Janet Evanovich - Cacciatrice di taglie

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Cacciatrice di taglie: краткое содержание, описание и аннотация

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Stephanie Plum fa la cacciatrice di taglie per un’agenzia del New Jersey. Il suo compito è ritrovare il misterioso Ranger, sospettato di aver ucciso il figlio di un boss del traffico d’armi. Ma Ranger è anche l’uomo che ha insegnato a Stephanie tutto quello che sa del suo mestiere e che esercita su di lei un fascino pericoloso. E la cattura di Ranger non è l’unico pensiero che non la fa dormire di notte. La spassosa nonna Mazur si è trasferita da lei, un amico le ha affidato un cane bulimico, l’intimità con il fidanzato Joe Morelli è diventata impossibile, Stephanie deve più volte dissuadere dal suicidio un’amica e un maniaco tenta di ucciderla.

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Arrivai a Deal e lentamente passai davanti alla proprietà dei Ramos. Cercai di nuovo di contattare Ranger per telefono. Nessuna risposta. Continuai lungo la strada. Avanti, Ranger, guarda fuori dalla finestra, dovunque tu sia. Ero a un isolato di distanza dalla casa rosa e mi preparavo a fare inversione di marcia, quando la portiera dal lato passeggero venne spalancata e Alexander Ramos saltò dentro.

«Ehi, dolcezza» disse. «Non puoi proprio starmi lontana, eh?»

Merda! Non lo volevo nella mia auto proprio adesso!

«Per fortuna che ti ho vista. Stavo diventando pazzo là dentro» disse.

«Gesù!» esclamai. «Perché non si fa mettere uno di quei cerotti alla nicotina?»

«Non voglio un maledetto cerotto. Voglio una sigaretta. Accompagnami al negozio. E sbrigati, sto morendo.»

«Ci sono delle sigarette nel cassetto portaoggetti. Le ha lasciate lei la volta scorsa.»

Tirò fuori il pacchetto e mise una sigaretta in bocca.

«Non nell’auto!»

«Cristo, è come essere sposati senza neppure il sesso. Andiamo da Sal.»

Non volevo andare da Sal. Volevo parlare con Ranger. «Non ha paura che a casa sentano la sua mancanza? È certo di essere al sicuro andando in quel bar?»

«Sì. C’è qualche problema a Trenton e tutti sono occupati a cercare di sistemare le cose.»

Era possibile che il problema fosse un tizio morto nel garage di Hannibal. «Deve essere un problema serio» dissi. «Forse dovrebbe dare una mano anche lei.»

«Ho già fatto la mia parte. Sto facendo caricare il problema su una nave che parte la prossima settimana. Con un po’ di fortuna la nave affonderà.»

Perfetto, mi aveva spiazzato. Non capivo come avrebbero fatto a mettere il tizio morto su una nave. E non capivo neanche perché volessero farlo.

Poiché non avevo fortuna nel cercare di far scendere Ramos dall’auto, percorsi il breve tratto fino al locale di Sal, poi entrammo e ci sedemmo a un tavolo. Ramos ingollò un bicchierino e si accese la sigaretta. «Tornerò in Grecia la prossima settimana» disse. «Vuoi venire con me? Potremmo sposarci.»

«Pensavo che non ne volesse più sapere di matrimonio.»

«Ho cambiato idea.»

«Sono lusingata, ma non posso accettare.»

Lui si strinse nelle spalle e si versò un altro bicchierino. «Arrangiati.»

«Questo problema a Trenton… si tratta di affari?»

«Affari. Faccende personali. Per me sono la stessa cosa. Lascia che ti dia un suggerimento: non fare figli. E se vuoi vivere alla grande, le armi sono la strada migliore. Questo è tutto quello che posso consigliare.»

Il mio cellulare squillò.

«Che cosa succede?» disse Ranger.

«Non posso parlare adesso.»

Il suo tono di voce era stranamente teso. «Dimmi che non sei con Ramos.»

«Non posso dirtelo. Perché non hai risposto alle mie chiamate?»

«Ho dovuto spegnere il cellulare per un po’. Sono appena tornato e Tank ha detto che ti ha vista dare un passaggio a Ramos.»

«Non è stata colpa mia! Ero venuta qui per cercarti.»

«Be’, è meglio che tu stia ben nascosta perché tre auto sono appena uscite dalla proprietà e credo di indovinare chi stanno cercando.»

Richiusi il cellulare e lo gettai nella borsa. «Devo andare» dissi a Ramos.

«Era il tuo ragazzo, vero? Sembra un vero rompipalle. Potrei occuparmene io, se capisci cosa intendo.»

