«Strisciava da una stanza all'altra inseguendo quel flacone di pillole inutili. Io le camminavo accanto allontanando a calci il flacone dalla sua portata. Urlava, piangeva. Era terrorizzata. Avresti dovuto vedere la sua faccia mentre moriva. Non riusciva a credere a quello che le stava accadendo.»
«E che mi dici della sua sostituta, la tua matrigna? Immagino che tu abbia ucciso anche lei.»
«Sì. Facevo volare gli oggetti anche per lei. Neanche lei l'ha mai detto a nessuno. Credeva di stare diventando pazza. Secondo me, era già mezza pazza quando ho cominciato a lavorare su di lei.»
«Ma nel suo cuore non c'era niente che non andasse.»
«No. Ma il precedente del breve soggiorno all'ospedale psichiatrico rendeva la tesi del suicidio credibile. Avrebbero dovuto installare una protezione per i bambini su quella finestra, sai. Così stabilisce la legge.»
«Secondo i verbali degli investigatori dell'ufficio del medico legale, entrambe le donne erano sole al momento della morte.»
«Temo che la Tanner School non controlli a sufficienza i suoi allievi. Insegnanti e preside sono molto progressisti, la frequenza scolastica dipende dalla coscienza di ciascuno. Comunque non credo che qualcuno si sia preoccupato di controllare. Hanno pensato che io non fossi in casa. Nessuna delle due morti ha destato sospetti.»
Amanda appariva meno concreta mentre fluttuava sulla scala accanto a lui. «Ci sono ancora tre piani. Avresti dovuto prendere l'ascensore, Charles.»
«Me lo dici adesso.»
Il fianco gli doleva per l'esercizio inconsueto. Sentiva bruciare i polmoni, come se avesse ingoiato del fuoco.
«Non hai conservato qualche trofeo, Justin? Tutti i grandi nomi tra i serial killer conservano trofei di ogni assassinio.»
«Ho tenuto il falcone delle pillole, e i trucchi che usavo con la mia prima matrigna.»
«Come hai fatto a indurla a buttarsi dalla finestra?»
«Non si è veramente buttata. Ho aperto la finestra. Era una finestra grande. Poi ho preso il coltello e ho srotolato il filo che seguiva la traccia dell'impianto elettrico lungo il soffitto. Dovevo solo tenerla in linea con la finestra e farla arretrare. Quando vedi un coltello che fluttua verso di te, tendi ad arretrare in fretta. Quando arrivò alla finestra, priva di equilibrio, non mi restò che correre verso di lei e darle una spinta nella direzione in cui stava andando. Ci fu un momento in cui capì quello che le stava accadendo, e protese la mano per trascinarmi con sé.»
«Ma la nuova matrigna ha parlato a tuo padre degli oggetti volanti.»
«Sì, e la colpa è mia. Avrei dovuto passare più tempo con Sally, cercare di conoscerla meglio. Non avevo idea che fosse un tipo New Age con l'ossessione del paranormale. Ma la cosa sta tornando a mio vantaggio. Adesso è un'isterica accertata.»
«Quindi pensi ancora di ucciderla.»
«Be', certo. Ma prima ucciderò te. Mi sono divertito molto, Mallory. Veramente molto.»
Sollevò la pistola.
«Justin, quella pistola non può sparare» disse lei. «C'è la sicura inserita.»
«I revolver non hanno sicura. Hai altro da dire, Mallory?»
«Che ne dici di "Attento, c'è qualcuno dietro di te"?»
«Una battuta un po' scontata.»
Charles Butler era sul lato opposto della stanza, che in quel momento sembrava a Mallory lunga chilometri. Aveva in mano la Colt di Markowitz. Teneva la testa abbassata e girata da un lato, come se fosse distratto da qualcuno o qualcosa che Mallory non riusciva a vedere.
Charles, non deludermi adesso.
«Allora se dico al tizio alle tue spalle di spararti, niente rancori?»
Charles la stava guardando, gli occhi spalancati, scuotendo la testa da un lato all'altro.
Charles, non abbandonarmi.
Il ragazzo sorrise. «Sono le tue ultime parole, Mallory. Di' quello che ti pare.»
La canna si stava sollevando, mirando al suo viso, e lei urlò: «Sparagli, Charles!».
