- Non sarà scoppiata la guerra?
Giungeva ronzando da est un elicottero, come una zanzara di metallo. Si accostò fino a cento metri dalla circonferenza del disco e lentamente, lentamente, cominciò a farne il giro: pareva che cercasse il punto adatto per pungerlo.
"Vedrai come ti concia", pensò Paolo, prendendo le parti del più forte.
Zorro, ora, guaiolava e mugolava penosamente.
- Hai fifa, eh? - fece Paolo, e si chinò a grattargli la schiena.
- Attenzione, attenzione, - tuonò la voce di un altoparlante issato su una camionetta della polizia, - la popolazione è invitata a mantenere la calma. Il comando militare controlla perfettamente la situazione. E' decretato lo stato d'allarme. Nessuno può entrare o uscire dalla borgata fino a nuovo ordine. Rientrate nelle vostre case, scendete nelle cantine e attendete con fiducia nuove istruzioni.
- Attenzione, attenzione, - ricominciò.
- Cosa dicono? - strillò Rita, dal bagno.
- Niente.
- Come, niente? Con tutto il chiasso che fanno. Io credo che sia una pubblicità. Sta' attento se regalano qualcosa. L'altra volta che distribuivano i palloncini non mi hai fatto arrivare in tempo.
Rita comparve sul balcone, strofinandosi vigorosamente gli occhi asciuttissimi in un asciugamano, per dimostrare al fratello che si era lavata a dovere.
Paolo si voltava per dirle qualcosa, quando un'ombra attraversò rapida il cielo. Un uccello? No, troppo grosso.
- A terra! - gridò, gettandosi egli stesso sul pavimento e cingendo con un braccio le spalle di Rita che gli si era buttata accanto, spaventata.
- Ma cosa succede?
L'oggetto cadde nell'angolo destro del balcone, a un metro dalla mano di Paolo, a trenta centimetri dalla zampa di Zorro, che si ritrasse con un brontolio. Cadde ma non scoppiò. Emise soltanto un morbido "plaff", e rimase lì, tra due vasi di gerani. Era dello stesso colore della cosa in cielo, come Paolo poté constatare lanciandogli un'occhiata tra le dita stese davanti alla faccia. Una bomba non era. Forse un messaggio?
- Ho paura, - bisbigliò Rita, - scendiamo in cantina anche noi.
- Così non vedremo niente di niente.
- Ma io ho paura. E poi, senti l'altoparlante cosa dice...
La voce dell'altoparlante ripeteva monotona le istruzioni, cortile per cortile.
Paolo sentiva che sarebbe stato suo dovere avvicinarsi al proiettile caduto sul balcone, per osservarlo in modo scientifico.
"Se Cristoforo Colombo avesse avuto la mia paura, - pensava per farsi coraggio, - l'America a quest'ora sarebbe ancora da scoprire".
- Che facciamo? - piagnucolò Rita. - A stare sdraiata mi sporco il pigiama, poi senti, la mamma.
- Sta' zitta, devo pensare.
Ma qualcun altro pensò per lui. Zorro allungò cautamente una zampa in direzione dell'oggetto, battendo la coda per l'eccitazione, e gli diede un colpetto, per prova.
- Pussa via, Zorro!
- Non toccare!
Il cane si voltò, quasi per tranquillizzarli. I suoi occhi umidi dicevano: "Calma, calma, lasciate fare a me. Ho buon fiuto, io".
Cacciò un palmo di lingua e strisciò sul ventre in avanti. Meno 5... meno 4... meno 3... meno 2... meno uno... Contatto!
La lingua di Zorro fu sul bersaglio e leccava furiosamente. La coda, adesso, pareva la pala di un elicottero.
Allora Paolo si decise: saltò su, allontanò il cane con un calcio e prese il suo posto accanto alla "cosa".
- Che è? - domandò Rita, sollevando la testa spettinata.
- Ora vedrò. Ci potrebbe essere un messaggio, dentro.
- Ma non senti un profumino?
- Un profumo? Tu stai ancora sognando.
Anche Rita si avvicinò alla "cosa", respingendo il cane che tentava di riconquistare la posizione perduta.
- Vuoi che lo tocchi io? - domandò al fratello.
- Stupida, credi che abbia paura? E' che prima voglio studiarci sopra un momento.
- Ma l'odore non lo senti proprio?
