Dopo essere usciti dal tendone ed essere arrivati al parcheggio, videro le luci dello spettacolo spegnersi alle loro spalle. Charles si fermò in mezzo alla strada. Nell'oscurità del tendone, pensò, l'estasi collettiva avrebbe lasciato il posto al panico.
Henry gli tirò la manica e formò la lettera "S". La mano si mosse in su e in giù, veloce, scrivendo: « Sbrigati! » .
Si misero a camminare in fretta, e Charles si girò un'ultima volta a guardare la sagoma del tendone stagliata contro il cielo della sera. La folla si stava disperdendo in gruppetti eccitati: li osservò uscire, simili a formiche. Poi, d'improvviso, i pali più alti cedettero, e la struttura di tela sbandò come un grosso animale ferito, scatenando la fuga del gregge di Malcolm Laurie. Si accesero i fari delle auto e una lenta fila di macchine si diresse verso la statale.
Mentre Charles ed Henry attraversavano Owltown, le luci si spensero tutt'intorno e la notte si chiuse su di loro.
Chi poteva aver architettato quel piccolo miracolo? Un nome a caso: Mallory.
Ma certo! Grazie alla sua abilità di hacker , doveva aver sabotato la linea elettrica. Charles non riusciva a immaginare nessun'altra spiegazione per quel black-out selettivo seguito all'arrivo di Henry.
Così ora, oltre a essere nell'elenco di Henry e in quello dello sceriffo, i Laurie avevano anche l'attenzione di Mallory. Che degna avversaria per una famiglia di predicatori. Nostra Signora del Cyberspazio. Un vero demonio irresponsabile.
Finalmente arrivarono nella piazza di Dayborn. Mentre superavano la fontana, tutti i lampioni e le luci delle case si spensero.
Charles puntò lo sguardo sul bosco sull'altra riva del Finger Bayou, chiedendosi su quale albero Mallory si fosse arrampicata per seguire i loro spostamenti.
Dopo che Charles ed Henry ebbero attraversato il ponte, la tornò luce e tutti i telefoni di Owltown presero a suonare in lontananza. Charles disse: «Povero Malcolm. I piatti della colletta non avevano ancora finito il giro della prima fila».
Henry sorrise. « Allora non ha neanche coperto le spese per l'allestimento del tendone. In prima fila c'erano quasi solo parenti. »
Ma naturale. I componenti della famiglia mettevano tutti i loro soldi nel piatto della colletta, spingendo il resto del gregge a imitarli.
Nei boschi al di là del ponte si sentì un colpo di arma da fuoco. Henry non sembrò preoccuparsene.
« È solo Fred Laurie che se ne va di nuovo a caccia di gufi. L'ho visto entrare nel bosco. Oppure è Augusta che ha sparato a Fred Laurie. È un grave errore prendersela con i suoi gufi. »
Fred Laurie era a caccia, nel bosco. Gli occhi scuri si posavano su ogni ombra che si muovesse. Puntò il fucile e premette di nuovo il grilletto. Scivolò più vicino al suo bersaglio, ora poteva vederlo meglio. Aveva sparato a una foglia: trafitta dritta al cuore. Era la terza che colpiva, mentre i suoi fratelli davano spettacolo a Owltown.
Il Jane's Café si era rivelato un'ottima fonte d'informazioni. Origliando una conversazione, aveva appreso che lo sceriffo non permetteva più a Jane di portare il vassoio del pranzo alla prigioniera, e che quello della colazione non era stato toccato. Lo sceriffo era più sgarbato del solito, o almeno così raccontava Jane a Betty Hale, e la nuova vice non l'aveva nemmeno guardata quando le aveva chiesto se ci fosse qualcosa che non andava.
Betty aveva ammesso che a Jane non sfuggiva nulla. Forse Tom Jessop avrebbe dovuto nominare lei suo vice.
Poi era intervenuto nella conversazione il postino, con la sua parte di notizie: lo sceriffo era stato tutto il giorno in perlustrazione per le strade, cercando qualcuno, osservando ogni albero che riuscisse a scorgere dal finestrino dell'auto. Prima ancora, quella mattina, si era fiondato alla vecchia Casa Shelley.
