«Va bene, va bene», cercò di calmarla lui. Si era verificato proprio ciò che temeva e, d’altronde, sapeva che sua moglie non sopportava l’incompetenza.
«Il caso ha bisogno di essere analizzato con occhi nuovi», continuò lei, ignorandolo. «Stamattina ho ricevuto una telefonata dal medico legale che mi confermava che sotto le unghie della vittima si sono trovati brandelli di pelle del suo assalitore. Ecco il tipo di lotta che c’è stata. Ora tutto quello di cui abbiamo bisogno è una persona sospetta. La medicina legale può fare il resto.»
«Grazie di questo prezioso consiglio», disse Robertson alzandosi e avvicinandosi alla porta. «E grazie anche per la sollecitudine che dimostra come cittadina di Bartlet. Adesso, se mi vuole scusare, ho del lavoro da svolgere.»
Intanto aveva aperto la porta e David dovette praticamente strappare Angela da quell’ufficio.
«Hai sentito qualcosa di quello che abbiamo detto?» chiese Robertson a uno dei suoi assistenti che si trovava nelle vicinanze.
«Qualcosa, sì.»
«Detesto questi pezzi grossi della città. Solo perché sono stati ad Harvard o chissà dove si credono di saper fare tutto.»
Rientrò in ufficio e chiuse la porta. Sollevò il ricevitore e premette uno dei tasti della selezione automatica.
«Mi spiace disturbarla», disse con deferenza, «ma credo che potremmo avere un problema.»
«E non osare dipingermi come una femmina isterica!» si lamentò Angela, mentre saliva in macchina.
«Attaccare in quella maniera il capo della polizia locale non è il massimo della razionalità», controbatté David. «Ricordati, questa è una città piccola, non dovremmo farci dei nemici.»
«Una persona è stata assassinata brutalmente, il suo corpo è stato gettato nella nostra cantina e la polizia sembra non avere interesse a scoprire chi è stato. Vorresti lasciare le cose come stanno?»
«Per quanto la morte di Hodges sia un fatto deplorevole, non ci riguarda. È un problema che dev’essere lasciato alle autorità.»
«Che cosa?» gridò Angela. «Quell’uomo è stato picchiato a morte in casa nostra, nella nostra cucina. Ci riguarda eccome, che tu lo ammetta o no, e io voglio scoprire chi è stato. Non mi piace l’idea di un assassino che se ne va in giro per la città. La prima cosa da fare è saperne di più su Dennis Hodges.»
«Io credo che tu drammatizzi eccessivamente le cose; sei irragionevole.»
«Questo me lo hai già fatto capire chiaramente, solo che io non sono d’accordo con te»
La rabbia di Angela non era diretta solo contro Robertson, ma anche un po’ contro il marito. Avrebbe voluto dirgli che anche lui non era poi così razionale come pensava di essere, ma si trattenne.
Ritornati all’ospedale, dovettero parcheggiare lontano dall’ingresso e farsi una camminata.
«Abbiamo già abbastanza guai a cui pensare», le fece osservare David.
«Allora forse dovremmo assumere qualcuno che svolga le indagini per noi», propose lei.
«Non puoi parlare sul serio. Non abbiamo soldi da buttare via per queste sciocchezze.»
«Nel caso tu non mi abbia capito bene, io non penso che siano sciocchezze. Ripeto: c’è un assassino che gira libero per la città, qualcuno che è stato in casa nostra. Magari lo abbiamo già incontrato. Mi viene la pelle d’oca solo a pensarci.»
«Ti prego, Angela, non abbiamo a che fare con un serial killer. Non mi stupisco affatto che non abbiano ancora trovato l’assassino. Non hai mai letto di storie di omicidi in città piccole come questa, dove non si fa avanti nessuno, anche se tutti sanno chi è stato? È una specie di giustizia fatta in casa, dove la gente pensa che la vittima abbia ricevuto quello che si meritava. A quanto pare, Hodges non era ammirato da tutti.»
Nell’atrio dell’ospedale si fermarono.
«Non mi va di abbandonare la faccenda alla giustizia fatta in casa», insistette Angela. «Siamo in una società avanzata, la legge ha la sua importanza e noi ci dobbiamo sentire responsabili.»
