Carol O'Connell - La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio

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Un'anziana ex prostituta viene aggredita, ferita e poi impiccata in uno squallido monolocale di New York. Candele e barattoli pieni di insetti ne circondano il corpo senza vita. La polizia pensa al sinistro rituale di un folle, ma Kathy Mallory, agente della omicidi dai trascorsi misteriosi e dalla mente contorta non è convinta. Comincia a scavare negli archivi della centrale, a caccia di indizi su un delitto avvenuto anni prima. E scopre che da quel momento qualcuno aspetta che venga l'ora della giustizia. Della vendetta.

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Riker sapeva che Coffey non avrebbe cambiato idea, ma sapeva anche che avrebbe passato la giornata a rimuginare. E se Mallory avesse avuto ragione? Se il killer si stesse preparando a colpire di nuovo?

Mentre sua madre sorseggiava una bibita insieme a un'altra mamma, il bambino si era allontanato, attirato dal ronzare delle mosche intorno al bidone dell'immondizia. Si prese un bello spavento scoprendo quella specie di macchia nera che si muoveva freneticamente sopra qualcosa di piccolo e puzzolente. L'erba di Tompkins Square gli faceva il solletico alle ginocchia. Si chinò per osservare gli insetti ronzanti: cosa stavano mangiando? Forse la loro preda era ancora viva. Il bambino spostò la carne marcia aiutandosi con un bastone. Era un'operazione difficile, la preda era viscida, sicuramente morta. Un po' deluso, continuò a guardare l'ammasso vibrante di zampe, ali, corpi neri e lucidi. Il ronzare degli insetti era infernale, eccitante. Poi il bambino notò un uomo in jeans e cappello da baseball seduto sulla panchina. Non si muoveva. Sembrava morto, come la carne sotto le mosche, ma nessun insetto gli ronzava intorno. Il bambino si avvicinò alla panchina e sentì odore di insetticida. Quel borsone grigio posato per terra conteneva la roba che usava sua madre per ammazzare gli insetti. C'era anche un grosso barattolo di vetro, pieno di mosche. Alcune ronzavano ancora.

Un collezionista.

Bene, adesso il mondo aveva di nuovo un senso. Il bambino collegò l'uomo all'esca di carne putrida nel cestino: in quel modo il collezionista non doveva inseguire le mosche una a una. L'uomo sembrava non averlo notato. Non muoveva gli occhi, restava immobile. Il bambino rimase in attesa di un segno di vita, e dopo un po' decise che era morto stecchito. Per esserne sicuro, gli sfiorò una gamba con il bastone.

Il morto voltò la testa.

Il bambino si mise a gridare. La madre arrivò di corsa, lo strinse a sé e lo portò via. Il bambino, in braccio alla madre, si voltò. Il morto indossava un paio di guanti gialli di gomma, e si era chinato sopra al nugolo ronzante nel cestino spruzzando l'insetticida.

La giovane attrice si era guadagnata un posto a sedere sulla metropolitana infilandosi fra due passeggeri e una valigia. Si preparò al lungo tragitto fino all'East Village. Dopo aver ispezionato la giacca, tolse un lungo capello biondo dal bavero. Il lino azzurro era dello stesso colore di suoi occhi. Era il vestito più costoso che avesse mai avuto. Lo considerava una sorta di portafortuna, anche se non gliene aveva portata granché nelle ultime audizioni. I corpi sudati premevano. Dalla borsa estrasse qualche cartolina e scrisse le solite bugie settimanali alla madre e alla nonna. Prese in prestito una frase scritta su un manifesto pubblicitario appeso ai finestrini, New York è un festival estivo…

Qualcuno la urtò con una sacca di tela.

«Stia attento!» sbraitò da brava newyorkese. Poi alzò lo sguardo e vide i jeans sbiaditi di un uomo a pochi centimetri dalla sua faccia. Puzzava d'insetticida. Abbassò lo sguardo sulle cartoline e scrisse: Amo questa città.

Voleva tornare nell'Ohio.

L'anno precedente si era aggiudicata il lavoro di tutte le aspiranti attrici: cameriera in un fast food. Era stata un'amara sorpresa per la madre e la nonna, entrambe cameriere sedotte e abbandonate da qualche camionista. La nonna aveva risparmiato per mandarla a New York, dove i ristoranti per camionisti non esistevano. Sua madre, le spediva le mance.

L'aria condizionata non funzionava, e l'attrice odiava gli altri passeggeri che le rubavano ossigeno prezioso. Una donna la fissava con aria truce. Un'altra masticava un hamburger. La carne sembrava pulsare, cipolle e rivoli di maionese sgusciavano dal pane umido, e l'odore di fritto si mescolava a quello di sudore e insetticida. Stella rimise la cartolina nella borsa e iniziò a inventarsi una nuova bugia, questa volta per il suo agente. Come spiegare che un'idiota senza nessuna esperienza le aveva soffiato la parte?

