Kate Wilhelm - La casa che uccide

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La casa che uccide: краткое содержание, описание и аннотация

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In cima alle scale, intanto, Constance si era tolta una scarpa e la batteva contro la porta. Sapevano entrambi che era un gesto inutile, il locale era troppo ben isolato.

Nel montavivande Charlie trattenne il fiato immaginando quanto dovesse essere tossica quell’aria. Quando la cabina si fermò i suoi polmoni erano in fiamme, la testa gli pulsava, e a ogni battito gli pareva di vedere il reticolo delle vene riflesso nei suoi stessi occhi. Quando la porta si aprì Charlie uscì barcollando, vacillò, annaspò e cercò di precipitarsi verso la porta in fondo alla dispensa e di arrivare in corridoio. Camminava come un ubriaco. Andò a sbattere contro un muro, si allontanò con una spinta, raggiunse la porta della cella frigorifera e armeggiò con il chiavistello. Quando finalmente aprì la porta Constance gli cadde tra le braccia.

18

C’erano state occasioni in cui Constance aveva colto nello sguardo di Charlie una rabbia talmente grande da intimorirla. La volta in cui la moglie di Stan Walinowski era stata picchiata tanto violentemente da aver perso un occhio, alla notizia Charlie era rimasto impietrito. Lui e Stan lavoravano insieme, e in seguito all’aggressione di Wanda Walinowski entrambi avevano cominciato a fare degli straordinari, a lavorare durante i fine settimana, oltre l’orario previsto, finché un giorno Charlie era rientrato a casa con uno sguardo angustiato, spaurito, e quella sera aveva fatto l’amore con lei in modo appassionato. Il giorno seguente aveva insistito affinché imparasse le tecniche di autodifesa e le aveva spiegato che se qualcuno le avesse messo le mani addosso non ci avrebbe pensato due volte a uccidere quel figlio di puttana. Né in quel momento né in seguito dubitarono del fatto che lo avrebbe ucciso veramente. Lui e Stan ripresero degli orari più regolari e nessuno parlò più di quella terribile aggressione né del colpevole.

Quel pomeriggio Charlie era impietrito proprio come allora, pensò Constance. Anzi, era raggelato. Era diventato un pezzo di ghiaccio. Dwight li trovò sui gradini della veranda appoggiati l’uno all’altro intenti semplicemente a respirare.

«Cos’è successo?» chiese.

Charlie non rispose e Constance gli raccontò quel che era accaduto.

«Santo cielo, state bene?»

Appena Constance annuì, Dwight si allontanò in tutta fretta seguito da Howie. Pochi minuti dopo era di ritorno. «Non ci sono impronte» disse con disappunto. «La valvola dell’ossigeno era stata completamente chiusa e quella del biossido di carbonio completamente aperta.»

Charlie non alzò nemmeno lo sguardo.

«Quando sono usciti dalla sala tv e dalla biblioteca?» domandò Constance.

«Subito dopo che vi ho lasciato. Mrs Ramos stava preparando il pranzo. Mi sembrava inutile tenerli chiusi in una stanza dopo aver ritrovato la pistola.»

Constance scosse lievemente la testa. «Ma certo. Non è stata colpa sua, Dwight, lo sappiamo.» Che bravo fratello minore sarebbe stato, pensò Constance, così sollecito, così… Si rese conto con un sussulto che lo sguardo di Dwight esprimeva una grande consapevolezza, e quello sguardo era rivolto a Charlie. "Un altro caso di solidarietà tutta al maschile" pensò vagamente Constance. Dwight sapeva che Charlie si era trasformato in un pezzo di ghiaccio e ne comprendeva le ragioni.

«Che ne direste se andassi a prendere dei panini?» disse Dwight con un entusiasmo un po’ eccessivo. «Non avete mangiato niente e io nemmeno.»

«Cominci pure a mangiare» gli rispose Constance. «Prima voglio salire in camera. Ho bisogno di lavarmi, mi sento sporca.»

Prima ancora che avesse terminato di parlare, Charlie si era già alzato. Constance si rese conto che quello era solo l’inizio. Charlie non l’avrebbe lasciata sola nemmeno un secondo finché non fossero stati lontani da Smart House.

Constance gli prese la mano e si accorse che era ghiacciata. «Be’, non è stato un vero attentato alle nostre vite» disse. «Non con il montacarichi come via di fuga. L’intenzione era solo di spaventarci.»

