altra cosa", hai detto. E invece, eccoci qui a...» «Dimmi cos'e che t'ha sconvolto tanto», insistette Rick.
Lei si volto verso di lui con aria di sfida e disse: «Dimmi tu piuttosto che cosa hai intenzione di fare invece di continuare a darti tanto da fare a proposito di quei tre droidi Nexus-6». Si tolse il soprabito e lo appese nell'armadio. Rick ebbe cosi l'occasione di guardarla per bene.
Noto di nuovo che c'era qualcosa di strano nelle proporzioni di Rachael: la testa sembrava piu grande per via della gran massa di capelli scuri e, a causa dei minuscoli seni, il corpo assumeva un aspetto snello, quasi da bambina. Ma quegli occhioni dalle lunghe ciglia potevano solo essere occhi di donna; le forme adolescenziali si fermavano li. Rachael poggiava appena sulla punta dei piedi e teneva le braccia leggermente piegate ai gomiti: la posizione, riflette, di un attento cacciatore di tipo Cro-Magnon, forse. Una razza di cacciatori longilinei, disse tra se e se. Niente muscoli superflui, ventre piatto, sedere piccolo e petto ancor piu piccolo. Rachael era stata modellata su un tipo di struttura celtica, una struttura anacronistica ma attraente. Le lunghe gambe che spuntavano dai calzoncini avevano un aspetto neutro, non sensuale, non erano ben tornite in morbide curve da signorina. L'impressione complessiva, comunque, era buona anche se sembrava una ragazza, non certo una donna. Non fosse stato per quegli occhi furbi e mobilissimi.
Rick assaggio un sorso di bourbon; la potenza, l'autorita insita nel sapore e nell'aroma del liquore, gli erano diventati quasi sconosciuti ed ebbe qualche difficolta a mandarlo giu. Rachael, invece, sembrava non aver problemi con il suo.
Si sedette sul letto e si mise a lisciare le coperte con fare distratto; ora la sua espressione pareva immalinconita. Rick poso il bicchiere sul comodino e le si accomodo al fianco. Il letto cedette un po' sotto il suo peso e Rachael fu costretta a cambiare posizione.
«Che hai?» le chiese di nuovo. Allungo un braccio e le prese una mano: era fredda, ossuta, un tantino sudata. «Che cos'e che t'ha sconvolto?»
«Quell'accidenti dell'ultima Nexus-6», disse Rachael, con qualche sforzo, «e dello stesso mio modello». Abbasso lo sguardo sulla coperta, trovo un filo lento e comincio ad appallottolarlo tra le dita. «Non hai letto la sua descrizione? E identica alla mia. Magari ha un altro taglio di capelli e indossa vestiti diversi - puo anche darsi che si sia comprata una parrucca. Ma quando la vedrai, capirai subito che cosa intendo». Scoppio in una risatina sardonica. «Meno male che l'Associazione ha ammesso che io sono una droide; altrimenti forse saresti uscito di testa appena messi gli occhi su Pris Stratton. O avresti pensato che fossi io».
«E perche questa cosa ti sconvolge tanto?» «Diamine, ci saro anch'io quando la ritirerai!» «Forse no. Magari non la trovo».
«Conosco bene la psicologia dei Nexus-6. Ecco perche sono qui e posso esserti d'aiuto. Se ne stanno rintanati tutti insieme, quegli ultimi tre. Tutt'intorno a quel pazzo che si fa chiamare Roy Baty. Sara lui a dirigere la loro ultima, cruciale, disperata difesa». Le labbra le si contorsero in una smorfia. «Gesu!» esclamo.
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