- Si vede che ho il raffreddore.
Rita passò ai fatti. Toccò la "cosa", e una macchia scura le rimase sul dito. La bambina considerò la macchia con attenzione, poi si ficcò decisamente il dito in bocca. Lo succhiò, se lo mise davanti agli occhi, roseo e umido di saliva. Infine lanciò un grido di trionfo: - Cioccolato! Avevo ragione io. Prova, prova se non è vero.
Paolo provò. Rita riprovò. Paolo tornò a provare. Nessun dubbio: il misterioso oggetto caduto dal cielo non era altro che un grosso pezzo di cioccolato. Roba di marca, a giudicare dal profumo, dal sapore, dalla lunga delizia che lasciava in bocca.
- Uhm, che buono! - disse Rita.
- Una meraviglia, - ammise Paolo, riempiendosi la bocca. - Chissà, forse ci hanno visti, ci hanno buttato il cioccolato per fare amicizia.
- Chi?
- I marziani, insomma, quelli lassù. Chi siano non lo so.
- Secondo me, - sentenziò Rita, indicando la gran macchia rotonda in cielo, - quella è una pizza.
Secondo voi, probabilmente, Rita avrebbe dovuto dire "una torta". Ma al Trullo esiste una parola sola per indicare la pizza al pomodoro e la torta al cioccolato, e questa parola è "pizza". Qualche volta si può dire "pizza dolce", per distinguere le due "pizze". E se le torte, nobili figlie della pasticceria, si offendono a esser chiamate "pizze", come le loro più umili sorelle, peggio per loro.
Dedalo chiama Diomede
- Qui Dedalo chiama Diomede, qui Dedalo chiama Diomede. Passo.
- Qui Diomede. Vi ascoltiamo. Passo.
- Ho completato il giro dell'oggetto misterioso. Secondo i miei calcoli la sua circonferenza misura metri tremilacentoquaranta. Per trovare il diametro, basta dividere per tre e quattordici.
- Lo sappiamo, lo sappiamo. Tirate avanti.
- Chiedo scusa. La superficie laterale appare dipinta a fasce di differenti colori. Dal basso in alto, eccone la disposizione: bruno, rosa, verde, bruno di nuovo, giallo, violetto, bianco. Mi accingo a salire più in alto. Passo.
- Qui Diomede. Attendete. Non avete notato sui fianchi dell'oggetto qualche apertura? Niente finestrini, oblò, sportelli? Passo.
- Qui Dedalo. Notato niente del genere. La superficie laterale è dovunque compatta. Passo.
- Qui Diomede. Prendete quota, misurate l'altezza e osservate la superficie superiore. Mantenete distanza di sicurezza. Passo.
- Ricevuto. Passo e chiudo.
La conversazione qui trascritta si svolgeva, verso le otto di quella famosa mattina, tra un ufficiale pilota alla guida di un elicottero, chiamato col nome convenzionale di Dedalo, e il comando generale dell'Operazione E.S., situato nell'ufficio del direttore delle scuole del Trullo. E.S. non vuol dire, in questo caso, Esterna Destra: non si sta parlando di linee tranviarie. Vuol dire invece Emergenza Spaziale. Con questo nome eccitante le autorità avevano battezzato le misure militari messe in atto in seguito all'apparizione del misterioso piatto volante. Il comando era indicato col nome convenzionale di Diomede. Avendo inventato tre bellissimi nomi, le autorità potevano già dirsi a buon punto.
Nella stanza di Diomede si trovavano, in quel momento, numerosi alti personaggi, tra cui un generale, due famosi scienziati - il professor Rossi e il professor Terenzio - e il sor Meletti, detto "l'astuto Ulisse", vigile urbano e padre di Paolo e Rita, a disposizione per le commissioni urgenti. (Per esempio, era già corso un paio di volte a ordinare caffè forte per tutti).
- Qui Dedalo chiama comando, - risuonò di nuovo la voce dell'aviatore.
Il generale in persona si curvò sul microfono a rispondere:
- Qui Diomede. Riferite.
- L'altezza laterale dell'oggetto misterioso è di circa venticinque metri. Per calcolare il volume...
- Conosciamo la geometria. Contentatevi di riferire.
- Signorsì. La superficie superiore presenta un meraviglioso panorama di color bianco panna. Uno spettacolo superbo!
Читать дальше