«Sei davvero formidabile», le disse David sorridendo, intenerito. «Eccoti pronta a tenermi una lezione sulla responsabilità sociale. Sei una vera idealista, a volte! Ma ti amo!» Si chinò a darle un bacetto sulla guancia. «Ne parleremo ancora, ma adesso calmati: hai già abbastanza problemi con Wadley!»
Angela lo guardò allontanarsi lungo il corridoio. La sua dimostrazione di affetto l’aveva momentaneamente calmata, ma le bastò entrare nella sua stanza e ripensare alla conversazione avuta con Robertson per sentirsi infiammare di nuovo. Allora andò a cercare Paul Darnell.
«Hai sempre vissuto a Bartlet?» gli domandò.
«Sì, tranne due anni di college, quattro di università, quattro di specializzazione e due in marina.»
«Insomma, sei del posto. Immagino che avrai sentito un po’ di pettegolezzi sul cadavere trovato nella mia cantina.»
Paul annuì e si dichiarò disposto a rispondere a un po’ di domande, la prima delle quali riguardava Hodges.
«Che tipo era?»
«Un originale, un vecchio stizzoso che sembrava essere specializzato nel crearsi dei nemici.»
«Come era diventato amministratore dell’ospedale?»
«Per mancanza di concorrenti. Aveva accettato l’incarico in un momento in cui nessun altro medico voleva assumersi quella responsabilità, ritenendola al disotto dello status di un medico. Così lui ha avuto mano libera e lo ha fatto diventare una specie di feudo personale, associandolo a una facoltà di Medicina per dargli prestigio e facendolo diventare un centro medico regionale. In un momento di crisi, ci ha persino messo dei soldi propri. Ma era il peggior diplomatico del mondo e non gli importava nulla degli interessi degli altri, quando si scontravano con quelli dell’ospedale.»
«Come quando l’ospedale ha aperto i centri di patologia e radiologia?»
«Esatto. È stata una buona mossa per la crescita dell’ospedale, ma ha creato un sacco di tensioni. Io, per esempio, mi sono visto decurtare tantissimo le entrate, ma la mia famiglia voleva rimanere a Bartlet e così mi sono adeguato. Altri hanno osteggiato la cosa come hanno potuto e alla fine se ne sono dovuti andare. È evidente che Hodges si è creato un sacco di nemici.»
«Anche il dottor Cantor è rimasto.»
«Sì, ma lui ha convinto Hodges a dare vita a una società mista fra se stesso e l’ospedale per creare un reparto radiologico di prima qualità, l’Imaging Center. Cantor se l’è cavata bene finanziariamente, ma lui è un’eccezione.»
«Ho appena parlato con Wayne Robertson», aggiunse Angela, «e ho avuto la netta sensazione che se la stia prendendo comoda con le indagini sull’omicidio Hodges.»
«Non mi meraviglia», ammise Paul. «Non c’è molta pressione perché il caso venga risolto. La moglie di Hodges abita a Boston e già al tempo della sua morte non stava più con lui da diversi anni. Per di più, potrebbe essere stato proprio Robertson, ce l’aveva con Hodges e proprio la sera della scomparsa aveva avuto una lite con lui.»
«Come mai non erano in buoni rapporti?»
«Robertson lo riteneva responsabile della morte di sua moglie.»
«Era il medico di sua moglie?»
«No, già a quei tempi non esercitava quasi più, si dedicava a tempo pieno all’ospedale. Ma, in quanto direttore, aveva permesso al dottor Werner Van Slyke di esercitare, anche se tutti sapevano che beveva. In realtà, Hodges aveva demandato la questione allo staff medico. Sotto l’effetto dell’alcol, Van Slyke fece un macello con l’appendicite della moglie di Robertson e da allora lui ne attribuisce la colpa a Hodges. Non è razionale, ma l’odio di solito non lo è.»
«Ho l’impressione che scoprire chi l’ha ucciso non sarà facile», commentò Angela.
«Non sai quanto hai ragione, ma c’è un secondo capitolo della faccenda Hodges-Van Slyke. Hodges era in rapporti di amicizia con Traynor, che è l’attuale presidente del consiglio di amministrazione dell’ospedale. La sorella di Traynor era la moglie di Van Slyke e, quando alla fine Hodges lo buttò fuori…»
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