Yrsa Sigurðardóttir - Il cerchio del male

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Università d’Islanda. In un mattino di fine ottobre, il silenzio del dipartimento di Storia viene lacerato da un grido. Aprendo la porta di uno stanzino, il direttore si vede crollare addosso un cadavere senza occhi e con una runa magica incisa sul petto. Il corpo è quello di Harald Guntlieb, enigmatico dottorando tedesco con la passione per il cupo periodo della caccia alle streghe. Ma chi era veramente Harald? Per la polizia, che chiude frettolosamente il caso con l’arresto di un piccolo spacciatore, era solo uno stravagante ragazzo ricco in vena di emozioni forti, dalle perversioni sessuali alle modificazioni corporee estreme. Per Matthew Reich, inviato in Islanda dalla famiglia Guntlieb per riaprire le indagini, era uno dei massimi esperti europei di magia nera, grazie a un’inestimabile quanto agghiacciante collezione ereditata dal nonno. Per Thora Gudmundsdottir, l’avvocatessa incaricata di assistere l’affascinante Matthew, era solo un figlio non amato, incamminatosi fra le tenebre per inseguire un miraggio. Non resta dunque che ripercorrere i passi del giovane in un folle labirinto sulle tracce di un libro maledetto, fra antichi sortilegi e moderne rivalità accademiche, per svelare un mistero sempre più tetro, complesso e intrigante…

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«Siamo in cerca di qualcuno che se la senta di riaprire il caso, di vagliare di nuovo tutte le piste già battute e dare un suo giudizio ponderato sulle conclusioni della polizia». La donna fece una nuova pausa prima di riprendere. «La polizia si rifiuta di parlare con noi. Il che ci irrita molto.»

Il figlio è morto e loro sono irritati dai rapporti con la polizia? «Ci voglio pensare su. Mi può lasciare un numero di telefono dove rintracciarla?»

La signora dettò il numero. «La prego di prendere una decisione entro stasera stessa, se possibile. In caso contrario ci rivolgeremo ad altri.»

«Non si preoccupi. Le farò sapere al più presto.»

«Signora Gudmundsdottir, c’è dell’altro.»

«Sì?»

«Poniamo una condizione.»

«Che sarebbe?»

La donna si schiarì la gola. «Vogliamo essere sempre i primi a sapere tutto quello che troverà. Sia le cose più importanti che quelle meno.»

«Prima di passare ai particolari, aspettiamo di vedere se potrò esservi di aiuto.»

Dopo i saluti di rito Thora riattaccò. Che bello cominciare la giornata facendosi trattare in questo modo, senza parlare della salute del suo conto in banca! Il telefono squillò di nuovo e Thora sollevò la cornetta.

«Chiamo dall’officina. Senta, il problema è più grave di quanto pensassimo.»

«Ha speranze di vita?» ribatté Thora innervosita. La sua auto si era permessa l’insolenza di non mettersi in moto il giorno prima, quando Thora doveva sbrigare delle faccende private all’ora di pranzo. Dopo vari tentativi infruttuosi, alla fine si era dovuta arrendere e l’aveva fatta trainare fino all’officina. Il meccanico l’aveva guardata con compassione e le aveva prestato una vecchia carretta sgangherata da usare durante la riparazione. Purtroppo l’auto di riserva era ricoperta di adesivi con il nome dell’officina, «Bibbi», e sul pavimento del sedile posteriore e del lato passeggeri giacevano ammassi di rifiuti di ogni tipo, principalmente scatole aperte di pezzi di ricambio e lattine di Coca-Cola vuote. Thora dovette accontentarsi, dato che non poteva restare a piedi.

«Pochissime.» Voce gelida. «Le verrà a costare parecchio.» Al che seguì un lungo elenco di termini tecnici che a Thora risultò incomprensibile. La cifra che invece concludeva l’elenco non necessitava di ulteriori delucidazioni.

«Grazie mille. La ripari subito.»

Thora riappese la cornetta e guardò il telefono per qualche minuto. Stava per arrivare il Natale, con le conseguenti spese: addobbi e spese, regali e spèse, feste e spese, inviti in famiglia e spese e — come se non bastasse — ulteriori spese. Non è che allo studio legale ci fosse poi così tanto da fare. Se invece avesse accettato questo incarico dalla Germania avrebbe potuto lavorarci assiduamente. Quanto al lato economico, l’offerta quasi spropositata avrebbe risolto ogni problema finanziario e le avrebbe permesso addirittura di andare in vacanza all’estero con i figli: ci dovevano pur essere mete alla portata di una bambina di sei anni, un ragazzo di sedici e di una donna single di trentasei. Con l’onorario tedesco avrebbe addirittura potuto invitare con sé un uomo di ventisei anni per far tornare l’equazione dei generi e delle età. Sollevò la cornetta.

