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Paolo Aresi: Korolev

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Paolo Aresi Korolev

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Dicembre 1956

Meno cinque

Repubblica Kazaka, Bajkonour. Il cosmodromo. La rampa di lancio. È vera, puntata verso il cielo grigio di nuvole. Uniforme.

Signori, il problema sta nella spinta. Dobbiamo avere un razzo capace di una spinta pari ad almeno 500 mila chilogrammi per raggiungere la velocità di otto chilometri al secondo e portare un oggetto al di fuori della Terra e porlo in orbita. Sarà soltanto il primo passo.

I delegati al congresso di astronautica dell'Unione Sovietica lo osservano con attenzione. Hanno occhi chiari, occhi celesti. Sono rapiti. È il costruttore capo che parla.

Signori, ormai ci siamo. Poi raggiungeremo la Luna e Marte e costruiremo stazioni spaziali intorno alla Terra e in seguito sulla Luna e su Marte. Faremo tutto questo in pochi anni. Signori, non ci credete. Io vi annuncio che per l'Anno Geofisico Internazionale noi realizzeremo una grande impresa, un'impresa che cambierà la vostra opinione. Il destino dell'uomo non è quaggiù. Se un bimbo non si stacca dalla madre non diventa mai adulto. Noi siamo bambini che devono staccarsi dalla Terra. Pena la morte.

Applausi applausi incerti, poi un oceano travolge il protocollo, il battimani di maniera è sconvolto, qualcuno urla. Qualcosa è cambiato. Loro sono con me.

Ottobre 1957

Meno quattro

Ce la farà, certo che ce la farà. L'occhio all'orologio, la lancetta dei secondi inesorabile. Ce la fa. Tutto procede in maniera perfetta. Serbatoi, pressione, riscaldamento motori, livello di vibrazione. Trentadue camere di combustione. Ce la fa. Ce la fai piccolo Semjorka, ce la fai grande Semjorka. Tu andrai oltre il cielo. Tu ce la fai. Trenta secondi al lancio. Ce la fai. Compagno di viaggio, ce la fai. 510 tonnellate di spinta.

Sufficienti.

Korolev soffia fuori il fumo della sigaretta. È venerdì, venerdì 4 ottobre 1957. Il rumore in aumento, il vento della steppa, l'orizzonte grigio sconfinato. È lì, alto, grande, eppure piccolo. Trenta metri di altezza, peso al decollo 265 tonnellate. Korolev lo sa, questo gigante è un nano rispetto a quello che dovranno costruire dopo. Korolev è circondato dai collaboratori, ci sono le schede dei calcolatori, le leve, gli indicatori di livello, la lancetta che gira imperturbabile. Ora tutti sono zitti, anche il rappresentante del Governo. Una manciata di secondi. Secondi qualsiasi, normali secondi, insignificanti secondi di una vita. Preziosi secondi. In un attimo realizzi una vita. Un attimo.

VIA!

Eccolo, fa fatica, sembra traballare in quell'inferno di fuoco, eppure, certo, si muove, il gigante si muove. Eppur si muove. Il fuoco nei suoi piedi. Ce la fai, ce la fai. Vola, amico mio, vola compagno di viaggio, vola!

Tutti i motori accesi, anche i quattro razzi supplementari attorno a quello principale. Si alza, si alza! Come un mastodonte di immensa potenza, contro le catene della Terra, il razzo sale con maestosa lentezza, è un pachiderma che si risveglia da un sonno di milioni di anni. Vai amico mio, vai, vai! Il costruttore capo ha le mani gelide e sudate, è sicuro di Semjorka, ma oggi non si può fallire, oggi niente di imprevisto deve accadere. La voce di Glushko: — Consumo di kerosene superiore al previsto. Il sistema di pompaggio dai serbatoi non funziona a dovere. Il motore principale si spegnerà con due secondi di anticipo.

Korolev non risponde. Stringe i pugni nelle tasche dei pantaloni grigi, di lana pesante. L'uomo del Governo non parla, ha il viso pallido e gli trema un po' il labbro. Portiamo in orbita soltanto uno Sputnik, soltanto una sfera di ottanta centimetri. Ma anche lui ci crede, anche lui è capace di sognare. Anche Nikita è capace di sognare.

