«Ha qualche dubbio, signor Butler?»
Charles incontrò gli occhi di Malcolm. Per sfuggire al suo sguardo indagatore, fece ricorso al vecchio trucco del prestigiatore: la sostituzione. «Signor Laurie, cosa pensa che vogliano veramente le donne?»
«Non ha importanza, signor Butler. Se si comporterà come le ho detto, non dovrà più preoccuparsi di chiederselo.»
Contro la sua volontà e ogni buon senso, a Charles quell'uomo era simpatico. Il carisma di Malcolm gli ricordava quello di Louis Markowitz. Aveva visto il suo vecchio amico attrarre a sé sconosciuti, avvolgendoli fin dall'inizio in una piacevole, calda intimità.
Mezz'ora più tardi, quando Malcolm si alzò dal tavolo, Charles gli strinse la mano con sincero calore. Dopo che la porta si fu richiusa alle sue spalle, il senso di benessere provato fino a quel momento svanì, sostituito da una specie di rimpianto. Charles si sentì solo.
Che cosa voleva davvero Mallory? Che cosa l'aveva indotta a ritornare in quel luogo? Non la nostalgia. Non aveva più alcun legame familiare con Dayborn. La madre era morta, e di una morte improvvisa, secondo Augusta Trebec.
Lo sceriffo afferrò le sbarre della cella di Mallory. «Non sei cambiata tanto. Sei soltanto più alta. Ti ricordi di me?»
Molto bene. L'ultimo ricordo che aveva dello sceriffo Jessop era il tradimento. Benché l'avesse sepolta profondamente dentro di sé, quella scena affiorava nei suoi incubi.
All'inizio, Louis Markowitz l'aveva soccorsa. Inondava la camera da letto di luce e la teneva stretta fra le braccia finché i suoi piccoli piedi, che nel sogno correvano nel fiume di sangue, si fermavano, e lei si svegliava posandoli su un pavimento solido e sicuro. Dopo la morte di Markowitz la sua vita aveva cominciato a disfarsi. E quelle immagini orribili erano tornate a perseguitarla.
Mallory aspettava che Tom Jessop si stancasse di essere ignorato, se ne andasse e la lasciasse in pace. Ma era un tipo testardo. Provò la tentazione di avvicinarsi alle sbarre e di graffiarlo. Le sue mani si serrarono a pugno, e le lunghe unghie rosse le affondarono nella carne sino a farle male.
Fissò i segni delle unghie sui palmi. Stava diventando pazza? Da quando Markowitz era morto non stava forse scivolando verso la follia? Non aveva nemmeno più il suo orologio da tasca. Gliel'aveva sequestrato lo sceriffo. Mallory aggiunse anche questa all'elenco delle offese ricevute.
«Sai com'è morta tua madre?»
Come se tu non lo sapessi. Non conosceva un'altra canzone, lo sceriffo? Era così stanca di sentire tutti i giorni le stesse parole. Mallory fissava la parete in silenzio.
«Quando eri piccola non parlavi molto» disse l'uomo sospirando. «Ma ridevi sempre. Eri la copia di tua madre. Manca anche a me, sai. Forse potremmo aiutarci a vicenda, Kathy.»
«Non chiamarmi così.» Si girò verso di lui, lo sguardo pieno di odio.
Sbigottito, lo sceriffo staccò le mani dalle sbarre. «Riesco a immaginare quello che stai pensando.»
Ah sì? Allora perché non crepi? Continuò a fissarlo finché l'uomo non distolse lo sguardo.
«Tu pensi che avrei dovuto chiudere il caso molto tempo fa, arrestando tutti i colpevoli.» Tornò a guardarla negli occhi. «Non credi che avrei voluto farlo più di ogni altra cosa?»
No. Non ci credo.
«Avrei voluto far loro qualcosa di molto peggio.»
Già, come no.
«E tu, che diavolo ti è successo?» Si attaccò di nuovo alle sbarre. «Eri una ragazzina solare. Guardati adesso. Hai gli occhi più gelidi che abbia mai visto. Se sapessi chi ti ha fatto questo, ti giuro che lo ammazzerei.»
Voleva toccarla, lo sentiva. Si ricordava la prima volta in cui lo sceriffo l'aveva lanciata in alto per poi riafferrarla e stringerla in un abbraccio vigoroso. Quanti anni poteva avere? Tre, quattro? Aveva strillato dalla gioia. Da quel momento in poi, ogni volta che l'aveva visto, gli era corsa incontro, sperando di essere ancora sollevata in aria dalle sue braccia.
