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Algis Budrys: Il giudice

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Algis Budrys Il giudice

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Ecco un bellissimo esempio di classica distopia fantascientifica: un mondo futuro rigidamente stratificato in classi separate da un ferreo codice sociale, in cui il giudice è anche il freddo esecutore materiale delle sue sentenze. Chi ce lo propone è Algis Budrys, un veterano della fantascienza degli anni cinquanta (e questo romanzo breve appartiene al suo periodo migliore), un autore noto per alcuni suoi ottimi romanzi come (Progetto Terra), e , ma che ha prodotto anche un’incredibile quantità di bellissimi racconti ingiustamente dimenticati.

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Joyce ringraziò la brezza. L’abito, ricamato e decorato, era pesante, e lo spesso colletto unito al collare lo stavano già facendo sudare abbondantemente. Eppure non rimpiangeva di essere venuto a Nyack. A New York e Buffalo, i processi erano un’ostentazione di cerimoniale, affollati da funzionari di seconda importanza e da un elaborato protocollo nei confronti delle Prime Famiglie. Qui a Nyack non c’erano né funzionari né Prime Famiglie. La cerimonia del processo poteva essere ridotta ai suoi aspetti essenziali, semplici ma di grande effetto. Blanding avrebbe letto i capi d’accusa, Pedersen avrebbe tenuto il verbale, e Kallimer…

Kallimer avrebbe aspettato per vedere se Il Messire approvava.

Joyce guardò la folla sotto di lui. L’oro, lo scarlatto, e l’azzurro dei palchi di famiglia colpirono i suoi occhi. Vide il riflesso della luce sugli anelli e sugli orecchini, i colori caldi e tenui delle gorgiere delle dame.

Il popolo era una massa cupa, vestita con colori scuri e spenti che erano entrati in voga da poco. Joyce si rese conto che, senza quel contrasto, i membri della famiglia non sarebbero stati così appariscenti nei loro palchi. Ma quella era solo una digressione frettolosa che gli attraversava la mente come un uccello irrequieto al tramonto.

Blanding gli aveva comunicato che il popolo provava un insolito interesse per il caso. Guardando in basso, vide infatti che la folla era numerosa.

Joyce udì chiaramente Blanding trarre un profondo respiro prima di iniziare. Quando parlò, lo fece lentamente, e gli altoparlanti incassati nel banco di pietra resero la sua voce grave e sonora.

— Popolo di Nyack…

La folla si fece subito silenziosa, tutti fissavano la figura eretta, nera ed immota che li sovrastava.

Questa era la giustizia, pensò Joyce come faceva sempre all’inizio di un processo, calandosi nell’atmosfera. Questa era la personificazione dell’ideale; la figura dritta e inflessibile; la voce grave.

— La Corte di Giustizia di Nyack, dello Stato Sovrano di New York è ora in seduta.

Blanding non gli piaceva, rifletté Joyce, guardando il giudice che si voltava verso di lui con un braccio teso. Pedersen gli piaceva e Kallimer lo metteva a disagio. Ma erano insieme in questo processo. Questa era una cosa che trascendeva la personalità e l’umanità. Il Messire, loro quattro, le famiglie e il popolo: insieme, quello che facevano oggi rappresentava il loro retaggio ed il loro vincolo. Il loro baluardo contro la barbarie.

Il gesto di Blanding era durato a sufficienza. — Presiede il Giudice Joyce, Giudice Capo dello Stato Sovrano di New York.

Ci fu uno scroscio di applausi eccitati da parte delle famiglie. Si erano aspettati, naturalmente, che fosse lui a presiedere un processo di tale natura, ma erano ugualmente eccitati. Questo era il marchio ufficiale, il riconoscimento della loro importanza e dell’importanza del caso. Joyce abbassò il capo in segno di riconoscimento.

— Il Giudice Kallimer, Giudice Capo Aggiunto.

Joyce notò che gli applausi per Kallimer erano più scarsi. Ma d’altra parte, qui era conosciuto a malapena. Veniva da Waverly, una zona remota della nazione, al confine con la Pennsylvania. Le sue qualità erano note all’Associazione Forense, ma finché non avesse presieduto qualche processo nella regione dello Hudson, sarebbero stati in pochi a ricordare il suo nome.

— Giudice Pedersen, addetto al Verbale.

Pedersen ricevette più applausi di Kallimer, perché era un giudice della Città di New York.

