Robert Sawyer - I transumani

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Ascoltare messaggi che vengono dalle stelle è un compito che i radioastronomi eseguono da anni nella speranza che possano arrivarci rivelazioni in grado di cambiare la nostra visione dell’universo. Ed è probabile che un giorno queste comunicazioni arrivino davvero, e che oltre a cambiare tutto ciò che sapevamo di là fuori mettano in discussione ciò che noi stessi siamo (o credevamo di essere). Quando questo avverrà, è probabile che non ci sia più posto per le illusioni dell’homo sapiens. E comincerà la lotta per consentire, o stroncare sul nascere, l’evoluzione di una nuova specie di uomini.

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Lo scrutò, stavolta più a lungo, coi suoi grandi occhi scuri. Kyle fece di tutto per rimanere impassibile. Ancora non sapeva bene che atteggiamento assumere. Era stato ridotto a brandelli, messo alla gogna, marchiato a fuoco… e adesso, così di punto in bianco, tutto finito e, amici come prima?

Come faceva ad accontentarsi di un paio di scuse? Erano ferite, quelle, che ci avrebbero impiegato decine di anni, a rimarginarsi. Ciò nonostante…

Ciò nonostante, più d’ogni altra cosa, proprio questo aveva desiderato. Non che si fosse messo a pregare, ovviamente, se però avesse mai deciso di pregare per qualcosa, l’avrebbe fatto affinché sua figlia riconoscesse il proprio errore.

— Ma adesso, sei proprio sicura? — le domandò. — Non sarà che poi cambi di nuovo idea? Non potrei sopportarlo, sai, se per caso…

— Non cambierò idea, papà. Te lo prometto. Dunque era davvero finita? L’incubo si era veramente dissipato? Quante interminabili notti insonni trascorse a vagheggiare di poter rimettere indietro le lancette dell’orologio… e adesso sembrava che proprio questo lei gli stesse, in sostanza, offrendo.

Ripensò al povero Stone impalato fuori del proprio ufficio, costretto a incontrare le studentesse in corridoio.

Becky attese immobile ancora un poco, quindi gli si avvicinò di un passettino. Kyle ebbe un ultimo istante di esitazione, poi dischiuse le braccia, accogliendola. Lei gli crollò d’un tratto in pianto sulla spalla.

— Mi dispiace, papà, mi dispiace tanto tanto… — balbettava fra i singhiozzi.

Kyle non trovava parole. Non si può spengere la collera girando un interruttore.

La tenne a lungo stretta così. Da quanto tempo non l’abbracciava… L’ultima volta doveva essere stato per i suoi sedici anni. Sentiva umido sulla spalla. Le lacrime di Becky gli avevano inzuppato la camicia. Un attimo d’indecisione… uno spasimo d’ansia che probabilmente l’avrebbe accompagnato per il resto dell’esistenza… poi sollevò la mano a riconoscere, in una carezza, i morbidi neri capelli di lei.

Il silenzio si protrasse, acquietando gli animi. Infine Becky, scostandosi un poco, sollevò lo sguardo verso suo padre. — Ti voglio bene — gli disse, asciugandosi gli occhi.

Kyle brancolava ancora in cerca di equilibrio, ma la risposta gli sgorgò quasi spontanea: — Anch’io ti voglio bene, Becky.

Lei reclinò il capo scuotendolo lievemente.

Vincendo un’altra esitazione, Kyle le sollevò il mento con gesto delicato. — Qualcosa che non va?

— Non “Becky” — rispose sua figlia. Gli occhi arrossati s’illuminarono di un sorriso. — Testolina.

Ora toccò a lui non riuscire a trattenere le lacrime. Stringendola forte di nuovo fra le braccia, stavolta davvero non conobbe incertezza: — Anch’io ti voglio bene… Testolina.

33

Le due ore che Becky trascorse con loro furono di gioia per tutti. Ma infine dovette lasciarli. Abitava in centro, e mercoledì mattina le toccava alzarsi presto per aprire il negozio.

Quando se ne fu andata, Kyle tornò a sedersi sul divano.

Heather rimase lì a guardarlo per un bel po’.

Era un uomo talmente complicato… più di quanto chiunque potesse immaginare. Ma a conti fatti era anche, fondamentalmente, un uomo giusto e leale.

Ben lungi dalla perfezione, si capisce. A dire il vero, Heather era rimasta turbata e delusa da certe scoperte compiute nello scandagliarne i ricordi. Possedeva anche lui, come tutti, il suo lato oscuro, i suoi quarti d’ignobiltà; poteva essere meschino, egoista e indisponente.

