«L’assassino aveva un dispositivo di mira laser, roba da specialisti» osservò King.
«Mancava anche la fibbia del cinturone di Junior» fece notare Williams.
«Un altro trofeo» fu il commento di Michelle.
«A quanto pare Junior si è difeso disperatamente» osservò Bailey. «Sulle mani e gli avambracci aveva parecchie ferite da difesa. E una catasta di piccole travi è stata abbattuta, probabilmente durante la colluttazione.»
«È chiaro che l’assassino ha cominciato a commettere alcuni errori» fece notare Williams. «La vostra improvvisa e casuale comparsa sul luogo del delitto gli ha creato non pochi problemi e messo il sale sulla coda.»
«Non credo che abbiamo ottenuto poi tanto» disse Michelle «a parte farcelo sfuggire.»
King esaminò ancora la fotocopia della lettera. «Questa è la prima volta che fa riferimento a una vittima con tanto di nome e cognome» osservò.
«L’ho notato» disse Bailey.
«Dunque, perché un assassino farebbe una cosa del genere?» propose Williams.
«Sta giocando con noi. Ci vuole confondere.»
«Per quale scopo?» chiese Michelle.
«Perché fa tutto parte di un piano molto più complesso di quello che riusciamo a cogliere al momento» rispose King.
«E quale potrebbe essere questo piano?» domandò Bailey in tono scettico.
«Quando l’avrò intuito, tu sarai il secondo a saperlo» dichiarò King, lanciando un’occhiata significativa all’indirizzo di Williams. «Come l’ha presa Lulu, Todd?» domandò poi al capo in un tono più morbido.
Williams si abbandonò contro lo schienale e alzò le spalle. «Non ha versato una sola lacrima, ma forse perché erano presenti i bambini. Però sua madre, dannazione… è diventata isterica, si è messa a urlare quanto volesse bene a Junior, cosa diavolo avrebbero fatto ora senza di lui e via dicendo. Alla fine Lulu è stata costretta a spingerla fuori dalla stanza. Cavolo, è una donna tosta.»
King e Michelle si scambiarono un’occhiata e si limitarono a scuotere la testa.
«Ora veniamo a un punto interessante» proseguì Williams. «Ci avete detto che Remmy aveva minacciato Junior. Che voleva che le restituisse certe cose e che non voleva che le mostrasse ad anima viva.»
King annuì. «O almeno è quello che ci ha riferito Lulu su ciò che Junior le aveva detto. Ma non è certo stata Remmy Battle a pestare Junior prima di strangolarlo a morte.»
«Ma Lulu ha dichiarato che Remmy ha detto a Junior che conosceva le persone giuste.»
King scosse il capo. «Non capisco proprio perché Remmy dovrebbe aver voluto la sua morte. Non adesso almeno. Secondo quanto afferma Lulu, aveva tutta l’intenzione di dare a Junior un po’ di tempo per pensarci. Da morto non può più di certo rivelarle dov’è la refurtiva… non che fosse in condizione di rivelarglielo comunque, dato che non credo affatto che fosse lui il ladro, tanto per cominciare.»
«Ma dato che è morto» intervenne Bailey «non può più mostrare la roba, qualunque cosa fosse, a qualcun altro.»
King restò scettico. «Ma Remmy non potrebbe esserne sicura al cento per cento. Junior potrebbe aver dato disposizioni a qualcuno nel caso gli fosse successo qualcosa.»
«Su questo punto hai perfettamente ragione» rilevò Williams. «Ma resta un’ipotesi che dobbiamo ancora verificare. Non che muoia dalla voglia di saggiare il terreno in questo senso con Remmy.»
«Be’» concluse King «noi andiamo. Dobbiamo vedere certe persone e andare in certi posti.»
«Dove e chi?» domandò Bailey in tono brusco.
«Il padre di Steve Canney e i genitori di Janice Pembroke.»
«Li abbiamo già interrogati. E anche chiunque fosse in relazione con Diane Hinson.»
«Ma di sicuro non le dispiace avere altre due paia di occhi» commentò Michelle.
«Andate pure» disse Williams. «Avete piena autorità.»
