Carol O'Connell - Amanda È Morta Nel Parco

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Il cadavere di una donna dalle mani spappolate viene ritrovato al Central Park di Manhattan. In assenza di impronte e di documenti il detective Palanski identifica la vittima in base al nome sull'etichetta della giacca: è Cathy Mallory, geniale e irriducibile cane sciolto della sezione Crimini Speciali della Polizia di New York, recentemente sospesa dal servizio per motivi disciplinari. Quando il notiziario di mezzogiorno la informa della propria morte, Mallory si getta nelle indagini con foga. E scopre che la vittima è in realtà Amanda Bosh, venticinquenne da tempo coinvolta nella relazione con un facoltoso uomo sposato. Per stanare l'assassino Mallory è pronta a tutto, persino a trasformarsi in un vera e propria esca umana.

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Le braccia lo sollevarono e lui si beò del calore della sua pelle. Poi ricadde sulle mattonelle del pavimento del bagno.

La luce si spense, la porta sbatté e lui sedette solo nel buio, chiedendosi che cosa avesse fatto di sbagliato questa volta.

Mallory, la bugiarda consumata, si era autoesclusa dal poker a causa di una bugia. Il suo personale codice d'onore era perverso e contorto.

Charles aveva imparato a mentire e a tradire in una sola notte. Mallory sarebbe stata fiera di lui per essere caduto così in basso.

No, non lo sarebbe stata. Ma lei non avrebbe mai saputo quello che aveva fatto. Anche se si sarebbe volentieri confidato, era legato alla promessa di silenzio che aveva fatto a Slope. Un peccato di omissione.

Come gli aveva spiegato una volta Riker, la storia di Mallory apparteneva solo a lei. Avrebbe detestato l'intrusione, una cospirazione di consapevolezza. Slope non avrebbe mai parlato a Riker di quella sera. Menzogne e tradimenti sarebbero passati inosservati. Nuovi peccati di omissione.

Non poteva permettersi di seguire il suo esempio ed escludersi dal poker. Lei gliene avrebbe chiesto la ragione, lui sarebbe stato costretto a mentire, lei non ci sarebbe cascata, e il danno sarebbe stato ancora maggiore.

Una volta alla settimana, seduto al tavolo da gioco di fronte a Edward Slope, la consapevolezza delle sue colpe lo avrebbe tormentato.

Né poteva confessare tutto a Riker, non senza che la ragnatela di bugie si allargasse. Desiderò essere un cattolico praticante, così da potersi confessare con qualcuno.

Lo schema della ragnatela era diventato troppo intricato. In quel viluppo di fili stava perdendo il sonno. Ma alla fine il sonno arrivò. Visioni di una bambina che correva nel buio, inseguita da cose ancora più scure che avrebbero potuto essere ragni. E quando lei scivolò nel sangue, si svegliò di colpo.

Per scacciare le immagini e i sogni prodotti da una notte di bugie, la sua mente fu inondata di musica, e adesso la sua punizione era nella stanza con lui. Chiuse gli occhi e provò a far cessare la musica. Ma udiva i passi leggeri di Amanda attorno al letto.

«Interessante, direi» disse Amanda. «È stata capace di fare finta di dormire mentre nella stessa stanza un altro bambino veniva barbaramente ucciso.»

No, per favore. Non voglio pensare a questo.

«Andiamo, Charles, non smetterai mai di pensarci. Non è la reazione che ci si aspetterebbe da una bambina, vero?»

Da quando in qua Mallory era prevedibile?

Tenne gli occhi chiusi, sperando di minimizzare la portata del danno alla sua mente. Non sapeva come mandarla via.

Amanda continuò a camminare, anzi i suoi passi diventarono più pesanti. Aspettava una risposta come avrebbe fatto una donna in carne e ossa.

Rivolgendo le sue parole al soffitto disse: «Non era la madre che Mallory vide morire. Su questo ti eri sbagliata».

«Ne sei sicuro?» Amanda smise di camminare per un momento. «Rimase immobile mentre torturavano un bambino. Giocò a fare il morto…»

«Era paralizzata dalla paura. Non ci sono fatti a sostegno…»

«La logica e i fatti ti hanno ingannato altre volte, Charles. Un medico legale qualificato sostiene che si sia finta addormentata. Io credo che avesse fatto un po' di pratica assistendo a un altro fatto di sangue. Forse quella volta la vittima era sua madre, come nel caso di Justin.»

Si girò per fronteggiare quella donna che non c'era, tuttavia continuò a tenere gli occhi chiusi. «Amanda, tutto ciò è ridicolo. La madre di Justin è morta per un attacco di cuore. I maltrattamenti sono la chiave del legame fra i due. Mallory riconosce nel ragazzo i segni delle violenze subite. Neanche Mallory potrebbe leggere un omicidio negli occhi del ragazzo.»

