Chris annuì in tono solenne. «Il viaggio nel tempo sarebbe potuto essere doloroso o avrebbe potuto provocare squilibri mentali o qualcosa del genere. Chi poteva saperlo?»
Chi poteva effettivamente saperlo? si chiese Laura.
Stefan proseguì: «Volevano anche che la persona prescelta per la missione, chiunque fosse stata, fosse affidabile e in grado di mantenere il segreto. Io ero l’uomo ideale».
«Un ufficiale delle SS, una spia e il primo crononauta», esclamò Chris. «Che vita affascinante!»
«Possa Dio concederti una vita molto meno densa di avvenimenti», gli augurò Stefan Krieger. Poi guardò direttamente Laura con quegli occhi di un azzurro bellissimo, cristallino, in cui si leggeva tanta tristezza. «Laura… che cosa pensi ora del tuo Custode? Non è certo un angelo, ma un assistente di Hitler, un criminale delle SS.»
«Nessun criminale», disse Laura. «Tuo padre, l’epoca in cui sei vissuto e la tua società hanno tentato di fare di te un criminale, ma c’era una forza interiore che non sono riusciti a piegare. Non sei un criminale, Stefan Krieger. Mai. Non tu.»
«Ma neanche un angelo», riprese Stefan. «Ben lungi dall’essere un angelo, Laura. Alla mia morte, quando la colpa che segna la mia anima verrà letta da Colui che siede in giudizio, mi verrà assegnato il mio piccolo posto all’inferno.»
La pioggia che scrosciava sul tetto sembrava come il tempo che fuggiva via. Milioni e milioni di preziosi minuti, ore, giorni e anni che si riversavano nei condotti e nei canali di scolo, che scorrevano via, persi per sempre.
Dopo aver radunato i rimasugli di cibo e averli gettati nella pattumiera che si trovava dietro il motel, presero altre tre lattine di Coca dal distributore automatico, una per ciascuno. Laura si decise a questo punto a porre al suo Custode la domanda che avrebbe voluto rivolgergli fin dal momento in cui era uscito dal coma. «Perché? Perché hai dedicato la tua attenzione a me, alla mia vita, e perché hai voluto aiutarmi? Perché mi hai salvato la vita? Per l’amor del cielo, in che modo il mio destino si lega ai nazisti, ai viaggiatori del tempo, al destino del mondo?»
Stefan spiegò che in occasione del terzo viaggio nel futuro, aveva viaggiato nella California del 1984. Proprio la California perché durante i primi due viaggi (due settimane nel 1954 e altre due nel 1964) aveva avuto l’impressione che la California fosse il centro culturale e il maggiore centro scientifico della nazione più progredita sulla terra. Ormai non era più il solo a viaggiare attraverso il tunnel; altri quattro uomini iniziarono a fare i loro viaggi appena si ebbe la prova che non c’era pericolo. In occasione del terzo viaggio Stefan aveva continuato a scandagliare il futuro e aveva appreso dettagliatamente che cos’era successo nel mondo durante e dopo la guerra. Aveva appreso anche quali scoperte scientifiche avrebbe con tutta probabilità riportato nella Berlino del ’44 e che sarebbero servite a far vincere la guerra a Hitler. Non perché intendesse dare un contributo a quel piano, ma perché sperava di sabotarlo. Le sue ricerche consistevano nella lettura di giornali, nell’osservazione dei programmi televisivi e della società americana, cogliendo l’atmosfera degli ultimi anni del ventesimo secolo.
Si era coricato sul cuscino e ricordando quel terzo viaggio la sua voce non aveva i toni tristi che avevano accompagnato la descrizione della vita tremenda che aveva condotto fino al 1944. Stefan proseguì: «Non potete immaginare che cosa fu per me camminare per le strade di Los Angeles la prima volta. Se avessi viaggiato mille anni più in là nel futuro, invece di quaranta, non sarebbe stato più bello. Le automobili! Automobili ovunque, e tante di marca tedesca, che sembravano indicare che gli orrori della guerra erano in un certo senso stati perdonati. Significava che la nuova Germania era stata accettata, e ne fui commosso».
«Noi abbiamo una Mercedes ,» disse Chris. «È una macchina bellissima, ma io preferisco la jeep.»
