O almeno così sperava.
Il brioso ritornello si ripeté per la millesima volta. Forse non era terribile quanto It’s a Small World di Disneyland, ma ci mancava poco.
Gray aveva la Bibbia di Darwin aperta in grembo. Ne stava esaminando le pagine con una penna luminosa, alla ricerca di indizi che ne giustificassero l’importanza. La testa gli pulsava di dolore a tempo di musica.
«Hai una pistola?» chiese Fiona, accovacciata in un angolino con le braccia conserte. «Se ce l’hai, sparami subito.»
Gray sospirò. «Manca solo un’altra ora.»
«Non ce la farò mai.»
Il piano era aspettare che il lunapark chiudesse. Gray era sicuro che ormai tutte le uscite fossero sotto sorveglianza, perciò la loro unica speranza era tentare la fuga durante l’esodo di massa dal parco, a mezzanotte. Aveva tentato di farsi confermare l’arrivo di Monk all’aeroporto di Copenhagen, ma il ferro e il rame del vecchio edificio disturbavano il campo del cellulare. Dovevano arrivare all’aeroporto.
«Hai scoperto qualcosa nella Bibbia?» chiese Fiona.
Gray scosse la testa. L’albero genealogico, o, meglio, evolutivo, della famiglia Darwin, raffigurato all’interno della copertina, era particolarmente affascinante. Ma per il resto, nelle pagine che aveva esaminato fino a quel momento, la carta fragile e delicata non conteneva nessun indizio. Aveva scoperto soltanto qualche scarabocchio. Lo stesso segno ripetuto all’infinito, in numerose posizioni diverse.
Gray diede un’occhiata al suo taccuino. Aveva annotato i simboli nell’ordine in cui li aveva trovati, scritti a margine della Bibbia. Non sapeva se li avesse fatti Darwin o il successivo proprietario del volume.
Spinse il taccuino verso Fiona.
«Ci vedi qualcosa di familiare?»
La ragazza sospirò e guardò di traverso i simboli.
«Impronte di uccellini», commentò. «Non vale la pena di scervellarsi.»
Gray s’irritò, ma tacque. L’umore di Fiona era peggiorato. Gli piaceva di più quando era vendicativa e compiaciuta, oppure pazza di rabbia. Da quando erano imprigionati lì dentro, sembrava che si fosse chiusa in se stessa. Gray sospettava che avesse incanalato tutto il dolore e le energie in quello stratagemma per impadronirsi della Bibbia, quella piccola vendetta contro gli assassini di sua nonna; ma, mentre erano chiusi lì al buio, la realtà stava tornando a galla.
Che cosa poteva fare? Prese carta e penna, cercando un sistema per farla concentrare sul presente. Disegnò un altro simbolo: il piccolo tatuaggio che aveva visto sul dorso della mano del compratore.
Le passò il taccuino. «Che ne dici di questo?»
Con un sospiro ancora più accentuato, lei si sporse in avanti a guardare un’altra volta. Scosse la testa. «Un quadrifoglio? Non so. Che cosa dovrebbe… Aspetta.» Prese il taccuino e guardò meglio. Sgranando gli occhi, esclamò: «Ma questo l’ho già visto!»
«Dove?»
«Su un biglietto da visita. Ma non era proprio così, aveva solo i contorni.» Prese la penna e cominciò a disegnare.
«Di chi era il biglietto da visita?»
«Di quello stronzo che è venuto a scartabellare nei nostri archivi mesi fa. Il tipo che ci ha fregato con la carta di credito falsa.» Fiona continuò a disegnare. «E, tu, dove l’hai visto?»
«Era tatuato sulla mano dell’uomo che ha comprato la Bibbia.»
«Lo sapevo! C’è sempre lo stesso bastardo dietro tutta questa storia. Prima cerca di rubarla, poi copre le sue tracce uccidendo Mutti e incendiando il negozio.»
«Ti ricordi il nome sul biglietto da visita?»
Fiona scosse la testa. «Soltanto il simbolo, perché l’avevo riconosciuto.»
Gli passò lo schizzo che aveva fatto. Era un disegno più dettagliato, che, rispetto al tatuaggio, rivelava meglio l’intreccio del simbolo.
Gray picchiettò un dito sul foglio. «Hai riconosciuto questo simbolo?»
