Quale prezzo per quella trascuratezza.
Fiona continuò a singhiozzare.
Anche ammesso che l’omicidio e l’incendio fossero già pianificati a prescindere dalle sue indagini grossolane, Gray giudicò le sue azioni successive. Era fuggito, abbandonando Fiona nel caos, lasciandola sola col suo dolore. Ricordò come l’aveva chiamato, prima arrabbiata, poi implorante.
Lui non si era fermato.
«Adesso non ho nessuno», disse Fiona, piangendo sommessamente sull’abito di Gray.
«Hai me.»
Lei si tirò indietro, con gli occhi gonfi di lacrime. «Ma anche tu te ne andrai.»
«E tu verrai con me.»
«Ma hai detto…»
«Lascia perdere quello che ho detto.» Gray sapeva che la ragazza non era più al sicuro. Sarebbe stata eliminata. Se non per impadronirsi della Bibbia, per metterla a tacere. Sapeva troppe cose. «Hai detto che sapevi l’indirizzo che c’era sulla ricevuta di vendita della Bibbia.»
Fiona lo guardò con evidente sospetto. Aveva smesso di singhiozzare. Si allontanò, valutando se la sua solidarietà fosse soltanto uno stratagemma per farle dire ciò che sapeva.
Gray capì la sua diffidenza, imparata per strada, e sapeva che era meglio non insistere. «Ho un amico che sta per arrivare con un jet privato. Dovrebbe atterrare a mezzanotte. Possiamo metterci in contatto con lui e andare dove vogliamo, con l’aereo. Puoi dirmi dove dobbiamo andare quando siamo a bordo.» Gray le porse una mano, pronto a suggellare l’accordo.
Guardandolo di traverso, con un occhio semichiuso, Fiona gli strinse la mano. «Affare fatto.»
Era una piccola pezza rispetto agli errori del giorno precedente, ma era un inizio. Bisognava toglierla dai pericoli e, una volta sull’aeroplano, sarebbe stata al sicuro. Poteva rimanere a bordo, sorvegliata, mentre lui e Monk proseguivano l’indagine.
Fiona gli passò il taccuino con tutti i simboli scarabocchiati. «Tanto perché tu ti faccia un’idea, dobbiamo andare a Paderborn, in Germania. Ti rivelerò l’indirizzo esatto quando saremo là.»
Gray prese quella concessione come un piccolo indice di fiducia. «Bene.»
L’accordo era concluso.
«Ora, se solo tu potessi far smettere questa musica…» aggiunse la ragazza, gemendo per la stanchezza.
Per tutta risposta, l’incessante cantilena s’interruppe. Anche il ronzio costante delle macchine e il rumore secco delle vetture sui binari cessarono. Nell’improvviso silenzio, fuori dall’angusta porticina risuonarono i passi di qualcuno.
Gray si alzò. «Stai dietro di me.»
Fiona raccolse la Bibbia e la infilò nella borsa. Gray prese una spranga di ferro che aveva trovato poco prima.
La porta si aprì e una luce intensa li abbagliò.
Sorpreso, l’uomo sbraitò in danese: «Che ci fate qui?»
Gray abbassò la spranga. Era stato sul punto di colpire un tizio con la divisa da manutentore.
«La giostra è chiusa», disse l’uomo, facendosi da parte. «Uscite di qui, prima che chiami la sicurezza.»
Gray obbedì. L’operaio lo guardò male mentre gli passava davanti. Capì che impressione doveva fare la scena. Un uomo e un’adolescente nascosti nella cabina di un lunapark.
«Tutto a posto, signorina?» chiese l’operaio. Doveva aver notato gli occhi gonfi e i vestiti strappati.
«Stiamo bene», rispose lei, prendendo sottobraccio Gray e ancheggiando un po’. «Ha pagato un extra per questo giro. »
L’uomo assunse un’espressione di disgusto. «L’uscita posteriore è da questa parte.» Indicò un’insegna luminosa. «Non fatevi più beccare qui dentro. È pericoloso gironzolare da queste parti.»
Mai pericoloso quanto fuori. Gray fece strada verso la porta e l’aprì. Guardò l’ora. Erano da poco passate le undici. Il parco era aperto ancora per un’ora. Forse era meglio provare a uscire subito. Girarono attorno all’edificio e videro che quell’area del lunapark era deserta. Non c’era da meravigliarsi che avessero chiuso quell’attrazione così presto.
