«Lo so.» L'impazienza di Mallory crebbe. Anche lei era presente quando il cappio era stato rimosso. «Un nodo doppio. Heller mi ha già…»
«Che non ha bloccato la carotide. Questo significa che la signorina Harper non ha perso conoscenza.»
«Ipossia cerebrale transitoria» disse Mallory.
«Allora mi ascolti, quando parlo!» Il dottor Slope la ringraziò con un mezzo sorriso e tirò fuori uno schema della scena del delitto. «Io e Heller abbiamo ricostruito gli ultimi minuti di vita della Harper.» Indicò lo schizzo di un bancone. «Qui la squadra di Heller ha trovato impronte di piedi. Nota la distanza dal lampadario.» Fece scorrere il dito sul disegno. «Questo è il punto dov'era impiccata.» Guardò Mallory. «La Harper era ancora viva quando l'assassino ha lasciato l'appartamento. Fingeva soltanto di essere morta. Prima si è tolta i sandali, li abbiamo trovati sotto il corpo. Sollevando le gambe poteva a malapena raggiungere il bancone con la punta del piede. Si è data una spinta e il corpo ha cominciato a dondolare avanti e indietro.»
Il dottore mostrò le fotografie della superficie di formica ricoperta dalla polvere scura per il rilevamento delle impronte. Un primo piano mostrava l'impronta parziale di un piede. «Qui l'impronta è più grossa» disse Slope. «Dondolando il corpo descrive un arco più ampio a ogni spinta. Alla fine riesce a posare entrambi i piedi sul bancone. Ora il peso è distribuito su due punti, i piedi e il cappio. Vedi qui?» Indicò la fotografia di due impronte complete sul ripiano vicino al lavandino. «Si vede tutto il piede. Ha ruotato il corpo fino a ritrovarsi con il cappio sul davanti. Ha infilato il mento nella corda, che però si è incastrata nei denti. Non posso dire per quanto tempo sia rimasta in quella posizione.»
Aspettava che la cavalleria giungesse in suo aiuto, proprio come Sparrow.
«Non è riuscita a togliersi la corda né i capelli dalla bocca» disse Slope. «Avrebbe potuto urlare, ma non emettere suoni articolati.»
I vicini non sono arrivati, i poliziotti neanche.
Il dottor Slope accantonò le fotografie. «Posso dirti che è morta sei giorni fa, ma non è morta soffocata. Ha ceduto il cuore.» Prese un flacone imbustato ed etichettato come prova. «Ho chiamato il suo cardiologo. La Harper aveva un difetto congenito al cuore, e non potevano operarla. Aveva vissuto tutta la vita con una bomba a orologeria nel petto.»
Mallory annuì. «Questo spiega molte cose, vero? Dondolare appesa a una corda e non farsi assalire dal panico. Ce l'aveva quasi fatta.»
Mallory pensava al giorno in cui quella donna era entrata nella stazione di polizia con un biglietto insanguinato al collo. Ma ora aveva due vittime che avevano finto di essere morte mentre il loro cuore batteva all'impazzata. Una strana coincidenza. Si voltò verso il patologo e sorrise.
Non mi stai nascondendo qualcosa, vero?
Il dottore non le avrebbe mai riferito spontaneamente un'ipotesi sulla quale non potesse giurare in tribunale, supportato da prove inconfutabili, ma se pensava che l'autopsia fosse finita si sbagliava, e di grosso. Mallory lanciò un'occhiata alla donna sezionata dall'altra parte della stanza. «Così abbiamo un assassino che non riesce a distinguere i vivi dai morti. Tutto qui? Non hai nient'altro da raccontarmi?»
Il dottor Slope esitò un momento. Credeva di essere un grande giocatore di poker, di avere un viso imperturbabile, capace di non rivelare mai il gioco che aveva in mano. Eppure Louis Markowitz aveva annusato ogni suo bluff e tutto quello che il poliziotto sapeva sul poker e su Slope l'aveva insegnato alla figlia adottiva. Anche se Mallory non riusciva a interpretare il volto di Slope, sapeva cosa stava pensando. Ingrata, ora ti dò una lezione.