No, il cavaliere senza macchia e senza paura ha cittadinanza solo nelle favole… e comunque Heather lo sapeva già prima di andarsene da Vegreville con destinazione Toronto. Kyle aveva contemporaneamente grandi pregi e gravi difetti, limpide sommità e tenebrosi burroni, più e meno di quanto lei gli avesse finora attribuito.

Si rendeva conto, tuttavia, che comunque egli fosse in realtà, poteva accettarlo. L’intesa esistente fra loro non era ideale, e probabilmente non lo sarebbe mai stata: ma Heather sapeva in cuor suo che con nessun altro ne avrebbe trovata una migliore. E forse, fra le tante definizioni di amore, una consapevolezza come quella non era poi da mettersi all’ultimo posto.

Heather attraversò la stanza e gli si fermò davanti. Kyle sollevò verso di lei uno sguardo da cucciolo, grandi occhi castani come quelli di Becky.

Gli porse una mano, lui la prese, poi Heather lo portò con sé a riscoprire la strada che conduceva su in camera da letto.

Era un anno che non facevano l’amore.

Ma era valsa la pena di aspettare.

Stavolta Heather si lasciò andare completamente.

Quand’ebbero finito, quando giacquero uniti ad ascoltarsi respirare, Heather gli regalò le prime parole pronunziate dal momento in cui Becky li aveva lasciati sorridendo, le uniche parole di quella notte: — Bentornato a casa.

Si addormentarono abbracciati.

La mattina dopo: mercoledì 16 agosto.

Giunta in fondo alle scale, Heather trovò Kyle intento ai suoi pensieri, lo sguardo fisso a uno spazio vuoto della parete, giusto a metà strada fra una pecora delle Montagne Rocciose dipinta da Robert Bateman e il deserto dell’Arizona fotografato da Ansel Adams.

Heather avanzò nella stanza. Sulla parete accanto faceva mostra di sé una foto del loro matrimonio, vecchia ormai di quasi venticinque anni. Nel confronto saltava agli occhi quanto duramente Kyle fosse rimasto provato da quella incresciosa vicenda. Non molto tempo prima i suoi capelli sfoggiavano pressappoco la medesima tinta corvina del giorno del loro matrimonio, con solo minime incursioni di grigio, e la sua fronte alta risultava ancora abbastanza esente da rughe. Adesso, invece, grinze indelebili la solcavano, mentre il ruggine della barba e il nero dei capelli si mostravano abbondantemente striati d’argento.

Anche nella figura Kyle appariva fisicamente logorato. Pur conservando senza dubbio il suo metro e settantasette, ingobbito così sul divano sembrava proprio arrendersi al peso dell’esistenza. E poi quella pancia. Pensare a quanti sacrifici aveva fatto, per buttarla giù dopo l’attacco di cuore… Non che fosse tornata alle dimensioni di un tempo, ma Heather vedeva chiaramente che si era lasciato andare. Aveva sperato che riconquistare l’affetto di Becky sarebbe bastato a scuotergli di dosso quel malessere, ma a dispetto anche della gioiosa notte trascorsa insieme, sembrava che così non fosse.

Mentre Heather gli si avvicinava, Kyle si riscosse, volgendo lo sguardo verso di lei. Sul suo volto, evidenti, i segni di una collera profonda.

— Dobbiamo fermarla — disse.

— Chi?

— Quella maledetta analista.

— La Gurdjieff.

— Sì. Dobbiamo assolutamente fermarla. Potrebbe rifarlo con altri, rovinare un’altra famiglia.

Heather gli si sedette accanto sul divano. — Che cosa proponi?

— Di farla radiare dall’albo… o comunque si usi per chi esercita la psichiatria.

— Farle revocare la licenza, insomma. Ma purtroppo non è una psichiatra né una psicologa. Non si qualifica neppure analista… nel suo studio non ho visto diplomi né attestati, neppure una semplice targhetta; Becky l’ha chiamata analista, ma lei si dichiarava solo “consulente” e nell’Ontario non servono autorizzazioni per svolgere attività di consulenza.

— Però potremmo denunciarla. Intentarle causa per imperizia e negligenza. Dobbiamo fare in modo che non si azzardi più a prendere in cura altre persone.

Heather non sapeva che cosa rispondere. Aveva riflettuto a fondo sulle probabili conseguenze della sua scoperta ed era giunta alla conclusione che non appena fosse divenuta di dominio pubblico, non appena l’intera umanità avesse avuto accesso allo psicospazio, sarebbe divenuto impossibile a pericolosi ciarlatani come la Gurdjieff continuare a esercitare la loro perniciosa influenza. Insomma, il problema si sarebbe risolto da sé.

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