Gray sentì musica e schiamazzi provenienti dal lago in mezzo al parco.
«Si stanno radunando tutti per la parata e per i fuochi d’artificio», spiegò Fiona.
Gray pregò che lo spettacolo pirotecnico di quella sera non finisse con persone insanguinate e in preda al panico. Scrutò le immediate vicinanze. Le lanterne illuminavano la notte, le aiuole straripavano di tulipani. I viali di cemento e le piazzole erano poco popolati in quella zona. Erano troppo esposti.
Gray individuò un paio di agenti di sicurezza, un uomo e una donna, che camminavano un po’ troppo decisi nella loro direzione. L’operaio della manutenzione aveva cambiato idea e aveva avvertito la sicurezza?
«È ora di svignarsela di nuovo», disse Gray, trascinando Fiona nella direzione opposta. Si avviò verso il punto in cui convergeva la folla. Camminavano a passo spedito, all’ombra degli alberi. Come due visitatori ansiosi di guardare la sfilata.
Si lasciarono alle spalle i sentieri tra le aiuole ed entrarono nella piazza centrale col grande lago, illuminato dalle luci e dalle lanterne dei padiglioni e dei palazzi circostanti. La folla acclamò il primo dei carri della parata, che entrava nella piazza in quel momento. Era alto tre piani e rappresentava una sirena su uno scoglio, decorata con luci colore verde smeraldo e celeste. Era seguito da altri carri sfavillanti, con fantocci animati alti cinque metri. Il tutto accompagnato da gioiose melodie di flauti e rulli di tamburi.
«È la sfilata di Hans Christian Andersen», disse Fiona. «Celebra il duecentesimo anniversario dello scrittore, santo patrono della città.»
Gray avanzò con lei verso la folla assiepata ai lati del percorso dei carri, attorno al lago. Un gigantesco fiore infuocato esplose nel cielo, specchiandosi nell’acqua, accompagnato da una potente detonazione. Fantastiche cascate di lucenti stelle filanti dipinsero spirali, fischiando nel cielo notturno.
Mentre si avvicinavano alla folla che confluiva verso la parata, Gray manteneva una vigilanza costante, attento a individuare tutte le persone dalla carnagione chiara vestite di nero. Ma erano a Copenhagen. Una persona su cinque era bionda e il nero, a quanto sembrava, era l’ultimo grido in Danimarca.
Il cuore di Gray batteva a tempo coi tamburi. Una breve salva di fuochi d’artificio gli martellò il petto e i timpani. Ma finalmente avevano raggiunto le altre persone radunate per lo spettacolo.
Sopra di loro un altro fiore incandescente crepitò ed esplose, con una pioggia di fuoco.
Fiona inciampò.
Gray l’afferrò, mentre sentiva fischiare le orecchie.
Quando l’eco dell’esplosione svanì, Fiona lo guardò, scioccata. Sollevò una mano da un fianco e gliela mostrò, mentre lui la trascinava in mezzo alla folla.
Fiona aveva il palmo della mano coperto di sangue.
Himalaya,
ore 04.02
Painter si svegliò nel buio: il fuoco era spento. Quanto aveva dormito? Senza finestre, erano fuori dal tempo. Ma intuiva che non ne era trascorso molto. Qualcosa l’aveva svegliato.
Si sollevò su un gomito.
All’altro capo del letto, anche Lisa era sveglia e guardava verso la porta. «Hai sentito?»
La stanza tremò violentemente. Furono raggiunti da un sonoro bum ; era lontano, ma lo sentirono nelle viscere.
Painter gettò indietro le coperte. «Guai.»
Indicò la pigna di vestiti freschi forniti dai loro ospiti. Si vestirono rapidamente: calzamaglie e maglie a maniche lunghe, jeans pesanti e consunti e maglioni ingombranti.
Lisa accese le candele accanto al letto. Infilò i piedi in un paio di robusti stivali di cuoio, più adatti a un uomo. Attesero in silenzio per qualche tempo, forse venti minuti.
Entrambi si lasciarono cadere nuovamente sul letto.
«Secondo te che cosa è successo?» sussurrò Lisa.
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