Dwight parve a disagio, guardò alternativamente lei e Charlie e disse lentamente: «Lo è stato. Sembra che nella dispensa qualcuno abbia cercato di forzare l’apertura della porta del montavivande con un palanchino. Se ci fosse riuscito la porta della cella frigorifera non si sarebbe aperta. Se Charlie non lo avesse anticipato forzando a sua volta la porta e riuscendo a tenerla aperta, l’assassino sarebbe riuscito nel suo intento.»

Charlie le strinse la mano con troppa forza.

«Charlie, stia calmo, d’accordo?» disse Dwight ancora con una certa esitazione. «Vecchio mio, non commetta stupidaggini.»

Finalmente Charlie lo guardò e sorrise. «Fare qualcosa di stupido a Smart House? Mi butterebbero fuori a calci nel sedere. Ha intenzione di richiamare i sommozzatori?»

«Sì, saranno qui alle sei e trenta.»

«Bene, andiamo a darci una lavata.» Tirò Constance per la mano, entrarono in casa e salirono in camera.

Constance si fece la doccia e cercò di lavare via il senso di profanazione che provava. Le persone che subivano furti in casa dicevano di sentirsi così, pensò Constance continuando a lavarsi energicamente, e anche le vittime di violenza. Chiuse gli occhi con forza e lasciò che l’acqua bollente le cadesse sul viso, sulla testa. Profanata. Qualcuno aveva voluto ucciderla, aveva voluto uccidere Charlie. Se uno dei due fosse caduto a terra, non c’era dubbio che sarebbe morto, o forse sarebbero morti tutti e due, soffocati dall’ondata di anidride carbonica che si sarebbe depositata sul pavimento accumulandosi gradatamente fino a riempire la stanza. Scosse la testa rabbiosamente, decisa a smettere di pensare a quanto era accaduto, e invece rivide Charlie steso a terra sul pavimento, la faccia immersa nella pozza di veleno.

Charlie le andò incontro sulla porta del bagno, l’abbracciò e le annusò i capelli bagnati. «Sei tutta corrugata come un’uva passa» le disse infine allontanandosi per guardarla meglio. «Stai bene?»

«Più o meno come puoi immaginare che stia un’uva passa. Cosa stai facendo?»

Le valigie erano sui letti, alcuni vestiti erano stati piegati malamente e riposti già nelle valigie mentre altre cose erano semplicemente ammonticchiate lì accanto.

«Leviamo le tende» rispose, e guardò mestamente il caos che era riuscito a fare. «Non dormiremo più a Smart House, ci trasferiamo in un albergo o in un motel.»

Come riuscivano i suoi occhi a fare quello che facevano, si domandò Constance. Alcune volte sembravano diventare inespressivi, opachi come una roccia levigata. «D’accordo» disse senza discutere. «Farò i bagagli, ma a una condizione, che prima mangiamo un boccone.»

«Non qui però.» "Pessima mossa mangiare nella casa in cui qualcuno ha tentato di ucciderti" pensò Charlie. «Infilati qualcosa che saltiamo in macchina e andiamo in un posto dove si possano ordinare frutti di mare al vapore, birra e raffinatezze di questo tipo.» Guardò i fogli sulla scrivania. «Effettivamente è una buona idea toglierci di qui per un po’. Quelli li porto con me e non torneremo prima delle sei e mezzo.»

Incrociarono Dwight nel corridoio del piano terra. Il capitano diede loro le indicazioni per un ristorante specializzato in molluschi e disse che se tra un paio d’ore, intorno alle cinque e mezzo, fossero stati ancora lì, li avrebbe raggiunti.

I frutti di mare erano perfetti, considerò Charlie con soddisfazione dopo che ebbero terminato anche il secondo piatto da portata. Anche il tavolo era perfetto, con una bella vista sull’oceano e, cosa ancora più importante, una bella luce. La signora di mezza età dalla faccia simpatica che li aveva serviti ritornò con il caffè e i menù per il dolce, gli stessi a cui avevano già dato una scorsa all’inizio del pranzo. Charlie domandò se a qualcuno dispiaceva il fatto che occupassero il tavolo ancora per un po’, ma la donna, sorpresa, domandò perché avrebbe dovuto dispiacere a qualcuno. Avevano a disposizione un tavolo ben illuminato e del caffè, cominciarono a sparpagliare i documenti che avevano portato. Constance si dedicò a quelli che Charlie aveva già letto, come l’assetto societario, le perizie del medico legale su Gary e Rich, le previsioni finanziarie… Sperò ardentemente che tra quei fogli ci fosse anche l’inventario stilato da Bruce e mormorò: «Dannazione!»

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