Non fu la signora Guntlieb che rispose, ma una delle sue domestiche. Thora chiese della padrona di casa e poco dopo sentì un rumore di passi farsi sempre più vicino, probabilmente su un pavimento di ceramica. Una voce glaciale attraversò la linea telefonica.

«Salve, signora Guntlieb. Sono Thora Gudmundsdottir dall’Islanda.»

«Sì». Dopo un attimo di silenzio risultò evidente che per il momento la signora non intendeva dire altro.

«Ho deciso di darvi la mia assistenza.»

«Bene.»

«Quando volete che cominci?»

«Subito. Ho riservato per pranzo un tavolo di ristorante in modo che lei possa incontrare il signor Matthew Reich e discutere con lui l’intera faccenda. Si tratta di un impiegato di mio marito, che si trova in questo momento appunto in Islanda e ha esperienza di investigazioni, cosa che a lei manca. Lui la metterà al corrente di tutte le implicazioni del caso.»

Il tono di rimprovero con cui aveva pronunciato quel «manca» era lo stesso che avrebbe sicuramente usato se Thora si fosse presentata ubriaca alla festa di compleanno di un bambino. Lei tuttavia non si perse d’animo: «Sì, capisco. Vorrei però ribadire di non essere affatto sicura di potervi aiutare».

«Questo si vedrà. Matthew le presenterà il contratto già stilato e soltanto da firmare. Si prenda il tempo necessario per leggerlo bene.»

A questo punto Thora avrebbe voluto mandare all’inferno la gentile signora. Come non sopportava la tracotanza e la maleducazione! Ma ripensando a se stessa, ai figli e al ventiseienne insieme in vacanza al mare, Thora ingoiò l’orgoglio e balbettò un consenso.

«Allora, si faccia trovare all’ Hotel Borg alle dodici in punto. Matthew le dirà tutto ciò che non è apparso sui giornali, dato che alcuni particolari del caso non erano affatto pubblicabili.»

A quelle parole un brivido percorse la schiena di Thora. Parole dette con voce dura e priva di sentimenti, eppure al contempo come rotta dal dolore. La voce di chi ha subito una grave perdita. Thora rimase in silenzio.

«Ci siamo spiegati, allora? Conosce l’albergo?»

Thora per poco non scoppiò in una risata. «Sì, credo proprio di conoscerlo. E penso che ci sarò.» Benché cercasse di tenersi nel vago per lenire il suo orgoglio ferito, Thora sapeva che si sarebbe presentata all’albergo alle dodici in punto.

2

Thora guardò l’orologio e mise via il dossier su cui stava lavorando. Ancora una volta un cliente che non si rassegnava al fatto che il suo caso fosse perduto in partenza. Era soddisfatta di se stessa per essere riuscita a portare a termine una serie di fascicoli di minore importanza, così avrebbe avuto il tempo necessario per incontrare Matthew Reich. Chiamò Bella sulla linea interna: «Sto andando a un appuntamento in città. Non so quanto rimarrò impegnata, comunque non contare sulla mia presenza prima delle quattordici».

Dalla cornetta uscì un grugnito che Thora interpretò come una risposta affermativa. Dio mio, era così difficile dire solamente «sì»?

Prese la borsetta e infilò l’agenda nella ventiquattrore. Tutto ciò che sapeva del caso lo aveva appreso da giornali e telegiornali, che peraltro non aveva seguito con particolare attenzione. Le pareva di ricordare che, a grandi linee, uno studente straniero era stato ucciso, si era abusato del cadavere in maniera orripilante e uno spacciatore di stupefacenti, che continuava a proclamarsi innocente, era stato arrestato. Certo, non molto su cui basare delle indagini.

Mentre si infilava il cappotto, Thora si guardò nel grande specchio dell’ufficio. Sapeva che una bella impressione al primo appuntamento contava più di ogni altra cosa, soprattutto con clienti di alto livello. «L’abito fa il monaco», dice chi si può permettere il meglio. E questo vale soprattutto per le scarpe. Per fortuna le sue erano accettabilmente eleganti e il completo pantalone molto professionale. Thora si passò le dita tra i capelli biondi e lunghi. Poi frugò nella borsetta e, trovato finalmente il rossetto, se lo mise rapidamente. Di solito preferiva restare quasi senza trucco e, la mattina, le bastavano un po’ di mascara e della crema emolliente. Il rossetto lo teneva per situazioni di emergenza come quella attuale. Il colore sulle labbra le dava un aspetto più mondano e un po’ di sicurezza. Che fortuna assomigliare a sua madre piuttosto che a suo padre, al quale una volta era stato addirittura chiesto di posare come sosia di Winston Churchill. In realtà non si poteva dire che lei avesse una bellezza vistosa, ma gli zigomi alti e gli occhi blu a mandorla le donavano un aspetto fotogenico. Inoltre aveva avuto la fortuna di ereditare da parte materna anche la costituzione fisica longilinea.

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