David Baldacci - Il biglietto vincente

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l destino sembra sorridere a LuAnn, giovane disoccupata: il misterioso signor Jackson le offre infatti il biglietto vincente di una lotteria che vale milioni di dollari. Ma prima di riuscire a godere della sua grande occasione, la ragazza trova a casa il cadavere del suo uomo in un lago di sangue e si scopre braccata dalla polizia, preda di una trappola mortale.
Un intrigo micidiale, costruito come un congegno a orologeria.

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— E allora?

— E allora la mia pentola piena d’oro sei proprio tu, signorina Tyler — disse Romanello rilassandosi contro lo schienale.

LuAnn fece per alzarsi.

Siediti!

La parola era risuonata come uno schiocco di frusta. LuAnn si bloccò a metà del movimento.

— Siediti, cara, a meno che tu non preferisca passare il resto della tua vita in galera piuttosto che alle Bahama.

LuAnn tornò a sedersi, senza togliergli gli occhi di dosso. — A me, signor Arcobaleno, i giochini non sono mai piaciuti. Quindi vieni al punto così la facciamo finita.

La cameriera arrivò con il caffè. Romanello attese che se ne fosse andata, poi si protese verso LuAnn fissandola negli occhi da pochi centimetri: — Sono stato alla tua roulotte. Ho visto i cadaveri.

— E tu che cosa ci facevi alla roulotte?

Romanello si ritrasse. — Passavo da quelle parti.

— E io sono Marilyn Monroe.

Romanello la ignorò. — Il fatto è che io ti ho visto arrivare con la macchina del ciccione, quella della foto sul giornale. E poi ti ho vista fare un sacco di telefonate.

— E allora? Non posso fare telefonate?

— E dopo, alla stazione ferroviaria di Atlanta ti ho visto tirare fuori una bella mazzetta di grana dal seggiolino della tua piccola. E tu venivi dalla roulotte, LuAnn, con dentro due cadaveri e un bel po’ di droga. La tua roulotte.

LuAnn socchiuse gli occhi. Forse era una trappola. Forse Arcobaleno era un poliziotto incaricato di strapparle una confessione.

— Io non so di cosa stai parlando — disse LuAnn agitandosi sulla sedia. — Io di cadaveri non so niente. Chissà chi credi di aver visto a guidare quella macchina. E chi sei tu per dire a me che non posso tenere i miei soldi dove voglio? — Tirò fuori di tasca l’articolo di giornale accartocciato. — Questo te lo puoi riprendere. Vai a far paura a qualcuno che ci casca.

Romanello prese il foglio accartocciato, lo dispiegò e gli diede un’occhiata distratta, infine se lo mise in tasca. Quando la mano riapparve, c’era qualcos’altro stretto nel suo pugno. Qualcosa di strappato e chiazzato di rosso.

— Questo lo riconosci, LuAnn?

— Sembra un pezzetto di stoffa macchiato. — LuAnn dovette lottare con se stessa per restare impassibile. — E allora?

— Ma brava, la ragazzina — disse Romanello sorridendo di nuovo. — Non mi aspettavo che una fighetta scema scappata dalla campagna si sarebbe controllata così. Mi ero immaginato di vederti cadere in ginocchio invocando pietà.

— Mi dispiace di non essere quella che avevi immaginato. Ma se mi chiami ancora fighetta scema, giuro che ti mollo qui all’istante.

— L’ultima cosa che vuoi fare, LuAnn — disse Romanello con calma glaciale — è rendermi nervoso.

Ciò detto, abbassò la cerniera del giubbotto abbastanza per mostrare a LuAnn la 9mm semiautomatica che sporgeva dalla cinta dei pantaloni.

— Perché se divento nervoso, posso diventare un individuo quanto mai spiacevole.

LuAnn rivolse all’arma solo una fugace occhiata. — Che cosa vuoi da me?

— Te l’ho già detto. — Romanello richiuse il giubbotto. — Tu sei la mia pentola piena d’oro.

— Io non ho soldi.

— Ah, no? — Romanello quasi le rise in faccia. — Dimmi una cosa, LuAnn, qual buon vento ti ha portato a New York City? Scommetto che in tutta la tua vita non avevi mai messo piede fuori da quella contea dimenticata da Dio. E allora, con tutti i posti di questo mondo, perché proprio New York? — Romanello inclinò la testa in attesa di una risposta.

