«Gabrielle, sono io.»
Riconobbe subito la voce del senatore, che peraltro appariva stranamente tranquilla malgrado ciò che era appena accaduto.
«È stata una serata pazzesca, qui, quindi lasciami parlare. Di sicuro hai visto la conferenza stampa del presidente, e Dio solo sa se abbiamo giocato le carte sbagliate. Mi viene la nausea, al pensiero. Tu probabilmente accuserai te stessa, ma non è il caso. Chi poteva immaginare? Non è colpa tua e, comunque, ascoltami. Credo ci sia una possibilità di rimetterci in piedi.»
Gabrielle si alzò, incapace di immaginare a che cosa si riferisse. Non era quella la reazione che si aspettava da lui.
«Stasera ho avuto una riunione con i rappresentanti delle industrie spaziali private, e…»
«Davvero?» si lasciò sfuggire lei, sbalordita di sentirglielo ammettere. «Voglio dire… non ne avevo idea…»
«Sì, ma niente di importante. Ti avrei chiesto di partecipare, ma questi tizi sono maniaci della privacy. Alcuni di loro hanno fatto una donazione per la mia campagna elettorale, e non è cosa che vogliono pubblicizzare.»
Gabrielle si sentì totalmente disarmata. «Ma… non è illegale?»
«Illegale? No, accidenti. Tutte le donazioni sono sotto il limite legale dei duemila dollari. Briciole. Questi tizi non contano granché, ma io sto a sentire comunque le loro lamentele. Diciamo che è un investimento per il futuro. Preferisco mantenere la cosa riservata perché, in tutta franchezza, potrebbe fare cattiva impressione. Se la Casa Bianca ne avesse sentore, scatenerebbe un inferno. Comunque, non è questo il punto. Ti ho chiamata per dirti che, dopo la riunione di stasera, ho avuto un colloquio con il capo della SFF…»
Malgrado Sexton continuasse a parlare, per alcuni secondi Gabrielle sentì solo il sangue che le affluiva al viso per la vergogna. Senza la minima sollecitazione da parte sua, il senatore aveva ammesso con la massima calma la riunione di quella sera con le aziende spaziali private. "Perfettamente legale." E pensare che cosa stava per fare lei! Grazie al cielo Yolanda l'aveva fermata. "Per poco non saltavo sul carro di Marjorie Tench!"
«… così ho detto al capo della SFF che forse sei in grado di procurarci quella informazione» stava dicendo Sexton.
Gabrielle tornò a prestargli attenzione. «D'accordo.»
«La persona che negli ultimi mesi ti ha fornito quei dati riservati sulla NASA… è ancora disponibile, vero?»
"Marjorie Tench." Gabrielle rabbrividì al pensiero che mai avrebbe potuto rivelare al senatore che il suo contatto non aveva fatto che manipolarla per tutto quel tempo. «Ehm… credo di sì» mentì.
«Ottimo, perché c'è qualcosa che ho bisogno di sapere subito.»
Mentre ascoltava, Gabrielle si rese conto di quanto, negli ultimi tempi, avesse sottovalutato Sedgewick Sexton. Da quando aveva iniziato a seguirne la carriera, un po' del carisma del senatore era svanito, ma ora l'aveva riacquistato per intero. Davanti a quello che appariva il colpo mortale alla sua campagna, Sexton stava già preparando il contrattacco. E malgrado fosse stata lei a condurlo per quella strada infausta, non la puniva, anzi, le offriva la possibilità di redimersi.
E lei si sarebbe redenta.
A qualunque costo.
William Pickering guardò dalla finestra dell'ufficio la lontana fila di fari sulla Leesburg Pike. Pensava spesso a lei quando si trovava lassù, in cima al mondo.
"Tanto potere… e non sono stato capace di salvarla."
Sua figlia, Diana, era morta nel mar Rosso, su un piccolo avviso della marina, mentre faceva il tirocinio per diventare ufficiale di rotta. Un pomeriggio di sole, la sua nave era ancorata in un porto sicuro quando una chiatta improvvisata imbottita di esplosivo, con due kamikaze a bordo, aveva attraversato lentamente lo specchio d'acqua per esplodere a contatto con lo scafo. Quel giorno, Diana Pickering era morta insieme ad altri tredici giovani soldati americani.
