«Come ha intenzione di riuscirci?» chiese Matt, guadagnando un po’ di tempo. «Nikki», sussurrò, «come va?»
«I reni stanno ancora rimbalzando e il cuore non si è ancora calmato dopo quella piccola corsa giù per il pendio, ma almeno non sto più pensando al mal di testa. Dove siamo?»
A Matt fece piacere sentire il suo senso umoristico e una certa energia nella voce.
«Siamo a Disneyland un anno o due prima dell’arrivo di Topolino», rispose. «Ascolta, cercherò di fare il giro del lago sulla moto nella speranza di trovare un punto dove il pendio è meno ripido e noi possiamo uscire. Pensi di farcela?»
«Sarebbe più facile se io mi sedessi dietro di te?»
«Non se cadi giù.»
«Posso farlo.»
«Tieni sempre i piedi sulle pedivelle. Se urti con i piedi nudi lo scappamento, avrai bisogno di scarpe più piccole.»
«Rutledge, questa è la tua ultima occasione!»
«D’accordo, arriviamo, arriviamo», gridò Matt, guadagnando tempo. «Nikki, sei a posto?»
«C’è qualcosa cui mi posso aggrappare?»
«Quelle sbarre al fianco del tuo sellino o me.»
Lei gli cinse la vita con le braccia, si strinse a lui e premette la guancia contro la sua schiena.
«Vai», ordinò.
Matt sbirciò a occhi socchiusi l’oscurità per capire quanto riusciva a vedere davanti a sé per poter costeggiare la riva del lago senza accendere i fari. Raccolse poi un sasso e lo lanciò in acqua il più lontano possibile. Insieme al tonfo, sentì immediatamente il tipico rumore del sasso che urta un altro sasso. Fin laggiù almeno, l’acqua era molto bassa.
«Rutledge!»
Matt mise la prima e partì a tutto gas. Se vi era stato uno sparo dall’alto, non lo sentì. Sedici, trenta, cinquanta chilometri all’ora. La splendida motocicletta fece un balzo in avanti sopra i sassi. Guardando di traverso, notò che la Rover aveva fatto marcia indietro e che ora viaggiava parallela a loro, in alto, e poco più indietro. L’oscurità rendeva difficile correre e Matt, alla fine, cedette e, per un attimo, accese il fanale anteriore. Il lago, benché non fosse ampio come aveva immaginato, aveva una forma ovale, lunga circa ottocento metri e larga quattrocento. Fosse stato un lago «ombreggiato», in alto ci sarebbero stati degli alberi che avrebbero rallentato o addirittura obbligato Verne e Grimes a fare una deviazione. Per come stavano le cose, i due non avevano alcuna difficoltà a seguirli a gran velocità, una decina di metri sopra di loro. Il rumore del motore della Harley riecheggiava dall’acqua e dalle ripide pareti, rendendo impossibile capire se stavano o no sparando contro di loro.
In quel momento Matt scorse un’apertura davanti a sé. Si trattava di un enorme cunicolo in acciaio ondulato che si inoltrava nel terrapieno alla loro destra. Largo circa due metri, si apriva un metro sopra la pista di sassi su cui stavano viaggiando. Data la sua posizione, doveva essere stato costruito per svuotare il lago. Giudicò che il pendio che portava al pavimento del tunnel era sufficientemente inclinato per consentire loro di risalire la sponda ed entrare nel cunicolo, a patto di arrivarci frontalmente, dall’acqua. Se la profondità al centro del lago fosse stata superiore ai trenta centimetri, con ogni probabilità non sarebbero riusciti ad attraversarlo in sella alla Harley. Matt pensò di allontanarsi dalla riva per poi tornare verso il tunnel, ma, così facendo, Grimes e Verne si sarebbero trovati sempre sopra di loro. Una manovra più ragionevole era quella di attraversare il lago, a patto di farcela, naturalmente.
Accese il grosso fanale della Harley, controllò l’odometro mentre superava il tunnel e accelerò di nuovo. Era un’impresa tenere diritta la motocicletta sulle pietre mobili. Una velocità di cinquanta all’ora era a malapena controllabile, ma Matt spinse la moto a più di sessanta chilometri all’ora. Sopra di loro, la Land Rover resse il loro ritmo.