Il dottore era seccato, adesso. «Secondo te l'assassino se ne è andato convinto che la vittima fosse morta. Be', io non la penso così. Una volta impiccata, la Harper riceveva ancora ossigeno, anche se non in misura sufficiente a consentirle di rimanere cosciente ancora a lungo. L'assassino se n'è andato immediatamente dopo averla appesa, altrimenti Kennedy non avrebbe avuto il tempo né la forza per compiere quel suo balletto aereo. Insomma, non è rimasto lì a vederla morire.»
Proprio come con Sparrow.
Mallory girò le spalle a Slope e attraversò la stanza, verso il tavolo d'acciaio. Il corpo di Kennedy Harper era percorso da una quantità di brutte cuciture. Mallory, facendo del suo meglio per suonare annoiata, ripeté: «Dimmi qualcosa di utile».
L'autocontrollo del dottore era visibilmente messo a dura prova, e la sua espressione oscillava fra stupore e indignazione. Marciò verso il tavolo e si parò davanti a Mallory. «Credo che il nostro uomo non sia un tipo violento. Può suonare un po' strano, ma…»
«Strano?»
«D'accordo Kathy, può sembrare folle. Però non ha infierito su nessuna delle due donne e neppure…»
«Ha tagliato loro i capelli!!»
«Ma non ha inferto nessuna ferita, nessuna frattura. L'altra vittima, Sparrow, non aveva neppure un livido. Non ha cercato di difendersi. Credimi, Kathy, so quello che un uomo può fare al corpo di una donna.» Il dottore guardò il cadavere disteso sul tavolo. «Ma qui non c'è alcun segno di violenza, non ha perso il controllo, non ha infierito.»
Quell'uomo, pensò Mallory, aveva appuntato al collo della vittima ancora viva un messaggio con una spilla da balia. Mallory stava per dirlo quando il dottore alzò la mano per respingere qualsiasi obiezione.
«Questo non è il mio campo» disse. «Ma all'assassino non importava se le donne fossero vive o morte. Lo so che è un paradosso. A questo assassino non interessa uccidere.»
L'omicidio di Kennedy Harper aveva occupato un'intera parete della sala operativa. Mallory appese le foto dell'autopsia vicino agli schizzi di Heller. Anche Sparrow aveva una parete tutta per sé.
I detective prendevano posto sulle sedie pieghevoli. Quattro uomini si avvicinarono alle apparecchiature audio per ascoltare e riascoltare la voce dell'assassino registrata dall'emittente televisiva. Alzavano il volume nello sforzo di interpretare un rumore di fondo ricorrente: Pssst.
Un uomo contava i secondi sul suo orologio, mentre Mallory seguiva il ticchettio del suo orologio mentale. Quel rumore di fondo si ripeteva ogni venti secondi.
Pssst. Il rumore dell'appretto. Mallory rivide Helen Markowitz che stirava.
Si diresse verso la parete dell'assassino e osservò la foto della sua nuca. Sovrastata da un cappello da baseball circondato di mosche morte.
Pssst.
Janos domandò: «Che ne pensi del nostro spaventapasseri?».
«È così che lo chiamate, adesso?»
«Già.» Si voltò: «Dov'è finito il tuo collega?».
«Torna subito.» Mallory aveva tenuto il conto dei minuti trascorsi da quando Riker era sgusciato fuori dalla stanza. Dopo l'incontro con l'ex moglie nel bar di Peg Baily, ogni momento era buono per farsi un goccio. Le rare volte che gli capitava di incontrarla finivano sempre in una sbronza.
Pssst.
Riker avrebbe trangugiato il bourbon in un sorso. Mallory calcolò che sarebbe rientrato fra poco. Un minuto, stimò, poi un altro minuto per uno scambio d'insulti con il sergente all'ingresso, e avrebbe spalancato la porta della sala operativa.
Riker comparve in quel momento.
Pssst.
Aveva un aspetto decente. Riker si vantava di non barcollare mai alla luce del sole. Sul vestito non c'erano macchie recenti. Riker si sedette accanto a lei e scartò una confezione di caramelle. «Mi sono perso qualcosa?»
«Stiamo ancora aspettando il rapporto.»
Pssst.
Ascoltarono ancora una volta il nastro. Il volume al massimo.
Hanno ucciso una donna all'East Village…
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