Connie Willis - Fatalità

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«No.»

«È facile,» aveva detto Tupper, e le aveva messo la mano dietro al collo e l’aveva baciata, in mezzo alla strada, sotto la pioggia.

Il verme non si era ancora mosso. Elizabeth rimase a guardarlo per un altro po’, infreddolita, poi tornò in mezzo alla strada e si incamminò verso casa.

Paul rientrò a casa solo alle sette passate. Elizabeth aveva tenuto un pasticcio in caldo nel forno.

«Ho già mangiato,» le disse. «Pensavo che saresti andata alla riunione Tupperware.»

«Non voglio andarci,» disse lei, infilando la mano nel forno caldo per tirarne fuori il pasticcio. Era la prima volta in tutto il giorno che sentiva caldo.

«La moglie di Brubaker ci sarà. Gli ho detto che ci saresti andata anche tu. Vorrei che facessi la sua conoscenza. Brubaker è molto influente da queste parti per quanto riguarda l’assegnazione degli incarichi permanenti.»

Mise il pasticcio sul fornello e rimase lì con il forno mezzo aperto. «Sono andata a chiedere un lavoro oggi,» disse, «e ho visto un verme. Era cascato nella fogna e stava affogando, io l’ho raccolto e l’ho rimesso sul marciapiede.»

«E hai fatto domanda per il lavoro o credi di poter guadagnare qualcosa raccogliendo vermi?»

Aveva alzato il riscaldamento quando era tornata a casa e aveva messo il modulo sul radiatore, ma si era tutto raggrinzito mentre si asciugava, e c’era una grossa patacca marrone proprio nel punto in cui aveva raccolto il verme. «No,» disse: «l’avrei fatto, ma proprio nel campus ho visto quel verme sul marciapiede. È passata una ragazza e ha messo un piede in una pozzanghera, e tanto è bastato. Il verme era giusto sul bordo, e quando lei ha camminato nella pozzanghera, c’è stata una specie d’onda che lo ha spinto di sotto. Non si è nemmeno resa conto di quello che faceva.»

«Tutta questa storia ha qualche senso, o hai deciso di rimanere qui a chiacchierare finché mi avrai fatto perdere ogni possibilità di avere un incarico permanente?» Chiuse il forno e andò in salotto. Lei gli andò dietro.

«È bastato solo che qualcuno passasse di fretta e mettesse un piede nella pozzanghera, e tutta la vita del verme è cambiata. Pensi che le cose funzionino in questo modo? Che una piccola azione ti possa cambiare l’intera esistenza?»

«Io penso,» disse, «che prima di tutto non volevi trasferirti qui, e dunque sei intenzionata a rovinare tutte le possibilità che ho. Lo sai quanto ci costa questo trasloco, e non vuoi andare a chiedere un lavoro. Lo sai quanto ci tengo a ottenere un incarico permanente, ma non fai nulla per darmi una mano. E non vuoi nemmeno andare a una maledetta riunione Tupperware!» Abbassò il termostato. «Mi sembra un forno qua dentro. Hai tenuto il riscaldamento a 23 gradi. Ma che t’è preso?»

«Avevo freddo,» disse Elizabeth.

Arrivò tardi alla riunione Tupperware. Avevano iniziato un gioco in cui dovevano dire il proprio nome e qualcosa che piaceva che iniziava con la stessa lettera.

«Mi chiamo Sandy,» stava dicendo una donna sovrappeso che indossava pantaloni marroni di poliestere e una camicetta stampata color ruggine, «e mi piace il sundae. » Indicò la vicina di Elizabeth. «E tu sei Meg e ti piacciono le mou, e tu sei Geraldine,» disse, guardando una donna in completo rosa con i capelli cotonati e laccati come quelli che portavano le ragazze ai tempi in cui Elizabeth andava al college. «Sei Geraldine e ti piace Gesù,» disse, e passò rapidamente alla successiva. «E tu sei Barbara e ti piacciono le banane.»

Fece tutto il giro in tondo finché arrivò a Elizabeth. Sembrò un attimo perplessa, poi chiese: «Tu sei Elizabeth, e hai fatto il college qui, no?»

«Sì,» rispose lei.

«Non comincia con E ,» dichiarò la donna al centro. Risero tutte. «Sono Terry e mi piace Tupperware,» disse, e ci furono altre risate. «Sei arrivata in ritardo. Alzati, dicci come ti chiami e qualcosa che ti piace.»

