Mentre lo aspettava, passò in rassegna i pazienti ricoverati e li trovò tutti bene, compreso Jonathan Eakins. Avrebbe potuto dimetterlo, ma volle essere prudente, considerata la sua cardiopatia, e decise di tenerlo un altro giorno in ospedale.
Quando il professore arrivò, ascoltò attentamente le spiegazioni dettagliate di David, come se fosse ancora un suo allievo durante il tirocinio, poi visitò Mary Ann, ma non scoprì nulla di nuovo.
David lo accompagnò all’auto e tornò a casa. Quel sabato non avrebbe giocato a pallacanestro, non aveva voglia di confrontarsi con l’aggressività e la competitività di Kevin.
Trovò Angela e Nikki che stavano facendo colazione e decise di dedicarsi alla casa. Scese in cantina, tirò via i nastri di plastica messi dalla polizia e portò di sopra i doppi vetri, passando dalla scala che dava direttamente sul cortile posteriore.
Quando Nikki ebbe terminato i suoi esercizi respiratori, lo raggiunse e, con aria complice, gli domandò: «Quand’è che facciamo…»
Lui si portò l’indice alle labbra, accennando con la testa verso la finestra della cucina, da cui Angela avrebbe potuto sentire e disse: «Appena abbiamo finito». Aveva terminato di applicare i doppi vetri a tutto il primo piano e disse a Nikki che doveva mettere via i telai vuoti.
Lei lo aiutò volentieri e, dopo pochi minuti, i telai erano tutti accatastati di fianco alle scale della cantina, nello stesso punto dove stavano prima i doppi vetri. Poi padre e figlia annunciarono ad Angela che sarebbero andati a fare compere in città e balzarono ognuno sulla propria bicicletta.
Angela li guardò allontanarsi, contenta di vederli così allegri, ma già dopo qualche minuto cominciò a sentirsi a disagio, da sola in quella grande casa. Ogni scricchiolio la faceva sobbalzare e non riusciva a concentrarsi sul libro che stava leggendo. Si alzò, chiuse a chiave tutte le porte e, nell’entrare in cucina, non poté fare a meno di immaginare le pareti coperte di sangue.
«Non posso continuare a vivere così», disse ad alta voce. «Ma che cosa devo fare?»
Sfiorò il piano del tavolo, chiedendosi se le gambe avrebbero ancora reagito al Luminol, adesso che le aveva strofinate vigorosamente con il disinfettante più potente che aveva trovato dal signor Staley. No, non le piaceva l’idea di un assassino in libertà, però sapeva anche che David aveva ragione nel dire che era pericoloso ficcare il naso in quell’omicidio. Si mise a sfogliare l’elenco telefonico alla voce «investigatori privati». Trovò parecchie ditte di vigilanza, ma anche qualche investigatore, fra cui un certo Phil Calhoun, a Rutland, cittadina che si trovava poco lontano da Bartlet.
Senza pensarci due volte, Angela compose il numero e le rispose una voce d’uomo rauca e decisa. Quasi balbettando, disse che voleva che si indagasse su un caso di omicidio.
«Interessante», commentò Calhoun.
Angela cercò d’immaginarsi come fosse la persona che stava all’altra estremità del filo. A giudicare dalla voce, doveva essere un uomo robusto, dalla spalle larghe, con i capelli scuri e magari anche i baffi.
«Ci potremmo incontrare», gli propose.
«Vuole che venga io lì o preferisce venire lei?»
Angela ci pensò per un attimo. Non voleva che David scoprisse che cosa stava combinando, non ancora.
«Verrò io.»
«Allora l’aspetto», disse Calhoun, dopo averle spiegato come arrivare da lui.
Angela scrisse un biglietto per David e Nikki, in cui annunciava di essere andata a fare la spesa, e corse via.
Trovò facilmente la casa di Calhoun, che fungeva da studio e da abitazione. Nel vialetto d’ingresso era parcheggiato un camioncino semicabinato con la rastrelliera per il fucile dietro la cabina. Sul paraurti posteriore c’era un adesivo: QUESTO VEICOLO È SALITO SUL MONTE WASHINGTON.