«Le automobili», riprese Stefan, «gli stili, i sorprendenti progressi in tutti i campi: orologi digitali, personal computer, videoregistratori per guardare dei film in casa propria! Cinque giorni dopo il mio arrivo continuavo a essere in preda a una violenta e piacevole emozione e ogni mattina andavo alla ricerca di nuove meraviglie. Il sesto giorno, mentre passavo accanto a una libreria, vidi una fila di persone che attendevano di avere le copie di un romanzo firmate dall’autore. Entrai a curiosare e anche per vedere che genere di libro fosse così popolare, per comprendere un po’ di più la società americana. E tu eri là, Laura, seduta a un tavolo su cui erano ammassate pile di copie del tuo terzo romanzo e del tuo primo grande successo, Ledges. »
Laura si sporse automaticamente in avanti ed esclamò: « Ledges ? Ma non ho mai scritto un libro con quel titolo».
Chris, anche questa volta comprese al volo. «Quello era un libro che tu hai scritto in una vita che avresti vissuto se il signor Krieger non l’avesse manipolata.»
«Avevi ventinove anni quando ti vidi per la prima volta in quella libreria di Westwood», disse Stefan. «Eri su una sedia a rotelle, perché le gambe erano paralizzate, inutili. Anche il braccio sinistro era in parte paralizzato.»
«Storpia?» disse Chris. «La mamma era storpia?»
Laura era finita sul bordo della sedia. Anche se quanto aveva detto il suo Custode poteva sembrare troppo fantastico per essere vero, lei sapeva che lo era. A un livello molto profondo, forse anche più primitivo dell’istinto, Laura percepì che l’immagine di sé in una carrozzella, le gambe paralizzate, inutilizzabili, era esatta. Forse ciò che percepì era la debole eco di un destino contrastato.
«Eri così dalla nascita», disse Stefan.
«Perché?»
«Lo appresi solo molto più tardi, dopo aver fatto molte ricerche nella tua vita. Il dottore Markwell, che si occupò del parto a Denver, Colorado, nel 1955, era alcolizzato. Comunque, il tuo parto era difficile…»
«Mia madre morì dandomi alla luce.»
«Sì, anche in quella realtà morì. Ma Markwell commise altri errori che ti procurarono una lesione alla colonna vertebrale che ti rese storpia per tutta la vita.»
Un brivido la percorse. Come per provare a se stessa che era veramente sfuggita alla vita che il destino le aveva originariamente riservato, si alzò e andò alla finestra, usando le gambe, le gambe sane, le gambe che, ringraziando il cielo, poteva usare.
A Chris, Stefan disse: «Quel giorno, quando la vidi seduta sulla sedia a rotelle, tua madre era splendida. Meravigliosa. Il volto, ovviamente, era lo stesso di ora. Ma non era solo il volto che la rendeva bellissima. Attorno a lei c’era un’aura di coraggio ed era di buonumore nonostante il suo handicap. Tutte le persone che andavano da lei per farsi firmare una copia di Ledges, andavano via non solo con un autografo, ma con un sorriso. Nonostante fosse condannata per tutta la vita su una sedia a rotelle, tua madre era serena. Rimasi a osservare da una certa distanza e fui affascinato e profondamente toccato, come non lo ero mai stato prima».
«Oh, lei è fantastica», disse Chris. «Nulla la spaventa.»
«Tutto spaventa tua madre», ribattè Laura. «Tutta questa conversazione folle sta spaventando a morte tua madre.»
«Ma tu non scappi mai di fronte a nulla, né ti nascondi», replicò Chris voltandosi a guardarla. Arrossì. «Forse hai paura, ma non ti comporti mai come se l’avessi.»
Laura aveva appreso fin dall’inizio che coloro che mostravano la propria paura erano considerati facili prede.
«Quel giorno acquistai una copia di Ledges », proseguì Stefan, «e lo portai nell’albergo in cui risiedevo. Lo lessi tutto durante la notte ed era così bello che in alcuni punti piansi… e anche divertente. Il giorno dopo comprai gli altri due libri, Silverlock e Fields of Night , che erano belli e commoventi come il libro che ti aveva reso famosa, Ledges.»
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