«Ce la fai a guidare con quel braccio?»
«A guidare e a sparare. Da come vanno le cose mi sa che avremo bisogno di entrambe le possibilità.»
Quando un’ora dopo uscirono dal parcheggio dell’ospedale a bordo del fuoristrada di Michelle, King disse in tono acido: «Be’, se non altro stavolta non mi hanno fatto saltare per aria la casa».
«Ammiro molto gli uomini capaci di trovare risvolti positivi in qualsiasi situazione.»
«Ora non mi resta che un’ultima sfida.»
Michelle lo guardò con espressione confusa. «Quale?»
«Sopravvivere a casa tua.»
Alle prime luci dell’alba Sally Wainwright si alzò dal letto per iniziare la sua giornata di lavoro. Doveva dare la biada ai cavalli, farli uscire per una galoppata e strigliarli. Doveva pulire i box dallo sterco, spargervi paglia nuova, sistemare selle e briglie, oltre a un mucchio di altre noiose incombenze che le avrebbero fatto passare in fretta le ore. Sempre la prima ad alzarsi al mattino, e solitamente la prima a coricarsi la sera, i movimenti di Sally quel giorno erano più lenti del solito, dopo che la sera prima si era ritirata a tarda ora. Era in ansia e aveva paura di ciò che poteva accadere dopo la conversazione avuta con King. Eppure, proprio come aveva detto lui, era stata la cosa giusta da fare. Se non altro tutti avrebbero saputo senza ombra di dubbio che Junior era innocente.
Sally si vestì e uscì di casa nell’aria frizzante di prima mattina. Le sue grandi falcate la condussero velocemente alle scuderie. Si accostò al box del primo cavallo, una bella bestia che stava cercando diligentemente di domare. Si domandò per quanto tempo ancora avrebbe lavorato nella tenuta dei Battle. Solo Savannah e Eddie andavano a cavallo, e con la probabile partenza di Savannah, ci sarebbe stato ancora bisogno di scuderie e cavalli? Forse era arrivato il momento di trasferirsi altrove. Troppe tragedie, troppe morti. Solo a pensarci le vennero i brividi.
Il coltello seghettato tagliò il collo di Sally come la lama affilata di un bisturi, recidendo la carotide e la giugulare, le altre vene e arterie del collo, tagliando talmente in profondità, in effetti, da incidere persino le vertebre cervicali nel suo slabbrato taglio a mezzaluna dall’orecchio sinistro all’orecchio destro. Sally sputacchiò sangue e saliva, balbettò tentando di parlare, sentì il sangue caldo colare a fiotti e imbrattarle la parte anteriore della camicetta, svuotando il suo corpo molto più in fretta di quello che ci sarebbe voluto per riempirsi. Cadde di schianto prima in ginocchio e poi a faccia in giù. Il cervello traumatizzato e intontito di Sally Wainwright le fece capire di essere stata assassinata un istante prima che spirasse.
Il suo assassino usò il rastrello da fieno per girarla sulla schiena. La giovane donna aveva gli occhi sbarrati e fissi verso l’alto, anche se ormai, naturalmente, non poteva più vedere il suo aggressore. Il rastrello le calò con forza dall’alto sulla faccia, rompendole il naso. Un altro colpo le squarciò brutalmente una guancia; il terzo le frantumò l’orbita dell’occhio sinistro. Ora che i violenti colpi cessarono, la madre di Sally non avrebbe saputo riconoscere la propria figlia.
Il rastrello e il coltello furono lasciati cadere accanto al cadavere mentre l’omicida indugiava sul luogo del delitto. La faccia stravolta da un’espressione di furia, di odio per la donna caduta. Un momento dopo Sally restò sola nella sua immobilità mortale, sulla paglia sparsa che la circondava impregnata del suo sangue. L’unico rumore era quello del cavallo che urtava lo sportello di legno, facendolo traballare, in attesa impaziente della solita galoppata mattutina; una cavalcata che non sarebbe avvenuta.