Calhoun non corrispondeva affatto all’immagine romantica dell’investigatore privato che si era fatta Angela. Era sì alto e robusto, ma eccessivamente sovrappeso e inoltre era più anziano di quanto la voce rivelasse. Il viso aveva un colorito terreo, ma gli occhi erano vivaci. Una camicia scozzese, un paio di pantaloni da lavoro retti da bretelle e un berretto da baseball con il nome di una ditta scritto sulla visiera, costituivano il suo semplice abbigliamento.
«Le dà fastidio se fumo?» chiese ad Angela, dopo averla fatta accomodare su un divano piuttosto liso e avere preso in mano una scatola di sigari.
«Siamo a casa sua», rispose lei.
«Allora, questo omicidio?»
Angela riassunse i fatti di cui era a conoscenza.
«Mi pare un caso interessante», commentò Calhoun. «Sarei felice di occuparmene, con compenso orario. Se vuole sapere qualcosa di me, sono un poliziotto statale in pensione, vedovo. Ha domande da farmi?»
Angela lo soppesò. Era un tipo laconico, come quasi tutti gli abitanti del New England, e pareva schietto, cosa che lei apprezzò. Oltre a questo, non aveva modo di giudicarlo o di valutare la sua competenza.
«Come mai ha lasciato la polizia?» gli chiese.
«Pensionamento obbligatorio.»
«Ha mai seguito un caso di omicidio?»
«Non da civile.»
«Che genere di casi segue, di solito?»
«Problemi matrimoniali, furti nei negozi… quel genere di cose.»
«Pensa che saprebbe cavarsela con questo caso?»
«Non c’è dubbio», affermò Calhoun. «Io sono cresciuto in una cittadina del Vermont molto simile a Bartlet. Ho familiarità con l’ambiente, conosco persino alcune delle persone che ci vivono. So come sono le rivalità che covano per anni sotto la cenere e com’è la mentalità della gente. Sono l’uomo adatto per questo lavoro, perché posso porre domande senza farmi notare.»
Durante il breve viaggio di ritorno a casa, Angela continuò a chiedersi se avesse fatto bene a ingaggiare Phil Calhoun e quando e come l’avrebbe detto a David.
A casa trovò Nikki da sola perché David aveva fatto un salto in ospedale, e le chiese come mai non avevano chiamato Alice.
«Papà ha detto che sarebbe tornato subito e che probabilmente tu saresti arrivata prima di lui», rispose la bimba.
Angela non era d’accordo che sua figlia rimanesse sola in quella casa, anche per poco tempo, e considerando incauto il comportamento di David si rassicurò di avere fatto bene a ingaggiare l’investigatore privato.
Mandò Nikki a controllare che tutte le porte fossero chiuse a chiave e intanto le preparo uno spuntino. Quando David tornò a casa, lo prese in disparte e discusse con lui sul fatto che aveva lasciato Nikki da sola. Lui dapprima rimase sulla difensiva, poi promise che in futuro non lo avrebbe più fatto.
Padre e figlia si misero di nuovo a tramare qualcosa insieme, ma Angela non ci fece caso, presa com’era dalla preparazione della cena. Il sabato pomeriggio si divertiva a sfogliare libri di cucina e a sbizzarrirsi in qualche piatto particolare, per rifarsi della fretta con cui doveva cucinare per il resto della settimana.
Scese in cantina per prendere degli ossi di vitello dal congelatore e, fatto qualche gradino, si rese conto che era la prima volta che andava là sotto da quando c’era stata la polizia. Si accorse di essere un po’ nervosa e fu quasi sul punto di tornare indietro per chiedere a David di accompagnarla, ma non volle rendersi ridicola e proseguì.
Vide con piacere che il luogo in cui era stato trovato il cadavere di Hodges non era più visibile, perché era nascosto dai telai vuoti dei doppi vetri. Stava per aprire il freezer, quando udì un rumore provenire proprio da sotto la scala. Si girò e vide con orrore che i telai si stavano muovendo. Sbatté le palpebre, sperando che fosse la sua immaginazione, ma i telai si mossero ancora di più, fino a cadere a terra con un rumore assordante.
Angela cercò di gridare, ma dalla gola non le uscì alcun suono. Cercò di muoversi, ma si sentiva le gambe paralizzate. Riuscì finalmente a fare qualche passo ma, prima ancora di riuscire a raggiungere i primi gradini, dal sottoscala uscì il viso parzialmente scheletrito di Hodges, poi l’uomo tutto intero, che si guardò intorno, come disorientato, quindi le si avvicinò tendendo le mani.
Читать дальше