La detenuta doveva essere scappata, svanita. Tutti erano d'accordo su questo, al Jane's Café. «Proprio come la madre» aveva detto Jane.
Fred era andato a Casa Shelley in cerca di Kathy, ma non ne aveva trovato traccia. Non poteva certo essersi avventurata nella palude intorno al Finger Bayou. Nessuno all'infuori di Augusta sapeva orientarsi in quel pantano. Il bosco era il luogo più probabile. Ecco dove andava cercata.
Emerse dagli alberi e si fermò in una radura per accendersi una sigaretta. Non avrebbe scoperto il corpo del cane, se non fosse inciampato nell'involto di tela nascosto sotto i rami. Accese un altro fiammifero e lo tenne sospeso su un tronco cavo. Dall'estremità spuntava un lembo di pelle nera. Non dovette tirarla fuori per sapere che si trattava della borsa da viaggio che per tre giorni era rimasta nell'ufficio dello sceriffo. Apparteneva a lei, come la bestiaccia avvolta nel sudario di tela.
Soffiò sul fiammifero. Passi? Sì, qualcuno si stava avvicinando.
In fretta Fred ricoprì il cane con i rami, poi tornò nel fitto del bosco. Si mise a tracolla il fucile e afferrò il ramo di un albero. Si issò con tutto il corpo nascondendosi tra il fogliame, prima che la donna arrivasse alla radura.
Aveva il passo leggero di un daino e la pelle più scura del colore della divisa. Ogni tanto si fermava e ascoltava. Quando si appoggiò alla nera corteccia di un albero, il contorno della pelle perse ogni definizione. Il cuore di Fred smise di battere per un istante. Riusciva a vedere l'uniforme ma non la donna che la indossava. Poi il cuore riprese a battergli con ritmo accelerato. Lei estrasse la pistola dal fodero e puntò la canna verso l'alto, continuando a guardarsi intorno. La vicesceriffo era immobile, in ascolto.
Riusciva a sentire il battito del cuore di Fred?
Certo che no, è impossibile. Tuttavia, lui si tenne una mano premuta sul torace.
La vicesceriffo Beaudare riprese a correre nel bosco, fermandosi una sola volta a guardare indietro. Correva con grazia, come i tanti cervi che Fred aveva ucciso.
Si fermarono sotto il pilone del telefono vicino al cottage di Henry Roth, che a segni disse: « Ci vediamo più tardi » e si allontanò, lasciando Charles nel mezzo della stradina sterrata.
Una voce conosciuta lo chiamò: «Charles, guarda su».
Risalì con lo sguardo il lungo pilone, fino a un viluppo di cavi e luci intermittenti.
Sicuro che Mallory fosse lassù, cominciò a salire la scaletta metallica.
Presto la scorse al lavoro sui fili. Afferrò uno dei bracci del pilone, e si trovò faccia a faccia con lei. Nel buio, i suoi capelli erano luminosi, i riccioli catturavano la luce della luna.
Lei gli rivolse un piccolo sorriso. Non le piaceva sprecare le parole, o forse non comprendeva il bisogno che ne avevano gli altri esseri umani. Aveva sempre preferito la compagnia delle macchine, silenziose, efficienti e poco inclini alla polemica. I colleghi del dipartimento di polizia di New York, la chiamavano "Mallory la Macchina".
«Ci rivediamo» disse Charles, e fece l'errore di guardare in giù, verso la strada. Dovette aggrapparsi con forza al pilone, concentrandosi sul viso di lei. «Vedo che lavori ancora senza rete…»
Mallory sembrava a suo agio, seduta nell'imbracatura di cuoio che recava il nome della locale società telefonica.
«Presumo che quella tu l'abbia rubata.»
Annuì distrattamente, senza offendersi. Era occupata a maneggiare fili scoperti. «Ho lavorato nel settore informatico di una società dei telefoni, su al Nord.»
Allungò una mano attraverso un intrico di fili per slacciargli la cravatta e togliergliela. Poi gli sbottonò il gilet, aprendolo in modo da esporre la camicia. Tra le stelle, insieme a Mallory, Charles pensò che quello era forse il momento più romantico della sua vita. Era ansioso di vedere cosa lei avrebbe fatto per rovinarglielo.
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