«Scusa, non era una frase felice.»
«Non fa niente. Non è stato facile neanche per te.»
«In confronto alla tua famiglia, penso che chiunque altro si ritenga fortunato.» Michelle si interruppe, domandandosi se fosse o meno il caso di tornare semplicemente in camera a tenere il broncio. «Avevo intenzione di farmi una tazza di caffè. Ti interessa?»
Savannah ebbe un attimo di esitazione prima di rispondere: «Certo. Tanto per quel che ho da fare…».
Poi le due donne si sedettero su un divano in soggiorno con le loro tazze di caffè.
Michelle guardò verso la finestra, dove la pioggia cominciava a picchiettare contro i vetri. «A quanto pare è in arrivo un tremendo temporale» osservò. «Spero che Sean ritorni presto.»
«È da Sylvia?»
«Sì. È andato solo a cena.»
«Voi due andate a letto insieme?»
Michelle trasalì alla domanda diretta. «Chi, io e Sylvia?» scherzò.
«Sai con chi intendo.»
«Niente affatto. Non che la cosa ti riguardi.»
«Se lavorassi con Sean ci andrei a letto.»
«Buon per te. Ma sarebbe estremamente controproducente per il nostro rapporto di lavoro.»
«Ti piace, vero?»
«Sì, e ho grande stima di lui. Sono contenta che siamo soci.»
«Tutto qui.»
«Perché ti interessa tanto?»
«Probabilmente perché penso che io non avrò mai niente di simile. Intendo dire, qualcuno nella mia vita.»
«Ma sei matta? Sei giovane, bella e ricca. Avrai un’ampia scelta di uomini e ti troverai di certo quello che ti piace. Il mondo va così.»
Savannah la fissò con occhio critico. «No, non lo farò.»
«E invece sì. Perché non dovresti?»
La ragazza cominciò a mordersi le unghie.
Michelle allungò la mano libera e allontanò dalla bocca la mano di Savannah. «I bambini si mangiano le unghie, Savannah. E visto che siamo in vena di domande franche, perché non ti fai cancellare il tatuaggio del tuo nome dal sedere? Potrebbe favorire le tue prospettive matrimoniali, se ne sei così preoccupata.»
«Non servirebbe a niente.»
Michelle le rivolse un’occhiata cauta. «Come mai tutto questo vittimismo?»
Savannah esplose all’improvviso. «E se fossi pazza come il resto della mia famiglia? Mio padre era un nevrotico totale. Mio fratello è un assassino. Adesso ho scoperto che l’altro mio fratello aveva la sifilide. Mia madre è un mostro persino con se stessa. E mia cognata è un relitto umano. È un morbo. Se si entra in contatto con i Battle si è condannati. Perciò che razza di possibilità ho nella vita? Non ne ho proprio nessuna. Nessuna!» Lasciò cadere sul pavimento la sua tazza di caffè, si raggomitolò sul divano e cominciò a piangere disperatamente.
Michelle restò a fissarla per un lungo momento, chiedendosi se avesse voluto farsi coinvolgere in quella situazione. Alla fine allungò le braccia e strinse forte a sé la ragazza, sussurrandole parole di conforto senza neppure sapere da dove provenissero. Mentre ì tuoni squarciavano il cielo, i gemiti e i singhiozzi di Savannah cominciarono a diminuire, ma la ragazza restò ancora aggrappata a Michelle come se fosse l’unica amica che avesse mai avuto, o che mai avrebbe avuto.
Invece l’unica cosa che Michelle desiderava era di scappare da quella casa il più in fretta possibile. Avrebbe perfino affrontato faccia a faccia il pluriomicida Eddie, purché l’incontro fosse avvenuto lontano da Casa Battle. Nondimeno restò ferma e abbracciò ancora più strettamente la ragazza, bisbigliandole parole di conforto. Michelle la tenne stretta a sé come se fosse sua sorella di sangue, ringraziando silenziosamente Dio che non lo fosse. Poiché chi mai poteva saperlo? Magari Savannah aveva ragione riguardo a tutto ciò che aveva appena detto. Forse i Battle erano maledetti.
«È stata una bellissima serata, Sean. Dico davvero.»
King e Sylvia erano rientrati in casa ed erano seduti nella piccola veranda adiacente alla cucina, a contemplare il maltempo in arrivo.
«Adoro guardare i temporali sul lago» disse Sylvia. «È persino più bello di giorno, quando li vedi arrivare sopra la cresta dei monti.»
Sylvia si accorse che King la stava fissando. «Cosa c’è?»
«Stavo solo pensando che c’è qualcosa di molto più incantevole di un temporale, ed è seduta proprio qui vicino a me.»
Sylvia sorrise. «È un residuo delle frasi da playboy che usavi all’università?»
