Dean Koontz - Lampi

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Lampi: краткое содержание, описание и аннотация

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In una tempestosa notte di gennaio Laura Shane viene miracolosamente alla luce grazie all’intervento di uno sconosciuto che annuncia il proprio arrivo con un lampo. Il destino però ha in serbo per lei ben più terrificanti pericoli che supererà con l’aiuto del misterioso personaggio. Ma chi è l’enigmatico protettore? Nel giorno del suo tredicesimo compleanno per Laura è pronta un’agghiacciante rivelazione…

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Improvvisamente, e non senza una certa sorpresa, si rese conto che se riusciva a preoccuparsi del fatto di diventare una celebrità e di perdere la vena artistica, ciò significava che credeva ancora in un futuro positivo in cui avrebbe scritto altri libri. In alcuni momenti, durante gli avvenimenti che si erano succeduti in quella notte, aveva fatto voto di combattere fino alla morte, di lottare fino all’ultimo sangue per proteggere suo figlio, ma per tutto il tempo aveva avuto la sensazione che la loro situazione fosse disperata, che il loro nemico fosse troppo potente e irraggiungibile per essere distrutto. Adesso, invece, qualcosa in lei era cambiato, un debole, cauto ottimismo era rinato in lei.

Forse era stato il sogno.

Chris tornò con un grande pacco di dolcetti alla cannella, tre cartoni di succo d’arancia e le altre cose che Laura gli aveva chiesto.

Mangiarono i dolci e bevvero il succo con un piacere mai provato.

Terminata la colazione, Laura cercò di svegliare il suo Custode. Ma non ci fu nulla da fare.

Diede il terzo cartone di succo d’arancia a Chris e gli disse: «Tienilo per lui. Probabilmente si sveglierà presto».

«Se non può bere, non può prendere la penicillina», osservò Chris.

«Ancora per qualche ora non ne avrà bisogno. Ieri notte il dottor Brenkshaw gli ha somministrato una dose piuttosto potente.»

Ma Laura era preoccupata. Se non avesse ripreso conoscenza, non avrebbero forse mai conosciuto la vera natura del pericoloso labirinto in cui si erano persi e probabilmente non avrebbero mai trovato una via d’uscita.

«Che cosa facciamo adesso?» chiese Chris.

«Cerchiamo una stazione di servizio, utilizziamo le toilette, poi ci fermiamo in un’armeria per comprare le munizioni per l’Uzi e la pistola. Dopodiché… cominceremo a cercare un motel che faccia al caso nostro, un posto dove possiamo nasconderei.»

Una volta sistemati da qualche parte, sarebbero stati all’incirca a una settantina di chilometri di distanza dalla casa di Brenkshaw, dove per l’ultima volta i loro nemici li avevano trovati. Ma la distanza era importante per uomini che misuravano i loro viaggi esclusivamente in giorni e in anni piuttosto che in chilometri?

Alcune zone di Santa Ana, i sobborghi a sud di Anaheim e le zone adiacenti, offrivano il più alto numero di motel che rispondevano alle caratteristiche che Laura stava cercando. Non voleva un moderno, luccicante Red Lion Inn o un Motor Lodge , con televisione a colori, morbidi tappeti e una piscina riscaldata, perché in quei luoghi rispettabili venivano richiesti un documento di riconoscimento valido e una carta di credito. Non poteva rischiare di lasciare una traccia attraverso la quale la polizia o i suoi assassini potessero risalire fino a lei. Ciò che stava cercando era un motel che non avesse ormai più una parvenza di pulito e il cui aspetto non fosse più sufficientemente decoroso da attirare dei turisti, un luogo cadente dove sarebbero stati contenti di fare affari, avidi di denaro contante e disposti a non fare domande.

