Elton Varfi - Il Fantasma Di Margaret Houg

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Londra, ai giorni nostri.
Muore la moglie di un potente e chiacchierato banchiere ma, un anno dopo il decesso, i figli della signora affermano di averne visto il fantasma aggirarsi per la villa.
E’ realtà? E’ un incubo? C’è qualcosa di torbido nella faccenda?
Londra, ai giorni nostri.
Muore la moglie di un potente e chiacchierato banchiere ma, un anno dopo il decesso, i figli della signora affermano di averne visto il fantasma aggirarsi per la villa.
E’ realtà? E’ un incubo? C’è qualcosa di torbido nella faccenda?
Toccherà a Ernest Devon, un ex poliziotto di Scotland Yard ora investigatore privato ed al suo amico Roni, risolvere l’intricato caso, che si sviluppa tra ricatti, sospetti ed un efferato omicidio.
Sullo sfondo si snoda la personale vicenda sentimentale del protagonista, che difende con tenera ostinazione il suo impossibile amore per la ex moglie.

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“Lei è un acchiappafantasmi, signore?” chiese ironicamente la figlia di Houg.

“No, signorina.” ripose Ernest.

“Allora è un medium, un esorcista, qualcosa del genere?”

“Neanche.” rispose Ernest con molta tranquillità.

“Allora non vedo come ci possa aiutare.” disse Barbara, ma Houg intervenne: “Ti prego, Barbara, non è carino rispondere in questo modo al nostro ospite; lui è un investigatore privato ed è anche molto in gamba. Ti vuole fare qualche domanda per capire meglio la situazione ed io ti sarei grato se rispondessi.”

Barbara non disse neanche una parola, poi si accorse di Roni e si avvicinò per salutarlo; quindi si girò verso Ernest e disse: “Dunque, signor Devon, può iniziare l’interrogatorio, sono pronta.”

“Prima di tutto non è un interrogatorio, signorina. Come ha detto prima suo padre, le voglio fare solo qualche domanda per capire che cosa ha visto.”

“Bene. Ho visto il fantasma di mia madre e le assicuro che non sono pazza.”

“Dov’era quando l’ha visto?”

“Ero nella camera di mio fratello. Rebecca era uscita e lui non riusciva a dormire; mi sono affacciata un attimo alla finestra e ho visto qualcosa muoversi nella cappella. Ho spento la luce per vedere meglio e…”

Barbara si fermò e girò la testa verso suo padre, il quale la incoraggiò a continuare.

“E poi ho visto il fantasma di mia madre.” proseguì “Subito dopo ho riacceso la luce e ho chiamato Mary Ann che è corsa subito da me. Le ho raccontato tutto e lei si è affacciata alla finestra, ma non ha visto nulla.”

“Ma lei è sicura che fosse un fantasma?” chiese Ernest.

“Beh, si… si… sono sicura, almeno credo.”

“Cosa le fa pensare che si trattasse di un fantasma e non di una persona in carne ed ossa?”

“Perché una persona in carne ed ossa deve essere pazza per fare quello che ho visto e poi perché ho osservato molto bene il viso ed era proprio quello di mia madre e, dato che è morta da più di un anno, non può essere che un fantasma. Non vedo nessun’altra spiegazione. Però in effetti un dubbio mi rimane …”

“Quale dubbio?” chiese Ernest.

“Se ho visto mia madre, o almeno il suo fantasma, perché ho così tanta paura? In fondo è mia madre che ho visto; però in quel momento per poco non sono svenuta ”

“Ora, per favore, cerchi di ricordare l’intera scena.”

“Ho spento la luce, poi mi sono affacciata alla finestra. All’inizio non ho notato niente di strano, ma poi ho visto una donna e potrei giurare che si trattava di mia madre. Aveva un vestito bianco e lungo che arrivava fino a terra e tra le mani teneva una rosa rossa. Forse lei sentiva il mio sguardo su di sé, perché mi ha guardata e mi ha sorriso, quasi come se volesse prendermi in giro. Poi ha iniziato una specie di danza. Muoveva lentamente le braccia e la testa; erano dei movimenti molto strani e per tutto il tempo non ha distolto lo sguardo dalla finestra. Non ho avuto il coraggio di guardare di più e ho chiamato Mary Ann.”

“Però Mary Ann non ha visto niente, giusto?” chiese Ernest.

“Esatto, lei non ha visto niente.” rispose Barbara.

“Questa sagoma era dentro o fuori dalla cappella?”

“L’ho vista sulle scale, poi non so, non ricordo bene.”

“Suo fratello ha visto qualcosa?”

“No… non credo. Si è solo spaventato perché mi vedeva agitata.”