Joyce non permise che un lieve sorriso gli affiorasse sulle labbra. In fondo era Kallimer il suo successore, anche se Pedersen non avesse abbandonato la magistratura. Kallimer non era tipo che cercasse di compiacere la folla, ma si era ben comportato a Waverly e avrebbe potuto mostrare le sue doti anche qui, se necessario.

Joyce aspettò che si creasse un silenzio sufficientemente carico d’attesa. Poi sollevò il capo.

— Che il processo abbia inizio.

Ci fu un altro scroscio di applausi. Quando terminò, lui si voltò verso Blanding. — Il Giudice Blanding esporrà il caso. — Anche il tono di Joyce era profondo e maestoso. In parte era dovuto agli amplificatori, che svolgevano la loro invisibile funzione all’interno del banco, ma la voce scaturiva principalmente da lui, immerso nell’atmosfera del processo, mentre irrigidiva la schiena e spostava tutto il suo peso sulle caviglie.

Il capo era eretto e il sangue scorreva con ritmo lento e regolare nelle vene, all’unisono con l’atto gratificante del processo. Blanding guardò il banco degli Imputati.

— Il caso di Anonimo contro Clarissa Jones. E il caso del Popolo dello Stato Sovrano di New York contro Clarissa Jones.

Ora Joyce poteva guardare l’Imputata. Era evidente che la donna non riusciva a controllarsi, perché stringeva con forza la ringhiera davanti a sé. Poi si voltò verso Pedersen.

— Giudice Pedersen, qual è stato lo svolgimento di questo caso?

— Signor Giudice, la querela di Anonimo è stata ritirata alla luce del superiore diritto del Popolo.

Anche questo faceva parte della procedura. Una volta che il crimine veniva portato all’attenzione del Giudice, la querela originaria veniva ritirata. Altrimenti si sarebbe dovuto rivelare apertamente in tribunale il nome del membro querelante della famiglia.

Joyce tornò a rivolgersi a Blanding.

— Il Giudice Blanding procederà all’esposizione de! caso del Popolo.

Blanding si fermò e trasse un altro profondo respiro. — Noi, Popolo dello Stato Sovrano di New York accusiamo Clarissa Jones di aver tentato di usurpare un posto non suo; di aver deliberatamente e dolosamente usato le astuzie del suo sesso per ottenere il riconoscimento da un membro di una famiglia, membro minorenne e qui designato come Anonimo. Accusiamo inoltre Clarissa Jones, donna del Popolo, di aver fomentato l’anarchia…

L’atto d’accusa continuò. Joyce osservò il viso dell’Imputata, notando che, nonostante la tensione emotiva, riusciva a mantenere un comportamento corretto, senza lasciarsi andare a gesti od esclamazioni inutili. La ragazza aveva carattere. Fu compiaciuto della sua riservatezza; le interruzioni distruggevano il ritmo del processo. Avrebbe comunque avuto la possibilità di appellarsi.

Si voltò verso Pedersen inarcando le sopracciglia con aria interrogativa. Pedersen gli si avvicinò, tenendosi a debita distanza dal raggio del microfono.

— La ragazza era l’amante del giovane Normandy. Lui ha una residenza estiva qui sul fiume — sussurrò.

— Il figlio di Joshua Normandy? — chiese Joyce con una certa sorpresa.

— Esatto — rispose Pedersen con una smorfia. — Avrebbe dovuto essere più furbo e fare controllo su di lei. Ha un certo numero di parenti nelle locali Corporazioni artigiane ed anche altri agganci.

Joyce si accigliò. — Le relazioni illegittime non significano niente.

Pedersen alzò la spalla che non era rivolta verso la folla. — Legalmente no. Ma in pratica il Popolo ha cominciato a riconoscere queste cose. Ho sentito che le coppie usano l’appellativo di marito e moglie quando sono fra gruppi della loro stessa gente. So che queste cose non hanno peso in un tribunale — continuò in fretta, — ma sembra che la ragazza fra di loro sia una specie di aristocratica. Potrebbe essere naturale per lei dare per scontati certi privilegi. Normandy contesta alla ragazza il fatto di averlo avvicinato per strada chiamandolo per nome. Be’, in questo si era spinta un po’ troppo in là.

Pedersen accennò un sorrisetto d’intesa.

— Si — rispose brusco Joyce, mentre le guance gli si gonfiavano per la rabbia. — Ha proprio esagerato.

I più giovani non capivano. Potevano sorridere davanti a queste cose. Joyce no. Il fatto che si trattasse solo di una ragazza innamorata e avventata non faceva alcuna differenza. Quello che si doveva giudicare in quel luogo era la situazione legale, con le emozioni umane ad essa collegate.

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