Incredibile?
A meno che non s’ingannasse, dunque, i Centauri non si erano affatto preoccupati d’inviare informazioni circa il loro mondo. Avevano invece donato all’umanità uno specchio, affinché gli umani potessero finalmente vedere se stessi.
Heather stava adesso guardando un frammento di quello specchio, un primo piano del quadro globale, poche migliaia di menti stipate di fronte a lei.
Girò lo sguardo attorno, percorrendo l’immensa superficie della sfera. Con l’aumentare della distanza i singoli esagoni le si rendevano indistinguibili, ma era chiaro che le zone colorate rappresentavano solo una piccola frazione del totale. Forse il cinque o il dieci per cento.
Cinque o dieci per cento.
Aveva letto, anni prima, che complessivamente gli esseri umani vissuti dalle origini a oggi… fra habilis, erectas, neanderthalensis e sapiens… dovevano ammontare a circa cento miliardi.
Cinque o dieci per cento.
Sette miliardi di esseri umani attualmente viventi.
E novantatré miliardi, più o meno, il cui percorso si era già concluso.
La supermente non sottraeva, non riutilizzava, non riciclava.
Conservava, invece, tutti gli esagoni precedenti, oscuri e inamovibili, intatti e inalterabili.
E un pensiero la trafisse.
No, impossibile…
Eppure doveva esser lì!
Vacillò, sotto l’urto di emozioni contrastanti.
Aveva trovato quel che cercava.
Da quando, nel più remoto passato, la consapevolezza individuale aveva per la prima volta raggiunto il rango di coscienza, circa cento miliardi di sue estensioni, cioè cento miliardi di esseri umani, erano nati e morti sul pianeta Terra.
Lasciando qui traccia di sé, ciascuno in un esagono.
E che cos’è un uomo, che cos’è una donna, se non il complesso dei suoi ricordi? Cos’altro di significativo avrebbero mai potuto racchiudere gli esagoni? Altrimenti non ci sarebbe stato senso a conservare quelle spoglie di epoche lontane.
La semplice idea le dava le vertigini.
Da chi cominciare? Potendo scrutare una sola mente, chi avrebbe scelto?
Cristo?
O Einstein?
Socrate?
O Cleopatra?
Stephen Hawking?
O Marie Curie?
Oppure, per inquietante che fosse il concetto, la figlia che non aveva più, la sua Mary?
Oppure il padre troppo presto scomparso?
Da chi andare? A chi rivolgersi per primo?
Mentre s’interrogava, vide innescarsi un arco di luce fra un esagono colorato e un esagono buio. Ciò indicava, probabilmente, la possibilità di mettere in comunicazione, su quella specie d’immensa pulsantiera, una mente viva con l’archivio di una mente morta.
Chissà se tale evento si verificava spontaneamente? E se in esso stava la chiave per spiegare la convinzione, che taluni hanno, di avere vissuto altre vite? Heather non aveva mai creduto nella regressione a un’esistenza precedente, ma un canale nel… nello psicospazio, capace di collegare una mente morta con una ancora attiva, poteva benissimo essere interpretato dalla mente attiva, inconsapevole del fenomeno, come il ricordo di una vita antecedente.
Fulmineamente comparso, altrettanto repentinamente l’arco luminoso svanì. Qualunque contatto si fosse instaurato, chissà per quale fine e con quali esiti, aveva avuto breve durata.
Durante la connessione, l’esagono spento era sempre rimasto inerte e passivo. Heather stava vedendo la miglior raffigurazione che la sua mente potesse fornire del mondo quadridimensionale in cui dimorava la super-mente. Ma la quarta dimensione, come spiegato negli articoli sui quali si era documentata, non è il tempo: essa non poteva quindi collegare in modo interattivo il regno dei vivi con quello dei morti.
Heather tornò a osservare l’immenso girasole degli esagoni attivi. Uno di loro, uno fra sette miliardi, era il suo, racchiudeva l’essenza del suo esistere nello spazio tridimensionale.
Ma quale? Giaceva a portata di mano o lontanissimo? Le interconnessioni dovevano essere senza dubbio più complesse di quanto lasciasse intendere quella raffigurazione elementare, più articolate rispetto alla limitata contiguità esagonale, ramificate e pluristratificate così come avviene tra i neuroni del cervello umano. Quello era solo un modo, estremamente semplificato, di considerare la gestalt della coscienza umana.