Il fumo della sigaretta negli occhi azzurri del costruttore capo. Sta salendo. Si incendia l'aria sotto di lui, il boato. Le catene si spezzano. Gli occhi fissi in alto. Adesso è solo un punto luminoso. Il pompaggio è in difficoltà. Ma la velocità sta aumentando, è sufficiente. Ce la fa, ce la fa!

Aprile 1961

Meno tre

Che cosa, Yuri?

Quello che vedo nell'oblò. Sa, costruttore capo, voi non sapete quanto è bella la Terra. La vedo circondata da un'aureola azzurra, faccio scorrere lo sguardo e vedo la notte dello spazio, la luce della Terra con l'azzurro che scivola nel blu, nel turchese e nel violetto.

Sei fortunato, Yuri.

Sembra un sogno, Costruttore capo.

Forse è un sogno, Yuri. Stiamo tutti sognando, qui sotto. Ma tu sei lassù.

Qui c'è l'infinito.

Stai tranquillo, goditi lo spazio. La Vostok ti riporterà a terra sano e salvo.

Giugno 1965

Meno due

Mi dica la verità dottore.

L'ambulatorio immacolato. Odore di alcol.

Lei ha un tumore all'intestino, compagno Korolev.

Un tumore all'intestino. Un cancro. Inesorabile.

Quanto posso vivere ancora?

Lo sguardo del medico come di pietra. Naso sottile, labbra sottili. Muove piano le labbra. Un anno.

Korolev deglutisce, poi porta alla bocca la sigaretta.

Luglio 1965

Meno uno

Costruttore capo, è un rischio che non possiamo permetterci di correre!

Perché no?

Il razzo N1 non è affidabile.

È affidabile. A sufficienza.

Il motore atomico non è mai stato testato al di fuori dei banchi di laboratorio.

Non importa.

Il modulo di discesa…

Sarà del tutto simile al modulo Soyuz. Con paracadute più grandi.

Il sistema di aggancio in orbita non è mai stato provato in volo.

Funzionerà, perché mai non dovrebbe funzionare? È stato progettato nei minimi particolari.

Costruttore capo, è una follia…

Il Costruttore guarda negli occhi il suo successore, lo fissa senza sbattere le ciglia. Mormora: Sì, è una follia. Che nessuno deve sapere. Che l'N1 esploda in volo o che arrivi a destinazione. Lei, Yuri e io sapremo la verità.

Sarà impossibile mantenere il segreto.

Un volo di prova. Senza equipaggio. Un volo sperimentale dell'N1 lunare. Preceduto da un Semiorka che porterà in orbita un modulo di servizio che nessuno noterà. Con l'N1 si perderanno i contatti una volta in orbita. Quello che poi accadrà lassù, nessuno potrà mai vederlo.

Nessuno.

Nessuno.

Se anche tutto funzionasse in questa follia, se anche tutto andasse perfettamente, lei non potrà mai più tornare.

Korolev si alza dalla scrivania di formica bianca, cammina avanti e indietro nel piccolo ufficio. Dice: Io sarò morto. Non è necessario tornare.

Giugno 1966

Zero

I dolori si fanno più forti. Il medico aveva quasi ragione. Un anno. Top secret, massimo segreto, dicono gli americani.

Quel tremore pazzesco sulla rampa, quell'energia da terremoto, quella pressione sul petto mentre il cielo si scuriva nell'oblò e pensavo di morire, pensavo che le catene della vecchia Terra mi avrebbero stretto il collo e soffocato. Pensavo che avrebbero schiacciato, stritolato quel cancro che si sviluppa nel mio intestino. Pensavo. E N1 si alzava e io non morivo. N1 saliva oltre il cielo, oltre l'atmosfera, oltre la ionosfera, nel regno delle fasce di Van Allen e del vuoto cosmico. E il dolore al petto è improvvisamente scomparso e il peso è scomparso e il mio vecchio cuore ha pompato felice come un neonato. E poi è arrivata la nausea, ma poi anche questa è passata e io ho imparato a nuotare nell'abitacolo, a fare capriole, ho imparato a non pensare più in termini di basso e di alto… ho pensato che ero protetto come nel grembo di mia madre e guardavo le stelle e la Terra che si allontanava e la vedevo come l'aveva vista Yuri, cinque anni fa…

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