Nikki continuava a essere una passeggera modello, si teneva ben stretta, ma rimaneva sufficientemente rilassata da non nuocere ai delicati movimenti di Matt per mantenere l’equilibrio. Era una donna forte.
Alla loro destra, il terrapieno era sempre alto e ripido. La debole speranza di trovare un lieve pendio all’estremità del lago svanì. Anzi, la pendenza era ancora più scoscesa. Mentre superavano l’estremità curva del lago e affrontavano a gran velocità l’altro lato; Matt controllò l’odometro finché non si trovò nel punto opposto del lago, direttamente di fronte al tunnel. Spense allora il fanale e, con una secca curva a sinistra, entrò nell’acqua. Se quella mossa l’aveva stupita, Nikki non lo diede a vedere. Matt avanzò quanto più velocemente osasse fare. L’acqua, con ogni probabilità a causa delle piogge recenti, era profonda almeno quindici centimetri, e il fondo pietroso uguale alla pista che avevano seguito fino a quel momento. Se la profondità fosse cresciuta molto, sarebbe stato impossibile passare. Se si fosse spento il motore e non fosse riuscito a farlo ripartire, Matt aveva deciso di lasciare la motocicletta dov’era e di tentare di arrivare alla galleria a piedi.
«Forza, bambola», la spronò. «Ce la puoi fare.»
Nello specchietto retrovisore vide i fari della Rover brillare sopra il lago. Finalmente disorientati, pensò, sorridendo.
Dai, forza!
Avevano raggiunto il centro del lago e la profondità non era cambiata. Fosse riuscito a tenere diritta la Harley, mantenendo una velocità sufficientemente bassa da evitare che gli spruzzi bagnassero il sistema elettrico, sarebbero riusciti ad attraversarlo. Quello che temeva ora era che, pur essendo entrato in acqua nel punto giusto, non avesse mantenuto una linea retta durante l’attraversamento. Dietro di loro, la Land Rover si stava muovendo di nuovo, diretta al punto di partenza. Forse né Verne né Grimes sapevano del tunnel, nel qual caso, nel perfetto scenario di Matt, lui, Nikki e la Harley sarebbero svaniti come in uno spettacolo di Siegfried e Roy.
Aspettò il più a lungo possibile, poi accese il fanale anteriore. Erano a non più di cinquanta metri dalla riva e la galleria era proprio lì, ad appena qualche metro a destra.
«Tieniti stretta!» gridò, da sopra la spalla.
Le due braccia lo strinsero un po’ di più. Girò a destra, mettendosi diritto di fronte all’apertura e invitando la Harley ad accelerare. Con il motore rombante, esplosero fuori dall’acqua, salirono il basso argine e si lanciarono nella galleria. Il soffitto in acciaio ondulato saettò a meno di trenta centimetri sopra le loro teste. La motocicletta rimbalzò sul pavimento. Davanti a loro, solo buio. Dieci, venti, cinquanta metri. Matt rallentò. La fine del tunnel era proprio davanti a loro. Spense il fanale e uscì nel letto di torrente asciutto, lievemente in discesa. Frenò, si arrestò e controllò dietro di sé. La galleria in metallo, costruita nel cemento, aveva una porta massiccia in metallo che, fortunatamente, era spalancata. Sembrava che Shady Lake fosse una specie di prodigio d’ingegneria, un lago artificiale che forniva svago e rifornimento d’acqua per le piscine e il campo da golf. Non era chiaro da dove venisse deviata l’acqua per riempire il lago. Forse era per quel motivo che la costruzione si era bloccata, rifletté Matt, sorridendo.
A luci spente, seguirono il letto del torrente attraverso la sagoma ondulata di ciò che un giorno sarebbe stato un campo da golf. Dietro di loro, verso il lago, null’altro che buio.
«Come ce la stiamo cavando?» domandò Nikki, la guancia sempre schiacciata contro la schiena di Matt.
«Credo che riusciremo a uscire da questo posto», rispose Matt, tergendosi il sudore dalla fronte con la manica. «La domanda ora è: dove andare?»
«Boston», asserì lei con fermezza. «Portaci a Boston.»
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