Ma se anche lei era lì, e c’era di sicuro, in tal caso…
No, non Cristo.
Non Einstein.
Non la povera Mary.
Non suo padre.
No, la prima mente che Heather voleva raggiungere era una mente ancora viva, ancora efficiente, ancora sensibile, ancora attiva nel mondo…
Non era solo un sogno. Esisteva davvero.
La perfetta copia di sicurezza.
La memoria incancellabile.
L’archivio.
Uno di quegli esagoni rappresentava Kyle.
Se avesse potuto individuarlo, se fosse riuscita a penetrarvi, allora avrebbe saputo.
In un modo o nell’altro, avrebbe finalmente saputo.
Qualcuno aveva suonato alla porta del laboratorio. Kyle lasciò la poltroncina dinanzi al quadro controllo di Cita e andò ad aprire.
Un individuo alto, spigoloso, di razza bianca, attendeva in corridoio. — Il professor Graves? — domandò.
— Sì? — rispose Kyle.
— Simon Cash — si presentò l’uomo. — Grazie per aver accettato di ricevermi.
— Ah, giusto, me n’ero dimenticato. Venga, venga. — Si scansò per lasciar entrare Cash, poi tornò alla sua poltroncina e fece segno al visitatore di accomodarsi.
— So che è molto occupato — esordì Cash — quindi non sprecherò tempo in preliminari. Vorremmo che lei accettasse di lavorare per noi.
— Noi?
— L’Associazione Bancaria Nordamericana.
— Sì, sì, me l’aveva detto al telefono. Certo che un banchiere di nome Cash… chissà quante battute le toccherà sentire.
— Lei è il primo — replicò l’altro senza scomporsi.
— Io però non sono un banchiere — sottolineò Kyle leggermente innervosito. — Per quale curioso motivo dovreste mai interessarvi a me?
— Vorremmo averla a lavorare nella nostra divisione sicurezza.
Kyle allargò le braccia. — Ancora non capisco.
— Mi riconosce? — domandò Cash.
— No, mi spiace. Ci siamo già incontrati?
— In un certo senso. Ero presente l’anno scorso alla sua conferenza sul calcolo quantico durante il convegno sull’Intelligenza Artificiale a San Antonio.
Kyle scosse la testa. — Dolente, ma proprio non ricordo. Lei mi rivolse qualche domanda?
— No. Non faccio mai domande. Vengo pagato per ascoltare e basta. Ascoltare e riferire.
— E perché, ripeto, l’Associazione Bancaria dovrebbe occuparsi di me?
Cash mise una mano in tasca. Per un tenibile istante a Kyle balenò la folle idea che stesse per brandire una pistola. Ma Cash si limitò a tirar fuori il portafoglio e ad estrarne una carta SmartCash.
— Mi dica, per favore, quanto denaro c’è su questa carta.
Kyle prese la carta e la premette forte fra il pollice e l’indice, provocando l’accensione del piccolo display. — Cinquecentosette dollari e sedici centesimi — disse, leggendo la cifra.
Cash annuì. — Ho versato l’importo prima di venire qui, e c’è un motivo preciso per la scelta di quella cifra. Si tratta della somma posseduta in media da ciascun nordamericano adulto sulla propria carta di credito. L’intero sistema delle transazioni senza contante, che interessa gran parte della nostra società, è basato sulla sicurezza di queste carte.
Kyle annuì; incominciava a capire dove Cash volesse andare a parare.
— Ricorda il cosiddetto “problema dell’anno duemila”? — continuò l’altro. — Credo, a proposito, che noi banchieri dovremmo assumercene tutta la responsabilità. Eravamo stati noi a mettere in circolazione miliardi di assegni cartacei col “19” della data prestampato. Eravamo stati noi a propugnare il concetto dell’anno a due cifre e ad abituare la gente a usarlo nella vita quotidiana. A ogni modo, come lei ben sa, costò miliardi evitare che una catastrofe senza precedenti ci travolgesse tutti un secondo dopo le 23.59.59 del 31 dicembre 1999. — Tacque aspettando un commento da Kyle, il quale si limitò ad annuire.
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