Mancava una fermata ad Astor Place, era vicina a casa. La donna con l'hamburger si alzò lasciando sul sedile una macchia di unto. Nessuno occupò il posto. In quel pigia-pigia alzarsi, e allontanarsi dall'uomo in piedi di fronte a lei si annunciava difficoltoso. Sentì un prurito al braccio. Fece per grattarsi e toccò qualcosa di vivo.

Oh, merda!

Una grossa mosca nera. Anzi, una cascata di mosche che ora le pioveva sulla testa, una piaga di proporzioni bibliche. Incredibile, erano quasi tutte morte. Le poche ancora vive le si arrampicavano addosso, stordite.

Sulle gambe.

No!

A quel punto scattò in piedi, scuotendo i capelli. Le mosche cadevano a terra a manciate. Stella urlò, poi anche gli altri passeggeri. Gli insetti scricchiolavano sotto le scarpe mentre saltava per scrollarseli dai vestiti. Quella danza isterica diventò collettiva. Tutti battevano i piedi, agitavano le braccia. Un passeggero staccò inavvertitamente il biglietto attaccato alla schiena di Stella. Il treno frenò, le porte finalmente si aprirono. Il pezzetto di carta e il suo messaggio sparirono, trascinati via dal tacco di una donna.

9

Charles Butler, al centro della sala operativa della Crimini Speciali, osservava le fotografie. Ciascuna delle pareti laterali era dedicata a una delle due donne impiccate. La sua attenzione fu attirata dalla parete posteriore. Le mosche morte intorno al cappello da baseball dello spaventapasseri costituivano un tocco di creatività. Si rivolse al detective accanto a lui. «Davvero l'ha fatto Ronald Deluthe?»

«Sì.» Riker armeggiava con un piccolo registratore. «Quel ragazzo finirà per piacermi.»

Pssst.

«Allora perché non smetti di trattarlo come se fosse un ragazzino mezzo scemo?»

«Va bene, gli offrirò una birra. È il massimo onore che posso concedere a una recluta.» Riker alzò il volume del registratore. Poche parole pronunciate in tono piatto. Era la voce dello spaventapasseri, grigia, senza una punta d'emozione, senza la profondità della disperazione.

Pssst. L'unico rumore in sottofondo.

Charles osservò le altre pareti coperte di appunti, rapporti, fax, foto. Disordine, troppe mani e troppi cervelli intenti a occuparsi di un solo caso. «Possiamo portare via questa roba?»

«No» disse Riker. «Non possiamo spostare niente. E non possiamo neppure copiarla. Ordini di Coffey. Quindi devi leggerti tutto.»

Charles comprese che il suo ruolo era quello di macchina fotocopiatrice umana. Doveva leggere tutto il materiale sull'omicidio di Kennedy Harper e immagazzinarlo grazie alla sua memoria eidetica. Gli appunti dell'autopsia erano stati appesi da Mallory, senza dubbio. Una piccola oasi di ordine.

Riker alzò il volume del registratore. «Ascolta attentamente, ancora una volta.»

Pssst.

«Intervalli regolari» disse Riker. «Sappiamo che è un rumore automatico. I tecnici sostengono che potrebbe trattarsi di un nebulizzatore per le piante. Potrebbe essere in un negozio di fiori o in un vivaio.»

«Escluderei che abbia chiamato dal posto di lavoro» disse Charles. «Se fosse nervoso, preoccupato di essere interrotto, lo capiresti dalla voce. Invece è piatta, assolutamente monocorde.» Ascoltò un altro frammento poi, Pssst. «Ecco, una pausa per prendere fiato. Il ritmo del discorso segue quel suono come se fosse la punteggiatura. Probabilmente convive con questo rumore da parecchio tempo, potrebbe essere prodotto da qualche macchinario sanitario…» Mentre parlava con Riker, Charles immagazzinava le informazioni dell'esame che Slope aveva condotto su una donna ancora viva. «Questa donna ha un cognome?»

«Sparrow» disse Riker. «Nient'altro.»

Era arrivata Mallory. Charles non sapeva da quanto. Un gatto che camminasse su un cuscino avrebbe fatto più rumore. Si chiese se si divertisse a spaventare le persone sorprendendole a quel modo. Come adesso con Riker, che improvvisamente la vide passeggiare lungo la parete. Mallory mostrò poco interesse per le foto del corpo nudo di Sparrow. Solo l'ingrandimento di una vecchia cicatrice sul fianco attirò la sua attenzione, un grosso nodo di carne cresciuto intorno a un foro. Chiuse gli occhi, un piccolo gesto significativo. Charles capì che lei e Sparrow avevano in comune molto più di un vecchio tascabile sottratto sulla scena del delitto. Mallory alzò lo sguardo e vide Charles che la fissava.

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