“Volevo chiederti scusa per ieri sera.”
“Chiedermi scusa? E perché?” chiese Luisa che veramente non capiva.
“Beh… ieri sera volevo invitarti a cena fuori ma non l’ho fatto e così vorrei rimediare stasera, che ne dici?”
“Avevo paura che fosse qualcosa di molto più grave. “ replicò Luisa, rassicurata dalla risposta di Ernest “ Purtroppo però stasera non posso perché ho già preso impegni con un’amica. Mi dispiace veramente, sarà per un’altra volta.” concluse Luisa, ma Ernest non aveva alcuna intenzione di mollare.
“Allora facciamo domani sera” provò ad insistere lui “il ristorante lo scegli tu, per me non…”
“Non posso neanche domani” lo interruppe lei e continuò “purtroppo ho un altro impegno, ma ti prometto che appena sarò più libera ti chiamerò io e passeremo una serata insieme.”
“Va bene, non ci sono problemi. Volevo stare un po’ in tua compagnia. Tutto qua. Allora aspetterò la tua chiamata.” disse Ernest, cercando di sembrare tranquillo, ma in realtà si sentiva uno straccio.
“Beh…” disse Luisa “non volevo certo deluderti, ma…”
“No, nessuna delusione, te lo assicuro” l’interruppe Ernest e continuò “ora è meglio che vada. Devi lavorare. A presto, cara.”
Ernest era sicuro che Luisa non fosse così impegnata come diceva, ma non riusciva a capire per quale motivo lei non volesse uscire con lui. Senza pensarci troppo si fermò davanti a un pub, entrò e fece fuori diverse bottiglie di birra.
Capitolo II
Erano passati tre giorni e Roni non si era fatto vivo. Ernest era in uno stato confusionale; non si ricordava quanti litri di birra aveva bevuto, ma di sicuro dovevano essere tanti, visto che si sentiva così male. Stava seduto, i suoi occhi fissavano il vuoto e non aveva voglia di far niente, non voleva neanche muoversi e infatti rimase immobile anche quando la porta si aprì e Roni entrò.
“Per la miseria! Non avevo mai visto tante bottiglie di birra vuote in una sola stanza!” esclamò Roni, impressionato dalla scena che aveva davanti agli occhi.
“Finalmente il mio amico Roni si è fatto vivo! Ma dove diavolo sei stato per tutto questo tempo?” domandò Ernest, cercando di mettere un po’ d’ordine in tutto quel casino che lo circondava.
“Ho avuto da fare, ma vedo che anche tu non hai perso tempo e hai cercato di dare uno scopo alla tua vita.”
“Ti prego, Roni, mi vergogno abbastanza, non credo di dovere meritare anche i tuoi stupidi commenti. In questi tre giorni sono stato solo come un cane e ho pensato…”
“Hai pensato bene di bere fino a perdere i sensi“ l’interruppe Roni, e, senza lasciargli il tempo di rispondere, continuò “In ogni caso non sono qui per giudicarti, ma per dirti che fra meno di due ore dobbiamo essere da Houg. Ora alzati e come prima cosa fatti la barba e poi una bella doccia. Sono stato chiaro?”
Ernest obbedì senza dire una parola.
Mentre era sotto la doccia sentiva la voce innervosita di Roni.
“Eppure ricordo perfettamente di averti detto di migliorare il tuo aspetto. Quando ti ho visto mi sei sembrato uno zombi e mi hai fatto una pessima impressione. Per fortuna io ti conosco, ma se ti avesse visto uno sconosciuto ti avrebbe scambiato per qualche individuo sospetto scappato da un manicomio.”
Ernest si stava vestendo lentamente e in silenzio, non dando alcuna importanza a quello che diceva Roni perché non aveva voglia di litigare con lui. Quando finì di vestirsi, gli disse semplicemente che era pronto. Anche Roni sembrava più calmo; d’altronde lui si preoccupava per il suo amico e gli dispiaceva quando lo vedeva in quello stato.
Uscirono tutti e due in silenzio e solo quando salirono in macchina Roni disse: “Houg abita fuori città, sulle colline dove ha la dimora di famiglia. Ti prego, Ernest, ascoltalo bene e poi alla fine sarai tu a decidere se accettare o meno.”