«Vedete solo di riferire tutto a me nel caso scopriate qualcosa di interessante» disse Bailey.
«Non vedo l’ora» mormorò King.
Saliti in auto, King e Michelle si diressero verso la loro agenzia per sistemare alcune questioni di lavoro prima di recarsi a fare visita ai genitori di Janice Pembroke e di Steve Canney. La Volvo station wagon argento e la BMW Serie 8 erano posteggiate davanti al loro ufficio.
«Eddie e Dorothea» disse Michelle mentre scendeva dalla Balena Bianca. Come a un segnale prestabilito le portiere di entrambe le vetture si aprirono di scatto e i due scesero dalle rispettive auto.
«Viaggiano separatamente» commentò Michelle sottovoce.
«E forse vanno anche in direzioni opposte.»
Eddie indossava un paio di pantaloni grigi con la riga, una camicia bianca e un blazer blu, e reggeva una ventiquattrore di cuoio. Abbronzato com’era, l’aspetto sano, più l’abbigliamento elegante, era molto bello, notò Michelle con vivo apprezzamento.
Dorothea era vestita di nero da capo a piedi, il che sembrava adatto alle circostanze, ma King sapeva bene che non c’entrava niente con il lutto per la perdita del patriarca della famiglia: le calze a rete, i tacchi a spillo e una scollatura mozzafiato tradivano tutt’altro atteggiamento.
King aprì la porta dell’agenzia con la sua chiave, ed entrarono tutti.
Quando furono seduti, King esordì dicendo: «Siamo veramente rattristati per tuo padre, Eddie». Lanciò un’occhiata a Dorothea, ma non disse nulla perché l’aspetto della donna non sollecitava affatto simili condoglianze.
«Non riesco ancora a crederci» disse Eddie. «Mamma era là alle dieci, e alle dieci e trenta lui è morto.»
«Remmy ci ha detto di non aver notato nessuno quando se n’è andata» osservò Michelle.
«Certo, non è che l’assassino si sia messo a saltellare davanti a Remmy strepitando: “Adesso vado dentro e le faccio fuori il marito, signora”» fu l’irritato commento di Dorothea.
Eddie disse: «Grazie per avercelo fatto notare, Dorothea. Se non hai nient’altro di utile con cui contribuire alla discussione, perché non te ne stai seduta lì buona e non continui a tenere il broncio?».
Ben detto, Eddie Battle , pensò Michelle.
Dorothea parve sul punto di esplodere e controbattere con qualcosa di velenoso, ma riuscì a trattenersi. Si limitò a starsene seduta immobile a braccia conserte, fissando il pavimento con aria truce.
«In che cosa possiamo esserti utili, Eddie?» domandò King.
Eddie tirò fuori dalla ventiquattrore un giornale e indicò un articolo in prima pagina. King prese il quotidiano e si immerse nella lettura mentre Michelle leggeva a sua volta al di sopra della sua spalla.
Quando finì, King sembrava parecchio turbato. «Come diavolo ha fatto a trapelare alla stampa la storia delle minacce di Remmy a Junior?»
«Forse è stata Lulu» suggerì Michelle. «Oppure sua madre, Priscilla. Mi sembra una cosa che rientra nel suo stile.»
«A prescindere da chi sia stato» disse Eddie «ora tutta la città pensa che la mamma abbia fatto uccidere Junior.»
«Ma la “Gazette” ha riportato anche che la morte di Junior è stata direttamente collegata agli altri omicidi seriali» fece notare Michelle.
Eddie si accasciò sconfortato sulla sedia. «Questo non conta nulla. La gente penserà che la mamma ha pagato qualcuno per fare in modo che sembrasse così.»
«Come l’ha presa Remmy?»
«Questa cosa la sta uccidendo.»
«Ma non nega di aver minacciato Junior?» chiese King.
Ora Eddie si fece più cauto. «Non voglio sembrarti retorico, Sean, ma anche ammesso che l’abbia minacciato, non ha niente a che fare con la sua morte.»
«Non posso controllare quello che pensa la gente.»
«Questo lo so, ma pensavo solo che… be’…»
«Che cosa vuole che facciamo, Eddie?» domandò Michelle in tono gentile.
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