“È meglio che entriamo, adesso.” disse Ernest e andò verso l’uscita.
Camminarono lungo tutta la cappella e poco prima che uscissero la torcia si spense.
“Forse le batterie sono scariche.” disse Roni mentre scendeva le scale insieme a Houg.
Ernest rimase indietro per un momento e si sentì osservato. Alzò la testa verso la camera del figlio di Houg, ma non vide nulla.
I tre uomini rientrarono in casa e si accomodarono nello studio di Houg.
“Dunque, la rosa non l’ha messa lei.” commentò Ernest non appena furono seduti.
“Assolutamente no, forse sarà stata mia figlia, anche se ho dei forti dubbi su questo.”
“Perché?”
“Perché, conoscendo mia figlia, non credo che potrebbe fare una cosa simile. Da quando è morta sua madre lei non è mai andata a visitare la sua tomba. Barbara è una ragazza ostile e cocciuta, e, detto tra noi, non andiamo molto d’accordo. In realtà non andava d’accordo neanche con mia moglie. Per questo dubito fortemente che possa essere stata lei ad aver deposto quel fiore...” disse Houg.
“Forse suo figlio, allora?”
“Oh no, lui non esce di casa. L’unica volta è stata quando lo abbiamo ricoverato, un mese fa. È da più di un anno che non mette il naso fuori.”
“Quanti anni ha suo figlio?”
“Dodici anni.”
“E non va a scuola?”
“Tre volte alla settimana riceve delle lezioni private.” rispose prontamente Houg.
Mentre il banchiere si alzava per accendere un sigaro, Ernest estrasse dalla tasca il tarocco e lo poggiò sulla scrivania.
Houg lo prese in mano, lo guardò e poi chiese: “Che cos’è?”
“L’ho trovato insieme alla rosa sulla tomba di sua moglie.” disse Ernest.
Houg teneva la carta tra le mai, sembrava sbalordito.
“Che cosa vuol dire?” chiese di nuovo Houg.
“Una cosa sola, signor Houg. Chi ce lo ha messa conosce molto bene il significato di quella carta. Qualcuno qui a casa sa leggere i tarocchi?” chiese Ernest.
“No, no, nessuno” disse Houg, che poi continuò: “Tutto questo è assurdo. Qualcuno ha messo una carta con un simbolo di morte sulla tomba di mia moglie? Lei pensa che questo voglia dire che io e la mia famiglia siamo in pericolo ?”
“Non lo escludo, signor Houg.” rispose Ernest.
“Questo è un incubo, ed io vorrei uscirne il più presto possibile. Non ho paura per me, ma per i miei figli.” disse Houg .
Ernest diede uno sguardo all’orologio e disse: “ Si è fatto molto tardi, signor Houg. Roni ed io dobbiamo proprio andare. Domani mattina sarò nuovamente qui e ne parleremo ancora.”
“Va bene, vi accompagno alla porta.” disse Houg.
Scesero le scale e andarono verso il soggiorno.
Ernest si voltò ed il suo sguardo si posò sul ritratto di Margaret Houg. Per un attimo sentì i brividi lungo la schiena.
“A domani, allora.” disse Houg rivolgendosi ad Ernest appena arrivò alla porta.
“Si, signor Houg, sarò qui appena possibile.” rispose Ernest.
Houg salutò Roni, poi si girò nuovamente verso Ernest come se volesse dirgli qualcosa, ma poi cambiò idea e rientrò in casa.
I due amici partirono in silenzio e solo dopo un paio di chilometri Roni commentò: “È un bel mistero, non pensi?”
“Così sembra.” rispose Ernest.
“Io sono rimasto senza parole. È proprio un bel pasticcio. Non sarà tanto facile.”
“Si, lo so che non sarà facile, ma chi fa questi giochetti alla fine commetterà un errore ed io sarò pronto a metterlo con le spalle al muro.” rispose Ernest, che poi aggiunse: “Almeno spero.”
“Auguriamoci che tutto questo finisca al più presto e soprattutto che nessuno si faccia male.” disse Roni.
“Se è come penso io, è molto probabile che tutta questa storia finisca molto presto.”
“Non mi dire che hai già un sospetto?” domandò Roni.
“Forse.”
“Dai, non fare il misterioso, parla!” lo incoraggiò Roni.
“La figlia di Houg.”
“Che cosa c’entra lei?” chiese Roni stupito.
“Beh… prima di tutto, hai sentito cosa ha detto suo padre di lei? Che è una ragazza ostile e che non vanno molto d’accordo; secondo, nessuno ha visto il fantasma eccetto lei; terzo: hai notato anche tu la somiglianza con la madre, o no? Conclusione possibile: vuole fare un dispetto a suo padre e gioca a raccontare storie di fantasmi.”
“Mi dispiace, ma non mi convince questa versione perché: uno, il fantasma lo ha visto prima il fratello, che è pure stato ricoverato in ospedale per questo; due, è vero che è una ragazza ostile, ma mi sembra troppo inventare tutto questo solo per fare un dispetto al padre; tre, non capisco che cosa c’entri la somiglianza con sua madre.” chiarì Roni.
“Forse mi sbaglio. Il fatto è che sono stanco e poco lucido. Però nel suo racconto c’è qualcosa che non va. Non mi convince affatto.”
“Perché no?”
“Perché dice di avere visto il fantasma bene in faccia, ma anche noi eravamo nella cappella e siamo stati costretti ad usare una torcia elettrica per fare luce, o mi sbaglio?”
“Questo è vero.” rispose Roni.
“Allora, come ha fatto a vedere bene il viso, se la cappella era al buio? E poi, come fa a ricordare bene tutti i movimenti, se dice di averlo visto solo per pochi secondi?”
“Non lo so, Ernest. Sarà meglio che domani tu lo chiarisca direttamente con lei.”
“Certo, che lo farò.” rispose Ernest.
“Ma il pensiero che possa realmente essere un fantasma non ti sfiora nemmeno?” chiese Roni.
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