Sapeva che sarebbe stato molto difficile trovare una stanza e non si stupì di ricevere un rifiuto nei primi dodici posti che visitò, dove non erano in grado o forse non desideravano ospitarla. Le uniche persone che vedeva entrare e uscire da quei motel malfamati erano giovani donne messicane con in braccio i loro pargoli oppure che trascinavano bambini piccoli; giovani messicani o uomini di mezza età in scarpe da tennis, pantaloni di cotone e camicie di flanella, con cappelli di paglia o berretti da baseball. E tutti quanti con un’aria guardinga e sospettosa. Per la maggior parte, questi motel decrepiti erano diventati una sorta di casa-albergo per gli immigrati clandestini, e nella sola contea di Orange si contavano a migliaia. Intere famiglie vivevano in un’unica stanza, cinque, sei o sette persone ammassate in uno spazio minimo, dividendo un decrepito letto, due sedie e un bagno con l’impianto idraulico appena sufficiente. E per questo pagavano centocinquanta dollari la settimana o forse più, ma non veniva loro offerto il cambio giornaliero delle lenzuola né un servizio di pulizie né comodità di alcun genere, tranne la presenza di scarafaggi. Nonostante ciò, questa gente accettava di buon grado questa sistemazione e si lasciava sfruttare in modo vergognoso piuttosto che ritornare in patria e vivere sotto la regola del «governo rivoluzionario» che per decenni aveva offerto loro solo disperazione.

Nel tredicesimo motel, il Bluebird of Happiness , il proprietario non aveva ancora ceduto alla tentazione di arricchirsi alle spalle dei poveri immigrati. Alcune delle ventiquattro stanze erano ovviamente affittate a dei clandestini, ma la direzione forniva un cambio giornaliero di lenzuola, un servizio di pulizia, la televisione in camera, due cuscini di ricambio in ogni armadio. Tuttavia, il fatto che l’impiegato alla reception accettasse denaro in contanti, che non insistesse per avere un documento di identificazione e che evitasse di incontrare il suo sguardo era una triste riprova che nel giro di un anno il Bluebird of Happiness sarebbe stata una testimonianza in più della stupidità politica e dell’avarizia umana in un mondo saturo di questi monumenti tanto quanto un vecchio cimitero di città era affollato di lapidi.

Il motel era costituito da tre ali disposte a U, con il parcheggio nel centro. La loro stanza si trovava nell’angolo posteriore destro. Una grande palma a ventaglio cresceva accanto alla porta della loro stanza, apparentemente non intaccata dallo smog né limitata dal piccolo fazzoletto di terra in mezzo a tanto cemento e asfalto. Aveva foglie nuove anche in inverno, quasi che la natura l’avesse scelta come simbolo della sua intenzione di impadronirsi nuovamente di ogni angolo della terra quando il genere umano fosse scomparso.

Laura e Chris aprirono la carrozzella e vi misero a sedere il ferito, senza tentare di nascondere ciò che stavano facendo, come se stessero semplicemente prendendosi cura di un handicappato. Cornpletamente vestito, con la ferita nascosta, il suo Custode poteva passare per un paraplegico, se non fosse stato per il modo in cui la testa gli ciondolava sulla spalla.

La loro stanza era piccola ma abbastanza pulita. La moquette era logora ma doveva essere stata lavata di recente. La coperta marrone distesa sull’enorme letto matrimoniale era lisa sui bordi e il disegno non era abbastanza fitto da nascondere un paio di rattoppi, ma le lenzuola erano pulite e profumavano vagamente di detersivo. Adagiarono il ferito sul letto e gli misero due cuscini sotto la testa.

Il televisore a diciassette pollici era saldamente avvitato a un tavolino con il piano in laminato tutto graffiato; anche le gambe posteriori del tavolo erano avvitate al pavimento. Chris si sedette in una delle due poltrone spaiate, accese la televisione e cominciò a girare la manopola alla ricerca di un cartone animato oppure di una vecchia commedia. La scelta cadde su Get Smart , ma rammentò che era «troppo stupido per essere divertente» e Laura si chiese quanti bambini della sua età sarebbero riusciti a formulare un tale giudizio.

Si sedette anche lei nell’altra poltrona. «Perché non ti fai una doccia?»

«Per poi rimettermi gli stessi vestiti?» chiese Chris in tono dubbioso.

«So che sembra una follia, ma prova. Ti garantisco che ti sentirai più pulito anche senza cambiarti.»

«Tanta fatica per poi indossare i vestiti tutti stropicciati

«Da quando in qua sei diventato tanto schizzinoso da sentirti disturbato da qualche piega?»

Chris sorrise, si alzò dalla poltrona e si diresse tutto impettito verso il bagno, con l’aria di un damerino disperato. «Il re e la regina rimarrebbero sconvolti nel vedermi così disordinato.»

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