Iain Banks - Complicità

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Cameron, reporter del Caledonian e maniaco di computer game, si mette sulle tracce di un nemico crudele, un uomo solo che si erge a giudice, giuria e boia di tutti coloro che hanno commesso un errore troppo grave per essere perdonato. Quale oscura complicità lega Cameron all’inafferrabile serial-killer?

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Il braccio di mare è increspato e scuro, e le onde vanno veloci, sospinte dal vento proveniente da est. Due dragamine stanno passando sotto il ponte, dirette verso Rosyth; un’enorme petroliera è ferma, al terminal petrolifero di Hound Point, con due rimorchiatori che le fanno compagnia; lì accanto, ci sono anche due gigantesche gru su chiatte. Sono lì da quasi un anno: stanno costruendo un secondo terminal. Una petroliera più piccola si sta dirigendo verso il mare aperto, bassa sull’acqua dopo aver caricato alla raffineria di Grangemouth. A nord, oltre Incholm, una gasiera dallo scafo dipinto di rosso è ferma a Braefoot Bay, e sta caricando dal gasdotto collegato all’impianto di Mossmorran — qualche chilometro all’interno della costa — la cui posizione è indicata da due pennacchi bianchi di vapore. Osservo tutta questo movimento, sorpreso di quanto sia ancora industrialmente attivo il nostro vecchio fiume.

Sopra tutto questo, i gabbiani volteggiano e si lasciano portare dalle correnti, sospesi nell’aria con il becco aperto, urlando nel vento. Gli edifici, le torrette, le baracche e le postazioni per i cannoni della piccola isola sono tutti coperti di guano.

Mi sfrego la nuca, ma sussulto nel toccare il bernoccolo. Guardo il telefono stretto in mano, respiro la frizzante aria marina e tossisco.

La tosse continua per un po’, poi smette.

Allora, che faccio? Un nuovo tradimento, anche se è un tradimento che Andy sembra volere? O taccio e divento a tutti gli effetti suo complice, lasciandolo libero di uccidere e mutilare Dio solo sa chi altri… Un radicale libero nella nostra corruzione sistemica?

Che cosa devo fare?

Scuotiti, Cameron: guardati intorno fra questi relitti di cemento e osserva il fiume pulsante di attività, cerca un’ispirazione, un indizio, un segno. Oppure fa’ qualcosa che distragga la tua mente da una decisione che sicuramente rimpiangerai, qualunque essa sia.

Compongo un numero sul telefono.

Si sentono vari bip. Intanto osservo le nuvole che corrono molto in alto. Poi finalmente arriva la comunicazione.

«Sì, pronto», dico. «Vorrei parlare con il dottor Girson, per favore. Sono Cameron Colley.» Mi guardo in giro, cercando di vedere Andy, ma di lui non c’è traccia. «Sì, Cameron. Esatto. Mi chiedevo se ha già i risultati… quindi… Be’, se potesse darmeli adesso sarebbe… Sì, per telefono, perché no?… Sì, credo di sì. Be’, si tratta di me, no, dottore?… Voglio sapere… Senta, lasci che le faccia una domanda diretta, dottore: ho un tumore ai polmoni? Dottore… dottore… no, dottore… Senta, vorrei una risposta diretta, se non le dispiace. No, non credo… La prego, dottore. Ho un cancro? No, sto cercando di… no, voglio solo… no… Senta, ho un cancro?… Ho un cancro? Sì o no?

Alla fine il medico perde la pazienza e fa l’unica cosa furba: riattacca.

«Ci vediamo domani, dottore», sospiro.

Spengo il telefono e mi siedo sul gradino. Osservo l’acqua e i due lunghi ponti sotto il cielo azzurro striato dalle nuvole. Una foca fa capolino dall’acqua a una cinquantina di metri. Ballonzola per un po’, scrutando l’isola e forse me, poi scompare di nuovo tra le onde.

Guardo la pulsantiera del telefono e avvicino il dito.

Per quanto ne so, Andy potrebbe anche tornare indietro, dirmi, tutto allegro: «Ciao!» e poi farmi saltare le cervella, così, giusto per principio.

Non so.

Il dito indugia sui pulsanti, poi si ritrae.

No, proprio non so.

Resto lì seduto, al vento e al sole, tossendo, con il telefono stretto fra le mani.