— Va bene, forse sapevo quello che era successo nella roulotte — disse LuAnn senza guardarlo. — Però non ho fatto niente di sbagliato. Me ne sono andata via perché sapevo che laggiù poteva mettersi male per me. New York era un posto come un altro… — LuAnn alzò lo sguardo per valutare la sua reazione. Romanello stava ancora sogghignando.

— Che cosa ci farai con tutti quei soldi, LuAnn?

— Quali soldi? Quelli nel seggiolino di Lisa?

— Non credo che riuscirai a far stare cento milioni di dollari nella culla della piccola, LuAnn. Magari con il reggiseno potrebbe andare meglio — aggiunse Romanello sbirciando il seno formoso di lei.

LuAnn rimase a fissarlo con la bocca semiaperta.

— Per cui, vediamo un po’ — continuò Romanello — quale dici che potrebbe essere una decorosa percentuale per un ricatto, di questi tempi? Dieci per cento? Venti per cento? Cinquanta per cento? Voglio dire, anche con solo metà di quel malloppo, stiamo pur sempre parlando di decine di milioni di dollari. Più che sufficienti a te e alla piccola per comprarvi jeans, magliette e ciucciotti fino alla fine dei vostri giorni. — Romanello bevve un sorso di caffè, osservandola al di sopra dell’orlo della tazza. — O no?

Il pugno di LuAnn si serrò intorno al manico della forchetta. Per un attimo pensò di saltargli addosso, poi l’impulso si attenuò.

— Tu sei proprio pazzo, signor Arcobaleno.

— La conferenza stampa è per domani, LuAnn.

— Quale conferenza stampa?

— Ma sì, quella in cui tu riceverai l’assegno formato gigante e sorridendo lo sventolerai in faccia a quella massa di gente invidiosa.

LuAnn mise giù la forchetta. — Adesso devo andare.

La mano destra di Romanello si chiuse intorno al suo polso in una morsa. — Non penso che potrai spendere tutti quei soldi dalla cella di una galera.

— Ho detto che devo andare! — LuAnn si svincolò con uno strappo secco.

— Non fare stupidaggini, signorina Tyler. Ti ho visto comprare il biglietto della lotteria. E c’ero anch’io all’estrazione. Ho visto quel tuo enorme sorriso e come hai saltato e ballato per la strada. Ero nel palazzo della Commissione Lotterie quando il tuo biglietto è stato identificato e convalidato. So tutto, LuAnn. Per cui falla finita con le cazzate, d’accordo? Se tu te ne vai adesso, la prima cosa che farò sarà una telefonata allo sceriffetto della tua contea per raccontargli tutto quello che ho visto. E poi gli spedirò quel pezzettino di maglietta macchiato di rosso. Non hai idea di quali marchingegni elettronici ci siano nei laboratori della polizia, al giorno d’oggi. Metteranno insieme tutti i pezzi, LuAnn. E quando arriverò a dirgli che hai vinto cento milioni di dollari alla Lotteria Nazionale, be’, allora tu avrai chiuso, signorina LuAnn Tyler. Ti saranno addosso prima che tu prenda il volo per il paradiso, ti sbatteranno dentro e butteranno via la chiave. E la tua piccolina la scaricheranno in chissà quale cesso di orfanotrofio.

— Io non ho mai fatto niente di male.

— No, tu hai fatto la cretinata di scappare. E quando scappi, i poliziotti pensano subito che sei colpevole. Si convinceranno che ci sei dentro fino al collo. Per adesso, a te non sono ancora arrivati, ma ci arriveranno. Se questo accadrà tra dieci minuti oppure tra dieci giorni, dipende da te. Se è tra dieci minuti, sei morta e sepolta. Se è tra dieci giorni, probabilmente riuscirai a sparire. Perché quello è anche il mio programma: sparire. Mi dovrai pagare una volta sola. Te lo garantisco. Io non riuscirei a spendere tutto quel denaro nemmeno se non facessi altro. E nemmeno tu ci riusciresti. Alla mia maniera, siamo in due a vincere. Alla tua maniera, tu perdi e sei spacciata. Allora, qual è la tua decisione?

Per un momento interminabile, LuAnn rimase come cristallizzata. Poi, lentamente, centimetro dopo centimetro, tornò a sedersi.

— Saggia decisione, LuAnn.

— Non ti posso pagare la metà. Romanello si rabbuiò. — Non essere avida.

— L’avidità non c’entra. Ti posso pagare. Non so ancora quanto, ma sarà lo stesso un bel po’. Abbastanza per fare tutto quello che vuoi.

— Non capisco.

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