Charles sollevò la Colt e fece fuoco sul ragazzo, non una volta sola, ma premendo il grilletto all'impazzata, avanzando e continuando a sparare e sparare.
Il ragazzo aveva girato la testa al primo scatto della pistola scarica, e adesso fissava quel gigante impazzito dagli occhi spalancati e tristi, che avanzava verso di lui, premendo all'infinito il dito sul grilletto.
Mallory si spostò e il ragazzo registrò il suo movimento. La canna era puntata contro Charles quando il gatto uscì dal suo rifugio sotto il divano e si sollevò con leggerezza e grazia sulle zampe posteriori, danzando alla vista della pistola. Il ragazzo lo fissava esterrefatto. Mallory si tuffò per strappargli l'arma di mano. Partì un colpo, e il proiettile impresse al gatto una torsione innaturale, il sangue schizzò sul tappeto.
Il corpo di Kipling si afflosciò, gli occhi rotearono all'indietro, le palpebre si chiusero e il mento gli ricadde sul petto.
Prima che lei e il ragazzo atterrassero sul tappeto, Mallory era tornata in possesso della sua pistola.
«Ottimo…» disse, inchiodando il ragazzo sotto una gamba e alzando lo sguardo verso Charles.
La mano che reggeva la vecchia pistola di Markowitz gli pendeva sul fianco, ma la presa era ferma e il dito sul grilletto continuava spasmodicamente a sparare i suoi colpi a vuoto. La mano sinistra di Charles si aprì e la scatola delle munizioni cadde a terra, il sigillo intatto.
«Non hai mai caricato una pistola in vita tua, vero, Charles?»
«No, mai.»
Si era lanciato contro il ragazzo con una pistola inutile, senza protezione e senza esitazioni. La pistola scarica in realtà spiegava l'assenza di esitazioni. Non avrebbe potuto sparare così, non con gli occhi fissi su un bambino. Charles era un tipo mite e civilizzato; certe cose nel suo mondo erano addirittura impensabili. Grazie al suo coraggio e al suo bizzarro modo di pensare, aveva rischiato la vita attirando il fuoco su di sé in modo da farle guadagnare tempo.
Riker e Martin stavano varcando la porta, prima Martin, poi Riker che gli ansimava dietro, le pistole spianate. Fissarono Kipling legato e il ragazzo inchiodato sotto Mallory.
Riker le si accucciò accanto, ansimando in cerca delle manette. In un attimo le mani del ragazzo furono assicurate dietro la schiena.
«Come avete fatto ad arrivare così presto?» chiese Mallory. Era un'accusa.
«Charles ha attratto la mia attenzione quando l'ho visto sfrecciare come un fulmine accanto alla macchina.» Riker si tolse un piccolo oggetto dall'orecchio. «Ho sentito tutto. Ho piazzato una cimice molto illegale nell'appartamento l'ultima volta che sono stato qui. Ho imparato molte cose da te, bambina.»
Tastò le tende cadute sul pavimento. «Che disordine, Mallory. Non è da te.»
Martin ripose la pistola nella fondina. «L'audio andava e veniva. Per la maggior parte del tempo ho sentito solo un rumore simile a un piccolo motore. Riker mi ha spiegato che era un gatto che russava. Si diverte sempre a prendermi in giro.»
Riker rivolse la sua attenzione a Charles. «Puoi smettere di premere il grilletto? Mi dà sui nervi.»
Mallory si alzò e si diresse verso Charles. Gli tolse la pistola. Poi richiuse la mano sulla sua per fermare il dito che continuava a sparare con una pistola che non c'era più.
Charles guardava il ragazzo. Justin era immobile, calmo. Distolse gli occhi da quelli di Charles per guardarsi dentro. C'era qualcosa di allarmante in quel suo broncio da bambino vero, da bambino arrabbiato.
Martin sovrastava Kipling. «E morto?»
«No» disse Mallory. «È svenuto quando ha sentito il primo sparo.»
Riker e Mallory si scambiavano parole senza parlare. "Pensi ancora che l'abbia sottovalutato?", chiedeva lei con una lieve alzata del mento. "Hai vinto, Mallory", rispondeva lui sollevando un pollice.
Martin stava tirando fuori le manette.
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