«Argomenti persuasivi» osservò Gabrielle «che, sono convinta, il senatore valuterebbe con grande attenzione se si trovasse nella posizione di votare il disegno di legge. Ma posso chiederle cosa ha a che fare con me tutto questo?»
Gli occhi della Tench si concentrarono sulla sigaretta. «Molti sono pronti a sfruttare lo spazio a fini economici, e c'è una lobby politica determinata a togliere ogni restrizione e aprire le cateratte. Il potere di veto del presidente è la sola barriera rimasta contro la privatizzazione… contro la totale anarchia nello spazio.»
«Allora mi complimento con il presidente per avere posto il veto.»
«Io temo che il suo candidato non sarebbe altrettanto prudente, se eletto.»
«Ripeto che sono convinta che il senatore soppeserebbe bene la questione se si trovasse a esprimere il suo parere sul disegno di legge.»
La Tench non parve del tutto convinta. «Lei sa quanto spende il senatore per farsi propaganda sui media?»
La domanda la colse di sorpresa. «Le cifre sono di dominio pubblico.»
«Più di tre milioni di dollari al mese.»
Gabrielle alzò le spalle. «Se lo dice lei.» La cifra era vicina al vero.
«Un sacco di soldi.»
«Ma lui ha un sacco di soldi.»
«Sì, ha programmato tutto con cura. O, meglio, ha fatto un buon matrimonio. » La Tench fece una pausa per soffiare fuori il fumo. «Molto triste la vicenda della moglie, Katherine. La sua morte è stata un duro colpo per lui.» Sospirò con fare teatrale. «È piuttosto recente, vero?»
«Venga al dunque, altrimenti me ne vado.»
La Tench diede un colpo di tosse da scuotere i polmoni e aprì la grossa busta marrone. Ne estrasse una serie di fascicoli spillati che passò a Gabrielle. «I documenti sulla situazione economica di Sexton.»
Gabrielle esaminò le carte. Notò con stupore che risalivano a parecchi anni addietro. Pur non essendo addentro nei particolari della situazione finanziaria del senatore, capì che quei dati erano autentici: estratti conto bancari, addebiti su carte di credito, prestiti, azioni, proprietà immobiliari, passività, utili da capitale, uscite. «Ma queste informazioni sono riservate. Come le ha ottenute?»
«La mia fonte non la riguarda. Se esamina le cifre, si accorgerà che il senatore Sexton non possiede il denaro che attualmente sta spendendo. Dopo la morte della moglie, ha dissipato la maggior parte dell'eredità in pessimi investimenti, lussi personali e per comprare quella che appare la sua vittoria certa alle primarie. Appena sei mesi fa, il suo candidato era sul lastrico.»
Gabrielle ebbe la sensazione che si trattasse di un bluff. Se Sexton era a terra, di sicuro non si comportava di conseguenza. Con il passare delle settimane, comprava sempre più pubblicità sui media.
«Al momento, il suo candidato spende il quadruplo del presidente. E non dispone di fondi personali.»
«Riceviamo molte donazioni.»
«Sì, e alcune legali.»
Gabrielle sollevò la testa di scatto. « Prego? »
La Tench si sporse sulla scrivania, facendole arrivare una zaffata di nicotina. «Gabrielle Ashe, le farò una domanda, e le consiglio di riflettere bene prima di rispondere, perché potrebbe costarle alcuni anni di prigione. È al corrente che il senatore Sexton accetta sottobanco enormi somme di denaro per la sua campagna da parte di società aerospaziali private che hanno da guadagnare miliardi dalla privatizzazione della NASA?»
Gabrielle la fissò indignata. «È un'accusa assurda!»
«Mi sta dicendo che a lei non risulta?»
«Penso che lo saprei , se prendesse bustarelle di quella portata.»
La Tench le rivolse un sorriso gelido. «Mi rendo conto che il senatore ha condiviso molto con lei, ma le assicuro che le tace parecchio.»
Gabrielle si alzò. «L'incontro è terminato.»
«Al contrario» ribatté la Tench, togliendo dalla busta i fascicoli restanti e sparpagliandoli sul tavolo. «Comincia solo adesso.»