» SLEEP WHEN I’M DEAD «

Proprio nel cuore della grandiosa e grigia eleganza di questa città in festa c’è un tetro nucleo di oscurità, un universo antico e dimenticato di malattia, di disperazione e di morte. Sotto l’imponente edificio ottocentesco della City Chambers, infilato nel fianco ripido della collina, tra la S sopraelevata di Cockburn Street e la spianata in acciottolato di High Street, davanti alla cattedrale di St. Giles, c’è un quartiere della città vecchia che fu murato quattrocento anni fa.

Mary King’s Close fu abbandonato e sepolto nel XVI secolo, esattamente nello stato in cui si trovava, intatto, a causa della peste che aveva mietuto moltissime vittime negli edifici popolari concentrati in questa zona della città e che, all’epoca, erano gremiti come conigliere. I corpi dei defunti vennero lasciati nelle case, trasformate quindi in sepolcri comuni, e rimasero lì a marcire. Le ossa furono rimosse soltanto molto tempo dopo.

E così, quella vecchia, fredda isola di oscurità totale si trova ancora oggi al centro dell’ammasso di detriti morenici posto a est della cupola vulcanica che forma lo spuntone di roccia su cui sorge il castello, nelle viscere profonde di questa capitale addormentata.

E tu ci sei stato.

Ci sei andato cinque anni fa, insieme con Andy e con le ragazze che uscivano con voi a quell’epoca. Andy, che si trovava in città per l’inaugurazione della filiale di Edimburgo del Gadget Shop, aveva chiesto un favore a certe persone di sua conoscenza che lavoravano in Comune ed era riuscito a organizzare una visita. Così, per ridere, aveva detto.

Il posto era più piccolo e buio di quanto ti aspettassi e odorava di umido; le pareti e i soffitti anneriti stillavano acqua. Le ragazze avevano avuto paura ed erano state costrette a risalire i gradini fino al corridoio al piano superiore, dove si era fermato il vecchio custode che vi aveva fatto entrare. Poi, alcuni minuti dopo, quando le luci si erano spente all’improvviso, tutto era piombato nell’oscurità più totale e assoluta che tu avessi mai sperimentato.

La ragazza che stava con Andy aveva lanciato un breve urlo, ma Andy si era limitato a ridacchiare e aveva tirato fuori una torcia. Aveva organizzato tutto con il custode: era uno scherzo.

In quei momenti di buio, però, rimanesti immobile, quasi fossi diventato di pietra anche tu, proprio come quelle rachitiche costruzioni sepolte che ti circondavano, e, nonostante il tuo colto cinismo, la tua essenza di maschio occidentale materialista del XX secolo, nonostante il tuo feroce disprezzo per qualsiasi superstizione, provasti un attimo di puro, assoluto terrore, una paura del buio del tutto primordiale, una paura le cui radici affondavano in un tempo dimenticato, prima che la tua specie diventasse veramente umana e arrivasse a conoscersi. E, in quel primitivo specchio dell’anima, in quel penetrante momento di autocoscienza che sondava gli abissi della storia collettiva e del tuo essere individuale, tu — in quell’istante dilatato, impietrito — intravedesti qualcosa che era te stesso e che non lo era, che costituiva per te una minaccia, ma non del tutto, che era in parte tuo nemico e in parte no, ma che possedeva un’indifferenza assoluta e adeguatamente funzionale più raccapricciante del male stesso.

E così te ne stai seduto sui Salisbury Crags, ripensi a quel luogo di totale oblio che se ne sta ancora al suo posto, laggiù, e osservi la città, autocommiserandoti e maledicendo la tua stupidità e l’ottusità istituzionalizzata, l’avidità legalizzata e criminale delle multinazionali, dei governi, degli azionisti: di tutti quanti.

Una palla da tennis.

Dicono che è grande più o meno come una palla da tennis. Infili una mano sotto il cappotto, poi sotto la giacca e premi sotto la costola fluttuante sulla parte sinistra. Dolore. Non sei sicuro di sentirla, la cosa, non sai se è cresciuta o no. Tossisci appena mentre schiacci, e il dolore peggiora. Smetti di premere e il dolore diminuisce.

Un’operazione, iniezioni, chemioterapia. Nausea e calvizie precoce, anche se probabilmente temporanea.

Ti chini in avanti, dondolandoti avanti e indietro e guardando le guglie, i tetti, le torrette, i camini, gli alberi della città, quindi i parchi, la campagna e i due ponti. Un po’ più a destra vedi Cramond Isle, Incholm, Inchmickery e Inchkeith. Inchmickery sembra piccola e affollata di edifici, con due torrette che svettano sopra tutto il resto.

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