Un colpo devastante per William Pickering. Per settimane era stato schiacciato da un'angoscia intollerabile, poi, quando l'attacco era stato attribuito a una nota cellula terroristica che la CIA da anni cercava di inchiodare, la sua disperazione si era tramutata in rabbia. Si era precipitato nel quartier generale della CIA e aveva preteso delle risposte.
Ma le risposte che aveva ricevuto erano difficili da digerire.
La CIA era pronta da mesi ad annientare la cellula, aspettava solo le fotografie satellitari ad alta risoluzione per poter programmare un attacco preciso al covo dei terroristi, sui monti dell'Afghanistan. Quelle foto avrebbero dovuto essere scattate dal satellite dell'NRO chiamato in codice Vortex 2 e costato un miliardo e duecento milioni di dollari: quello stesso satellite esploso sulla piattaforma per un difetto del veicolo di lancio della NASA. A causa di quell'incidente, la missione della CIA era stata rinviata e Diana era morta. La ragione gli suggeriva che la NASA non ne era direttamente responsabile, ma il cuore trovava difficile perdonare. L'indagine sull'esplosione del missile aveva rivelato che gli ingegneri della NASA responsabili dei sistemi di iniezione del combustibile erano stati costretti a usare materiali di seconda qualità per cercare di non sforare il budget.
«Quando si tratta di missioni prive di equipaggio» aveva spiegato Lawrence Ekstrom in una conferenza stampa «la NASA è molto attenta al rapporto costi-benefici. In questo caso, i risultati non sono stati ottimali. Esamineremo con attenzione il problema.»
"Non ottimali." Diana era morta.
Inoltre, poiché il satellite spia era top secret, la gente non era mai venuta a conoscenza del fatto che la NASA aveva distrutto un progetto dell'NRO da più di un miliardo di dollari e, con esso, indirettamente, la vita di numerosi giovani americani.
«Signore?» La voce della segretaria, dall'interfono, lo fece sobbalzare. «Linea uno, Marjorie Tench.»
Pickering si riscosse dai suoi pensieri e guardò il telefono. "Di nuovo?" La luce lampeggiante sulla linea uno pulsava con rabbiosa urgenza. Pickering, accigliato, prese la chiamata. «Pickering.»
«Che cosa le ha detto?» Dalla voce, la Tench sembrava folle di rabbia.
«Prego?»
«Rachel Sexton l'ha contattata. Che cosa le ha detto? Era su un sottomarino, per la miseria! Mi spieghi come mai!»
Pickering comprese al volo che non era il caso di negare; la Tench aveva fatto i compiti a casa. Aveva già scoperto del Charlotte , evidentemente sfruttando la sua posizione per ottenere le risposte. «Sì, la signora Sexton mi ha chiamato.»
«E lei ha organizzato un recupero senza contattarmi?»
«Sì, le ho fornito un mezzo di trasporto.» Nel giro di due ore Rachel Sexton, Michael Tolland e Corky Marlinson sarebbero arrivati alla vicina base aerea di Bolling.
«E ha deciso di non informarmi?»
«Rachel Sexton ha fatto accuse molto pesanti.»
«Sull'autenticità del meteorite… e su un'ipotetica aggressione?»
«Tra le altre cose.»
«È chiaro che mente.»
«Lei sa che si trova con altre due persone pronte a confermare la sua versione?»
La Tench fece una pausa. «Sì. Assai sgradevole. La Casa Bianca è molto preoccupata per queste affermazioni.»
«La Casa Bianca, o lei personalmente?»
Il tono divenne affilato come un rasoio. «Per quanto la riguarda, direttore, non fa differenza, questa sera.»
Pickering rimase imperturbato. Aveva una lunga esperienza dei politici e dei loro collaboratori che cercavano di imporsi con la prepotenza sulla comunità dell'intelligence, anche se pochi lo facevano con l'arroganza di Marjorie Tench. «Il presidente sa di questa sua telefonata?»
«Francamente, direttore, mi sbalordiscono questi suoi sospetti deliranti.»
"Però non ha risposto alla mia domanda." «Non vedo alcuna ragione logica per cui queste persone dovrebbero mentire, e quindi devo supporre che dicano la verità, oppure che sbaglino in buonafede.»
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