Nello "spogliatoio" dell'habisfera, Rachel Sexton si sentiva come un'astronauta, mentre si infilava in una delle tute Mark IX della NASA per la sopravvivenza in climi estremi. Il completo nero con cappuccio, in un solo pezzo, ricordava una muta gonfiabile da sommozzatore. Era di memory foam , materiale a doppio strato, una sorta di gomma con scanalature interne da riempire di una gelatina densa che si modella sul corpo per isolare sia dal freddo sia dal caldo.
Rachel calzò l'aderente cappuccio e l'occhio le cadde sul direttore. Si stagliava sulla porta come una sentinella silenziosa, chiaramente rincresciuto che si fosse resa necessaria quella piccola missione.
Norah Mangor bofonchiava oscenità in attesa che tutti fossero pronti. «Qui ce n'è una per il tombolotto» disse, lanciando a Corky una tuta.
Quando Rachel ebbe chiuso tutte le cerniere, Norah trovò il rubinetto di regolazione sul suo fianco e lo collegò a un tubo che si srotolava da un contenitore argentato simile a una bombola da sub.
«Inspira» le ordinò Norah, aprendo la valvola.
Rachel udì un sibilo e poi la gelatina venne iniettata nella tuta. La memory foam si espanse e la tuta aderì al suo corpo premendo sugli abiti che portava sotto. Le ricordò la sensazione che si prova a mettere sott'acqua una mano coperta da un guanto di gomma. Il cappuccio si gonfiò intorno alla testa e fece pressione sulle orecchie, attutendo ogni suono. "Sono in un bozzolo" si disse.
«La cosa migliore della Mark IX è l'imbottitura. Non senti nulla neppure se cadi sul sedere.»
Rachel non stentava a crederlo. Aveva l'impressione di essere intrappolata dentro un materasso.
Norah le porse una serie di attrezzi: una piccozza da ghiaccio, corde di sicurezza e moschettoni che attaccò alla cintola di Rachel.
«Tutta questa roba per percorrere duecento metri?» chiese Rachel.
Norah strinse gli occhi. «Vuole venire o no?»
Tolland la rassicurò con un cenno del capo. «Norah vuole andare sul sicuro.»
Corky si collegò alla bombola per gonfiare la sua tuta. «È come mettersi un gigantesco preservativo» commentò divertito.
Norah gli rispose con un grugnito di disgusto. «Come se tu ne sapessi qualcosa, verginello.»
Tolland si sedette accanto a Rachel e le rivolse un sorriso incerto mentre lei indossava scarponi pesanti e ramponi. «Sei sicura di voler venire?» le chiese, con un'espressione protettiva che la commosse.
Lei gli rispose con un cenno del capo, sperando di non dare a vedere la crescente trepidazione. "Duecento metri… non è lontano." «E tu che credevi di provare emozioni soltanto in alto mare!»
Tolland rise mentre cercava di agganciare i ramponi. «Ho deciso che mi piace l'acqua allo stato liquido molto più di questa roba ghiacciata.»
«A me non è mai piaciuta sotto nessuna forma» dichiarò Rachel. «Sono caduta in un buco nel ghiaccio, da bambina, e da allora l'acqua mi fa venire l'ansia.»
Tolland le rivolse uno sguardo comprensivo. «Mi dispiace. Ma quando avremo finito qui, dovrai venirmi a trovare a bordo della Goya. Ti farò cambiare idea in proposito. Promesso.»
L'invito la sorprese. La Goya era la nave oceanografica di Tolland, molto nota per il ruolo che svolgeva nelle Meraviglie del mare e anche perché era una delle navi dall'aspetto più stravagante che solcasse gli oceani. Anche se le avrebbe creato molta apprensione salire sulla Goya , Rachel sapeva che sarebbe stato difficile rinunciarvi.
«È ancorata dodici miglia al largo della costa del New Jersey, al momento» precisò Tolland, lottando con i ganci dei ramponi.
«Un luogo poco adatto.»
«Tutt'altro. La costa atlantica è un posto incredibile. Stavamo preparandoci a girare un nuovo documentario quando sono stato bruscamente interrotto dal presidente.»
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