King si distese sul lettino nell’angusta stanza degli ospiti, del piccolo cottage della sua socia. Mentre il cielo si schiariva, udiva Michelle di sotto in cucina armeggiare rumorosamente con piatti e tegamini, e tremò al pensiero dell’indigesta sbobba che gli stava preparando questa volta. Michelle cercava sempre di convincerlo a bere intrugli ipervitaminizzati e a rosicchiare barrette energetiche a basso contenuto calorico, o senza carboidrati, o soltanto con i carboidrati “giusti”, promettendogli solennemente che il suo corpo avrebbe percepito il miracoloso cambiamento da un giorno all’altro.
«Non ho molta fame» tentò di gridare debolmente. «Prepara solo qualcosa per te, magari un po’ di cartone leggermente caramellato.»
Pentole e utensili continuavano a produrre rumori metallici e l’acqua a scorrere nel lavello. King udì distintamente un frangersi di gusci d’uovo e poi il rumore di un frullatore che veniva avviato.
«Oddio» bofonchiò, e tornò ad abbandonarsi contro i cuscini. Uova crude frullate con chissà cosa. Decise di dedicarsi alle riflessioni sul caso, tanto per distogliere la mente dall’incombente incubo culinario.
Sette omicidi, cominciando con Rhonda Tyler e finendo — almeno per il momento — con Kyle Montgomery. Era convinto che cinque fossero opera dello stesso assassino. Bobby Battle e Kyle no, pensò. Non avrebbe saputo dire se fossero stati uccisi dalla stessa persona o meno. E ora per poco non avevano assassinato anche lui, e pure Michelle aveva rischiato di essere uccisa. Sembravano esserci potenziali sospetti in abbondanza a fronte di una penuria di indizi. In ogni occasione l’assassino o gli assassini sembravano precedere sempre di poco gli inquirenti. Lui e Michelle erano andati a parlare con Junior, ma l’assassino era arrivato per un soffio prima di loro. Sylvia lo aveva informato di Kyle, dei furti di farmaci e della misteriosa riccona dell’Aphrodisiac. Ma quando aveva avviato l’indagine, anche Kyle era morto. Sally era andata da lui a confessargli la sua relazione sessuale con Junior, e subito dopo qualcuno aveva tentato di ucciderlo.
Si mise a sedere di scatto sul letto.
Sally!
«Michelle» chiamò subito. Il clangore di terrine e pentolini proseguiva senza interruzioni. Evidentemente Michelle non lo sentiva. Si alzò, scese a pianterreno ed entrò barcollando in cucina. Non aveva ancora recuperato del tutto l’equilibrio. Michelle era al lavello ad affettare una cipolla, che introduceva a pezzetti nel frullatore, dove al momento si stava consolidando una poltiglia verde-giallastra.
Michelle si voltò e lo vide. «Cosa ci fai in piedi?» disse in tono di rimprovero.
«Dobbiamo chiamare subito Sally.»
«Sally? Perché?»
«Ieri sera è venuta da me per mettermi al corrente di alcuni particolari importanti. Subito dopo la sua partenza sono andato a dormire. È stato allora che qualcuno ha manomesso il mio impianto di riscaldamento.» King spiegò a Michelle che Sally era stata con Junior la notte in cui era avvenuto il furto con scasso a Casa Battle.
«Uno sviluppo a dir poco strabiliante. E hai paura che la persona che ha tentato di ucciderci possa aver notato anche la presenza di Sally poco prima?»
«Con questo assassino non c’è niente che mi sorprenderebbe. Pare che sappia sempre tutto in anticipo.»
Michelle si asciugò le mani, afferrò il suo cellulare e telefonò a Todd Williams. Informò rapidamente il capo e spense il telefonino. «Dice che andrà là immediatamente con un paio di agenti.»
«Forse dovremmo andarci anche noi.»
«L’unico posto in cui sei diretto al momento è di là sul tuo letto. Fila.»
«Senti chi parla: ti hanno appena sparato e stai già frullando uova e affettando cipolle.»
«Tu pensa solo a tornare a letto. Sono sicura che Sally sta bene. Todd mi ha promesso che ci chiamerà.»
King obbedì con riluttanza. E tentò di convincersi che le probabilità che a Sally fosse capitato qualcosa così in fretta fossero scarse.
Savannah stava bussando alla porta della vecchia rimessa talmente forte da procurarsi dei lividi. Finalmente Dorothea venne ad aprire la porta in accappatoio. Ci mancò poco che Savannah cadesse all’interno.
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