Tracce del concerto vagavano per la sua mente. Recitò in un sussurro l'alfabeto greco. La musica scomparve. Amanda no. Aprì gli occhi alla pallida luce della luna e alle luci più intense dei lampioni che si riversavano dalla finestra nella camera da letto. Girò il viso verso il muro di fronte, dove il suo incubo più recente si stava muovendo sulla carta da parati. Amanda aveva imparato a proiettare un'ombra.

Capitolo Settimo

26 dicembre

Le minacce alla cameriera non sortirono risultati. Forse era vero che Betty Hyde non era in casa quella mattina. E neanche Eric Franz rispondeva al telefono. Ma il giudice era in casa, e anche Harry Kipling.

Prese la busta di plastica contenente la pistola giocattolo e la tenne davanti alla telecamera per registrare la serie di prove scritta sul sigillo, poi la rottura del sigillo. Estrasse la pistola giocattolo e la mise sul tavolo del soggiorno.

Tornata allo studiolo, controllò l'attrezzatura con la quale aveva appena registrato la prova.

Mentre andava in ingresso, quattro specchi a muro dorati catturarono il riflesso rapido della sua T-shirt, della fondina e dei jeans. Si stava infilando il nuovo blazer di cashmere, identico a quello che portava Amanda Bosch il giorno in cui era morta. Il sarto l'aveva copiato alla perfezione. Non che la maggior parte delle persone avrebbe apprezzato i dettagli.

Aveva avuto la tentazione di riprodurre la bruciatura di sigaretta sulla manica, ma il fantasma di Helen Markowitz gliel'aveva impedito. Helen avrebbe disapprovato anche il rigonfiamento che alterava la linea della giacca. Mallory si fermò allo specchio dell'entrata, controllando con occhio critico il rigonfiamento rivelatore. Chiamò il gatto, e il gatto venne. Schioccò le dita, e il gatto le saltò in braccio e le strofinò il muso contro il collo. Si guardò nuovamente allo specchio. No, non avrebbe funzionato. Il gatto che si contorceva non avrebbe nascosto il rigonfiamento della pistola. A meno che, naturalmente, non l'avesse ucciso e usato come corpetto di pelliccia.

Rimise il gatto sul pavimento, si tolse il blazer dalle spalle e si sfilò la fondina. Fece scivolare la pistola nel cassetto del tavolino sotto lo specchio. Si rimise la giacca e schioccò le dita per richiamare il gatto. Senza un minimo di rispetto per se stesso né d'orgoglio, il gatto tornò a saltarle in braccio.

Mallory uscì dall'appartamento e si avviò per il corridoio, meravigliandosi del fatto che i vicini non uscissero sulla soglia al suo passaggio per indagare sul fracasso prodotto dalle fusa. Si fermò alla porta dell'appartamento del giudice Heart e bussò. Una replica della notte precedente: la catena era stata apparentemente rimessa al suo posto. Dallo spiraglio della porta il giudice la fissò.

«Voglio vedere sua moglie» disse Mallory.

«Vada via.»

«Posso essere discreta oppure no. Dipende da lei. Voglio controllare se sta bene. Voglio vederla ADESSO!»

La porta si richiuse. Il giudice tolse la catenella e le aprì. Chiamò: «Pansy! Pansy!».

Pansy Heart comparve in ingresso. Sul suo viso c'erano solo i segni della notte precedente, nessun segno nuovo.

«Arrivederci» disse Mallory, voltandosi per uscire. In corridoio si girò a guardare il giudice. «So cos'hai fatto, e ti inchioderò.»

Mentre la porta si richiudeva, sulla faccia del giudice Heart comparvero ombre rosse di rabbia.

Al piano superiore bussò alla porta dei Kipling. Ad aprire fu il figlio. Questa volta lo sguardo che le rivolse fu neutro, senza tracce di apprezzamento. Harry Kipling era seduto a tavola. Guardò il gatto e si alzò rapido in piedi. Ma non abbastanza rapido. Uno spaniel si stava lanciando attraverso il tappeto in direzione del gatto, le mascelle spalancate e la gioia negli occhi.

L'appartamento era tranquillo, nessun rumore che indicasse la presenza di un essere vivente, neppure di un gatto. La quiete fu rotta da un paio di piedi che attraversavano l'entrata trascinandosi un'ombra dietro i talloni. L'intrusione durò poco, perché il revolver si trovava nel primo cassetto che aprì. Il metallo della pistola luccicò nel tragitto che lo portò dal cassetto al buio di una borsa. Il ladro lasciò l'appartamento camminando senza provocare il minimo rumore.

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