“Non ti preoccupare, non ti farò fare una brutta figura. Prima ascolterò attentamente il tuo amico Houg e poi vedremo cosa succederà.”
Nelle parole di Ernest c’era un po’ di ironia e Roni decise che forse era meglio non parlare più, almeno fino all’arrivo in casa di Houg.
Ernest aveva cercato di immaginare come potesse essere la casa di un milionario, ma appena la vide rimase stupito. Quella casa sembrava un castello e tutt’intorno la circondava un prato verde incredibilmente curato. Ernest si accorse di come Roni non fosse affatto stupito e per questo pensò che doveva essere stato in quella casa diverse volte. Passarono il cancello principale che era aperto e proseguirono verso casa. Dal cancello alla casa c’era una distanza di circa cinquecento metri e i due amici stavano camminando su una piccola stradina che era l’unico tratto asfaltato in mezzo a tutto quel verde. Arrivati davanti alla porta, Roni suonò il campanello e qualcuno aprì. Comparve una donna che, a giudicare da come era vestita, doveva essere la cameriera.
Appena la donna vide Roni esclamò: “Salve ,signor Ewin, accomodatevi, avviso subito il signor Houg.”
“Vedo che sei conosciuto qui.” disse Ernest al suo amico appena entrarono.
“Si, ultimamente sono venuto spesso.” rispose Roni.
Entrarono ed Ernest era sempre più impressionato dalla bellezza di quella casa. La sua attenzione venne catturata da un enorme quadro appeso ad una delle pareti che raffigurava una bellissima donna dai capelli neri e lunghi; indossava un vestito bianco e tra le mai teneva una rosa rossa, ma la cosa che più lo sorprendeva era il suo sguardo, così intenso e penetrante che Ernest non riusciva a smettere di fissarlo.
“È il ritratto della mia defunta moglie.” disse una voce alle sue spalle.
Ernest si girò e vide un uomo alto, con i capelli e la barba bianchi, vestito in modo molto elegante.
“Permettetemi di presentarmi, James Houg. Lei deve essere il signor Devon, se non sbaglio.”
“La prego di chiamarmi Ernest.” rispose l’investigatore.
“Molto bene. Allora, Ernest, è un grande piacere conoscerla.” disse Houg e gli strinse la mano. Ernest era in imbarazzo e balbettò qualcosa come “Piacere mio”. Houg si rivolse a Roni e disse: “Ecco qua il mio caro e buon amico Roni. Ti vedo in gran forma.”
“Si, fortunatamente sto abbastanza bene, grazie. Come può vedere ho mantenuto la mia promessa e le ho portato Ernest. Sono sicuro che sarà di grande aiuto per lei.”
“Lo spero anch’io, veramente.“ disse Houg e continuò “Vi posso offrire qualcosa da bere?”
“Per me no, grazie.” rispose Ernest che era ancora in piedi intento ad apprezzare quella casa così straordinaria.
Houg prese una bottiglia e riempì due bicchieri, uno per Roni e l’altro per sé. Poi finalmente si accorse che Ernest era ancora in piedi e lo invitò a sedersi.
“La prego, si sieda. Ho bisogno di parlarle.”
“Sono qui proprio per questo.” disse Ernest che era molto curioso di sapere di cosa di trattasse.
“Beh… è una situazione un po’ bizzarra, per la verità, ma per mio figlio può risultare alquanto pericolosa” comincio Houg e, dopo aver bevuto un sorso dal bicchiere che aveva fra le mani, continuò “Poco meno di un mese fa, esattamente la notte del tredici ottobre scorso, mio figlio è stato ricoverato con urgenza all’ospedale, in uno stato di totale shock. Non ha detto una parola per settimane. Fino a qualche giorno fa. La prima persona con la quale ha parlato subito dopo l’accaduto sono stato io e quando ho saputo il motivo per il quale mio figlio era ridotto in quel modo sono rimasto sbalordito. Insomma…. Pare che abbia visto un fantasma.”
“Un fantasma?!” esclamò Ernest che non poteva credere alle sue orecchie.
“Vedo che il nostro amico Roni non le ha detto nulla a tal proposito.” disse Houg, rivolgendosi a Ernest che era ancora incredulo per quello che aveva sentito.
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