Ma poi il mondo era cambiato.
Quattro giorni prima, quando lo aveva riconosciuto, avrebbe voluto sparargli.
«Quando formulerai la tua accusa, sceriffo?»
«L'accusa di omicidio? Mai. Tu sei un testimone sotto custodia.»
«Restituiscimi la pistola. Mi proteggerò da sola.»
«Forse sto proteggendo la città. Non m'interessa se hai fatto fuori Babe. Per quello, non ti toccherei neanche. Ma cosa succederebbe agli altri? Non posso permettere che tu dia la caccia a tutti.»
Mallory attese con calma durante il lungo silenzio che seguì e, finalmente, lo sentì allontanarsi lungo il corridoio. Appoggiò il viso alle sbarre e fischiettò alcune note di un motivo familiare.
Lo sceriffo vacillò e dovette appoggiarsi con una mano al muro. Continuò a camminare, ma con passo diverso, meno sicuro, a testa china.
Augusta cercò a fondo nelle tasche del vestito. «Non riesco a capire dove possano essere finite quelle chiavi. Stamattina le avevo.»
Il cavallo bianco al di là dello steccato abbassò la testa e le diede un colpetto alla spalla.
«Ecco, ora ricordo. Le ho date a Henry Roth. Mi aveva detto che avrebbe dato un'occhiata alla giuntura d'un tubo. Sai, l'idraulico di qui è un ladro.»
«Non voglio disturbare il signor Roth mentre lavora.» Charles accarezzò il muso vellutato del cavallo. Era un animale splendido.
«Non c'è problema.» Augusta tenne aperto il cancello del recinto e il cavallo uscì, strofinandole il muso sul collo. «Telefoneremo a Henry dopo cena.»
Attraversarono lo spazio aperto che si estendeva fra il recinto e una vecchia rimessa che necessitava di una mano di vernice.
Il cavallo non aveva la cavezza ma li seguiva, docile come un vecchio cane.
«Allora, Charles, come trovi la nostra piccola città? Noiosa?»
«Assolutamente no. Oggi ho conosciuto Malcolm Laurie. È un tipo affascinante.»
Augusta tirò il chiavistello di un'ampia porta ad arco che si spalancò su un interno scuro e fresco, pervaso da un odore acre di fieno e di cavallo. Dal fóndo di uno dei box giunse il rumore di acqua corrente, e il cavallo si diresse spedito verso l'abbeveratoio. Dopo aver richiuso la porta, Augusta guardò Charles con occhi severi.
«Non ti innamorare di Malcolm.»
Era un ordine.
«Scusa?» Credeva forse che lui fosse…
«Sai, erano anni che non facevo arrossire così un uomo. Vieni con me.»
Innamorarsi di Malcolm?
Gli fece cenno di seguirla. Charles le camminò a fianco, le mani infilate in tasca, cercando le parole giuste per protestare. Lei lo afferrò per un braccio, come aveva fatto quando si erano incontrati la prima volta.
«Calmati, Charles. Non intendevo nulla di carnale. Succede in continuazione che gli uomini si innamorino di altri uomini. Pensa a come sono idolatrati gli eroi di guerra e quelli dello sport. L'amore di un uomo per un altro uomo è molto più forte di quello per una donna.»
«Non è proprio la stessa cosa» disse, forse un po' troppo in fretta.
«Vuoi dire, non come il sesso? E invece sì. Malcolm usa il sesso proprio come una donna. È senza vergogna. Gli uomini ne sono affascinati come potrebbe esserlo una donna.»
Charles raddrizzò le spalle e affondò ancor di più le mani nelle tasche. «Il capo di una setta religiosa ha la devozione dei suoi seguaci. » Si chiese se il suo tono non fosse troppo sulla difensiva. «Ma basandoci sul profilo psichiatrico tipico di…»
«Lascia perdere il vudù psichiatrico.» Gli strinse più forte il braccio e lo guardò accigliata. «Non pensare alla cerniera dei tuoi calzoni, e fai attenzione. Stai attraversando un brutto momento, Charles. Sei vulnerabile, è facile persuaderti o ingannarti. Ci siamo passati tutti. Uomo o donna, ciascuno di noi sente a volte il bisogno di esser stretto fra le braccia. Malcolm ti ha invitato allo spettacolo di domani sera, vero?»
Читать дальше