«Sono Elizabeth,» cominciò, mentre ancora provava a farsi venire in mente chi era la donna con i calzoni marroni, Sandy. «E mi piace…» Non le veniva in mente niente con la E.

«L’emmenthal,» le suggerì Sandy ad alta voce.

«E mi piace l’emmenthal,» disse Elizabeth, e si rimise a sedere.

«Molto bene,» disse Terry. «Tutte le altre hanno ricevuto degli omaggi, dunque eccone uno anche per te.» Diede ad Elizabeth un separauova in plastica rosa.

«Mi hanno già dato uno di questi,» disse.

«Non c’è problema,» disse Terry. Le mostrò una scatola di plastica poco profonda piena di reggispazzolini e tagliaananas sempre in plastica. «Se ne hai già uno, lo puoi rimettere a posto e prendere qualcos’altro.»

«No. Va bene così.» Sapeva che doveva dire qualcosa di simpatico e buffo, nello spirito delle serata, ma le veniva solo in mente quello che aveva detto a Tupper quando gliel’aveva dato lui. «Mi sarà sempre caro,» gli aveva detto. Un mese dopo lo aveva buttato via.

«Mi sarà sempre caro,» disse Elizabeth, e tutti risero.

Fecero un altro gioco in cui dovevano mimare parole come “autunno”, “scuola” e “foglia”, dopodiché Terry distribuì i buoni d’ordine con delle matite, e mostrò loro i prodotti Tupperware.

Benché la vicina di Elizabeth avesse acceso il fuoco nel caminetto, in casa faceva ancora freddo, e dopo aver riempito il buono, Elizabeth si spostò vicino al fuoco e vi si sedette davanti, fissando il separauova di plastica.

Le si avvicinò la donna con i pantaloni marroni, con in mano una tazza di caffè e un pezzo di torta su un tovagliolo. «Ciao, sono Sandy Konkel. Non ti ricordi di me, vero?» chiese. «Ero negli Alpha Phi. Ho aderito un anno dopo di te.»

Elizabeth la scrutò in tutta serietà, cercando di ricordarsi di lei. Non aveva l’aria di una che fosse stata negli Alpha Phi. Aveva dei capelli color mostarda e sembrava che se li fosse tagliati da sola. «Mi dispiace, io…» disse Elizabeth.

«Non ti preoccupare,» disse Sandy. Le si sedette vicino. «Sono cambiata molto. Ero molto magra prima di cominciare a frequentare tutte queste riunioni Tupperware e a mangiare torte. Ed ero molto più bionda. Be’, a dire la verità, non sono mai stata più bionda di quanto lo sia adesso, sembrava solo che lo fossi, non so se mi spiego. Tu invece sembri sempre la stessa. Sei Elizabeth Wilson, giusto?»

Elizabeth annuì.

«Non è che sia un fenomeno a ricordarmi i nomi,» disse allegramente, «ma quest’anno mi hanno incastrato per fare la rappresentante degli ex allievi. Posso venire da te domani a raccogliere qualche informazione su quello che fai e con chi sei sposata? Anche tuo marito è un ex allievo?»

«No,» rispose Elizabeth. Allungò le mani verso il fuoco, tentando di riscaldarle. «Esistono ancora gli Angel Flight al college?»

«Vuoi dire all’università,» la corresse Sandy con un sorrisetto. «Una volta era un college. Cavolo, non lo so. Il Corpo Addestramento Ufficiali in Riserva ha chiuso nel ’68. Non so se l’hanno mai ripristinato. Posso informarmi. Eri negli Angel Flight?»

«No,» rispose Elizabeth.

«Sai, ora che ci penso, non credo che l’abbiano fatto. Organizzavano sempre quel grande ballo in autunno, e non mi ricordo che ci sia più stato dal… Com’è che si chiamava? Qualcosa d’Autunno…»

«Il Ballo del Raccolto,» disse Elizabeth.

Giovedì mattina Elizabeth ritornò al campus per fare nuovamente richiesta per un impiego. Paul aveva fatto tardi al lavoro. «Hai parlato con la moglie di Brubaker?» le aveva chiesto quasi sulla porta di casa. Elizabeth se ne era dimenticata completamente. Si chiese quale fosse la signora Brubaker, Barbara a cui piacciono le banane, o Meg a cui piacciono le mou.

«Sì,» rispose. «Le ho detto quanto ti piace l’università.»

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