«Sì, ma la grossa differenza è che in questo momento lo penso veramente.»
Si avvicinarono; King le cinse le spalle con un braccio e lei gli appoggiò la testa sulla spalla.
«Come dicevo prima, è bello che qualcuno si prenda cura di te, per cambiare un po’» disse.
«Siete proprio una bella coppia, davvero.»
Sylvia lanciò un urlo e balzò in piedi. King fece per alzarsi prima di vedere che era perfettamente inutile, con una pistola puntata contro. Tornò a sedersi.
Eddie Battle appoggiò una spalla allo stipite della porta, con indosso ancora la muta nera da sub, prendendo di mira alternativamente con la pistola prima Sean e poi Sylvia. Il mirino laser danzava sui loro petti come un rosso tizzone incandescente nelle mani di un burattinaio.
«Anzi, siete così carini che se avessi una macchina fotografia vi scatterei una foto.»
«Che cosa diavolo vuoi, Eddie?»
«Che cosa voglio? Cosa voglio, Sean?»
King si parò davanti a Sylvia mentre Eddie entrava nella veranda.
«È quello che mi chiedo.»
«Sai, mi piaci. Davvero. Non sono in collera con te perché mi hai smascherato. È stata una bella battaglia di intelligenze. Ho sempre pensato che saresti stato tu a incastrarmi. È per questo che ho tentato di far fuori te e Michelle alla tua houseboat.»
«Perché non risparmi una sacco di problemi a tutti e non ti costituisci? C’è un agente di polizia proprio qui fuori.»
«No, non proprio qui fuori, Sean» lo corresse Eddie. «È in fondo al vialetto, a bordo della sua volante. Ho controllato. E con questo temporale potrei sparare a entrambi, organizzare perfino un party, e non lo saprebbe mai.»
«Okay, allora cos’hai in mente di fare?»
«Ho in mente di portarvi via con me. Ci faremo un bel giretto sul lago.»
King accostò adagio una mano al fianco e la premette contro la tasca laterale della giacca. Il suo nuovo telefono cellulare era lì.
«Sul lago? Ma c’è il temporale!» esclamò Silvia.
King cercò con le dita la tastiera numerica attraverso la giacca. Continua a tenerlo occupato, Sylvia.
Come se gli avesse letto nel pensiero, lei disse: «E non puoi fuggire in acqua».
«Non sto cercando di fuggire. Ho rinunciato a quell’idea tanto tempo fa.»
King trovò il pulsante di composizione automatica dei numeri in memoria, lo premette, poi cercò e premette il tasto di chiamata. Avrebbe dovuto calcolare esattamente il sincronismo dell’azione.
Non appena udì rispondere alla chiamata all’altro capo del telefono e qualcuno dire “pronto?”, gridò a voce alta: «Maledizione, Eddie, è pazzesco. Cos’è, adesso ti sei dato ai sequestri di persona?».
«Sì, cominciavo a stancarmi di fare solo l’assassino. Andiamo.»
«Non saliremo sulla tua barca e non puoi far nulla per convincerci.»
Eddie diresse il mirino laser sulla fronte di Sylvia. «Allora le sparerò qui. Decidi tu. Non me ne frega un cazzo.»
«Allora prendi solo me» disse Ring.
«Questo non fa parte del mio piano, amico mio. Tutt’e due , ho detto.»
«Dove ci vuoi portare?»
«E vuoi che rovini la sorpresa?» Per un istante terrificante si trovarono ad affrontare l’espressione di un uomo che aveva massacrato nove persone. «Subito, Sean. Immediatamente.»
Per chissà quale ragione, senza sapere perché, dopo aver lasciato Savannah, Michelle si era recata nello studio di Eddie per dare un’occhiata in giro. Non credeva affatto che lui si aggirasse intorno a casa sua; c’erano poliziotti armati ovunque e Eddie non era uno stupido. Ma mentre ammirava un quadro dopo l’altro non poté fare a meno di chiedersi come un uomo che aveva ucciso tante persone potesse aver dipinto tele così belle. Sembrava impossibile che la stessa mente e lo stesso corpo potessero ospitare un artista straordinario e un assassino efferato. Michelle rabbrividì e si strinse nelle spalle. E pensare che aveva provato del tenero per lui. Questo che cosa le suggeriva riguardo alla sua capacità di giudizio? Al suo intuito in relazione al prossimo? Come avrebbe potuto fidarsi ancora del suo istinto? Quel pensiero orribile le accese un fuoco nello stomaco. Si piegò in avanti, d’un tratto presa dalla nausea e dalle vertigini. Appoggiò gli avambracci alle cosce, cercando di resistere all’impulso di cadere a terra.
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