Fiona annuì. «Colleziono spille. Certo, con questi vestiti orribili non ho potuto metterne neanche una.»
Gray ricordò la felpa col cappuccio, quella che Fiona indossava quando l’aveva vista la prima volta, ornata di spille e distintivi di ogni forma e misura.
«Ho avuto una fase celtica. Ascoltavo solo quella musica e avevo un sacco di spille con disegni celtici.»
«E questo simbolo?»
«Si chiama Quadrato della Terra o Croce di San Giovanni. È una protezione, invoca i quattro angoli della terra per ottenere potere.» Indicò i cerchi simili a un quadrifoglio. «E per questo che a volte lo chiamano nodo-scudo. Serve a proteggerti.»
Gray si concentrò, ma non trovò nessun significato in quell’indizio.
«È per questo che ho detto a Mutti di fidarsi di quel tizio», aggiunse Fiona, afflosciandosi contro la parete. La sua voce divenne un sussurro, come se avesse paura di parlare. «A lei non piaceva quell’uomo. Era una reazione di pelle. Ma, quando io ho visto quel simbolo sul suo bigliettino, ho pensato che doveva essere un tipo a posto.»
«Non potevi saperlo.»
«Mutti invece lo sapeva», replicò lei, tagliente. «E adesso è morta. Per colpa mia.» Nelle sue parole risuonavano il senso di colpa e la rabbia.
«Sciocchezze.» Gray le si avvicinò e le mise un braccio attorno alle spalle. «Chiunque siano queste persone, erano molto determinate fin dall’inizio. Lo sai anche tu. Avrebbero trovato un modo per impadronirsi di quelle informazioni nel vostro negozio. Non avrebbero mai accettato un no. Se tu non avessi convinto tua nonna a lasciargli guardare gli archivi, avrebbero potuto farvi fuori tutt’e due all’istante.»
Fiona si appoggiò a lui.
«Tua nonna…»
«Non era mia nonna», lo interruppe lei, con la voce soffocata.
Gray se l’era immaginato, ma rimase in silenzio, lasciandola parlare.
«Mi ha sorpreso mentre tentavo di rubare un po’ di roba dal suo negozio. Due anni fa. Ma non ha chiamato la polizia. Mi ha preparato una zuppa di pollo e orzo.»
Gray non aveva bisogno di vedere il viso di Fiona per sapere che aveva abbozzato un sorriso.
«Era fatta così. Ha sempre aiutato i ragazzi di strada. Raccattava i randagi.»
«Come Bertal.»
«E me.» Restò in silenzio per un lungo istante. «I miei genitori sono morti in un incidente stradale. Erano immigrati pakistani, del Punjab. Avevamo una casetta a Waltham Forest, a Londra, c’era anche il giardino. Parlavamo di prendere un cane. Poi… sono morti.»
«Mi spiace, Fiona.»
«Mia zia e mio zio mi hanno preso con loro. Erano appena arrivati dal Punjab.» Un’altra lunga pausa. «Dopo un mese, lui ha cominciato a venire nella mia stanza di notte.»
Gray chiuse gli occhi.
«Perciò sono scappata. Ho vissuto per la strada a Londra, per un paio d’anni, ma mi sono cacciata in un guaio con le persone sbagliate. Dovevo scappare di nuovo. Perciò ho lasciato l’Inghilterra e sono andata in giro con lo zaino per l’Europa. Alla fine sono arrivata qui.»
«E Grette ti ha preso con sé.»
«Ma adesso è morta anche lei.» Ancora una volta l’eco del senso di colpa. «Forse porto sfortuna.»
Gray la strinse a sé. «Ho visto come ti guardava. Per lei averti con sé non è stata una sfortuna. Ti voleva bene.»
«Lo so…» Fiona si voltò dall’altra parte. Cominciò a sussultare e a singhiozzare sommessamente. Gray la tenne stretta. Alla fine lei si voltò e affondò il viso tra le sue braccia. A quel punto anche Gray dovette lottare col senso di colpa. Grette era una donna così generosa, amorevole e istintiva, gentile e comprensiva. E ormai era morta. Lui doveva fare i conti con le sue colpe. Se avesse proceduto con maggiore cautela, se fosse stato meno avventato in quell’indagine…
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