“Dov’è, ora?”

“Sta dormendo. Per fortuna Rebecca è tornata presto e mio fratello, con lei, si addormenta subito.”

“Io ho finito, per il momento, signorina. Nel caso avessi qualche domanda da farle, spero che lei sia disponibile.”

“Certamente …” disse Barbara che si girò verso suo padre per avere il permesso di andare. Dopo averlo ricevuto salutò Roni ed Ernest e uscì dalla stanza.

“Che cosa ne pensa?” domandò subito dopo l’uscita della figlia Houg ad Ernest.

“Non so ancora cosa pensare. È certo che non si tratta di una vicenda semplice.” rispose l’ investigatore.

“Questo lo so bene, altrimenti non avrei chiesto il suo aiuto…” disse Houg, che prima di continuare si alzò in piedi, proseguendo: “Almeno ora sappiamo che mio figlio non ha inventato tutto.”

“Perché ha pensato che suo figlio potesse avere inventato tutto?” chiese Ernest stupito.

“Perché è un bambino e sa come sono i bambini: troppo spesso volano con la fantasia. Basta un semplice riflesso della luce e vedono draghi, mostri o fantasmi.” rispose Houg.

“In ogni caso, è necessario che io parli anche con suo figlio. Intanto, se lei è d’accordo, vorrei vedere la cappella.” disse Ernest.

“L’accompagno.” disse Houg e azionò di nuovo l’interruttore che si trovava sopra la scrivania.

Non passò molto tempo e la governante entrò nello studio.

“Ha chiamato, signor Houg?” chiese.

“Si, Mary Ann, avremmo bisogno di una torcia.” disse lui.

La governante uscì e gli altri la seguirono.

Arrivati al piano di sotto, Mary Ann portò la torcia.

Uscirono nel giardino. Houg faceva strada, Roni ed Ernest lo seguivano. Una volta fuori, Houg indicò con la torcia la cappella. Ernest si accorse immediatamente delle scale e cercò di immaginare il punto esatto nel quale potesse essere comparso il fantasma. Quando arrivò davanti alla cappella si girò verso la casa e domandò a Houg: “Dov’è la camera di suo figlio?”

“Secondo piano, la terza stanza a partire da destra.” rispose Houg.

Ernest localizzò la stanza, poi prese la torcia e andò verso le scale della cappella come se stesse cercando qualcosa.

“Niente di niente.” disse dopo un po’.

“Che cosa speravi di trovare?” chiese Roni.

“Qualcosa, qualunque cosa.” rispose misteriosamente Ernest, che salì poi le scale ed entrò nella cappella.

Houg e Roni lo seguirono senza dire neanche una parola. Ernest girò la torcia più volte cercando di illuminare le varie parti della cappella, ma sembrò che non avesse trovato niente. Poi improvvisamente la luce della torcia illuminò una porta.

“E questa?” chiese Ernest.

“È la porta di accesso al cimitero di famiglia.” rispose Houg.

“Posso entrare?” domandò Ernest.

Prima che Houg riuscisse a rispondere, intervenne Roni: “Non ti sembra un po’ troppo entrare in un cimitero a quest’ora della notte?”

“Cosa c’è, Roni? Hai paura, forse? Puoi aspettare qui, se vuoi. Io, invece, con il permesso del signor Houg, vorrei dare un’occhiata al cimitero di famiglia.” replicò Ernest con tono canzonatorio.

“Ma certo che può andare, anche se francamente non capisco proprio cosa speri di trovare.” disse Houg.

Ernest si avvicinò alla porta e la aprì. Una ventata d’aria fresca colpì il suo viso nell’istante in cui si trovò fuori. Fece luce con la torcia per leggere i nomi scritti sulle tombe. Si fermò quando lesse “Margaret Houg”. Si avvicinò per vedere meglio e si accorse che sopra la tomba c’era una rosa rossa e sotto di essa c’era qualcosa. Prese tra le mani l’oggetto per capire meglio cosa fosse e si accorse che si trattava di un tarocco. Osservando meglio la carta, lesse: “La morte”.

C’era qualcosa di strano; sentiva un bizzarro respiro, sembrava un respiro affaticato, forse di qualcuno impaurito. Decise allora di mettere in tasca la carta e presa la rosa si girò. La sorpresa fu grande e per poco non si mise ad urlare. Houg era proprio dietro di lui ed Ernest, che non lo aveva sentito arrivare, non si aspettava di vederlo. Il suo respiro era affaticato. Aveva paura.

“Cosa c’è?” disse Houg.

Ernest non rispose subito, aspettò una decina di secondi e poi chiese: “L’ha messa lei la rosa qui?”

“No.” rispose Houg.

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