Gettai un biglietto da venti dollari sul tavolo e afferrai la bottiglia di ouzo. «Venga» dissi «questa possiamo portarla con noi.»

Ramos guardò oltre la mia spalla in direzione della porta. «Oh Cristo, guarda un po’ chi c’è.»

Avevo paura di guardare. «Sono i miei baby sitter» disse Alexander. «Non posso neppure pulirmi il culo senza avere un pubblico.»

Mi voltai e quasi svenni per il sollievo nel vedere che non si trattava di Hannibal. Erano due uomini, entrambi sulla cinquantina, in giacca e cravatta. Avevano l’aria di gente che mangia un sacco di pasta e probabilmente non rifiuta neppure il dolce.

«C’è bisogno di lei a casa» disse uno dei due.

«Sono qui con la mia amica» rispose Alexander.

«Già, ma forse potrebbe incontrarla in qualche altra occasione. Non siamo ancora riusciti a trovare quel carico che dobbiamo portare sulla nave.»

Uno dei due accompagnò Alexander fuori dalla porta e l’altro rimase indietro per parlarmi.

«Senta» disse «non è bello approfittare di una persona anziana in questo modo. Non ha amici della sua età?»

«Io non mi sto approfittando di lui. Me lo sono ritrovata nell’auto.»

«Lo so. Lo fa, alle volte.» L’uomo prese dalla tasca un fermasoldi e ne estrasse un centone. «Ecco, questo è per il suo disturbo.»

Feci un passo indietro. «Lei ha frainteso tutto.»

«D’accordo, quanto vuole?» Prese altri nove biglietti da cento, li ripiegò e li lasciò cadere nella mia borsa. «Non voglio più sentir parlare di lei. E lei deve promettere di lasciare in pace il vecchio. Capito?»

«Aspetti un momento…»

Lui scostò di lato la giacca per mostrarmi la pistola.

«Ora capisco» dissi.

Si voltò, uscì dalla porta e salì sulla Town che aspettava vicino al marciapiede. L’auto partì.

«La vita può essere davvero strana» dissi al barista. Poi me ne andai anch’io. Quando fui abbastanza lontana da Deal da sentirmi al sicuro ritelefonai a Ranger e gli raccontai di Stolle.

«Voglio che tu vada a casa e ti chiuda dentro» mi ordinò Ranger. «Manderò Tank a prenderti.»

«E poi?»

«E poi ti farò portare in qualche posto sicuro finché tutta questa faccenda non si sistemerà.»

«Non credo proprio.»

«Non rendermi le cose difficili, stavolta» disse Ranger. «Ho già abbastanza problemi.»

«Bene, allora risolvili. E risolvili in fretta!» E chiusi la comunicazione. Ecco fatto, avevo perso la pazienza. Era stata una giornata pesante.

Quando parcheggiai nel cortile, Mitchell e Habib mi stavano aspettando. Li salutai con un cenno della mano ma loro non risposero. Nemmeno un sorriso. Nemmeno un commento. Non era un buon segno.

Salii due piani di scale e mi affrettai a raggiungere il mio appartamento. Sentivo un malessere allo stomaco e il cuore in subbuglio. Entrai in casa e fui sopraffatta dal sollievo quando Bob mi venne incontro. Chiusi a chiave la porta alle mie spalle e controllai Rex per assicurarmi che anche lui stesse bene. C’erano dodici messaggi in segreteria telefonica. Uno era muto. Sembrava uno dei silenzi di Ranger. Dieci erano per la nonna. L’ultimo era di mia madre.

«Stasera mangiamo pollo fritto» disse. «Tua nonna pensava che forse potresti venire anche tu, visto che non hai niente da mangiare in casa perché Bob ha divorato tutto quello che c’era nella credenza mentre lei la puliva. E la nonna dice che forse è meglio che lo porti a spasso, quando rientri, perché ha ingurgitato due scatole di prugne secche che lei aveva appena comprato.»

Guardai Bob. Fiutava in giro e dalle dimensioni dello stomaco sembrava che avesse ingoiato un pallone da spiaggia.

«Gesù, Bob» dissi «non hai un bell’aspetto.»

Bob ruttò e fece un po’ d’aria.

«Forse dovremmo andare a fare una passeggiata.»

Bob cominciò ad ansimare. La saliva gocciolava sul pavimento e un tuono rombò nel suo stomaco. Arrancò qualche passo in avanti e poi si accovacciò.

«No!» gridai. «Non qui!» Afferrai il guinzaglio e la borsa e lo trascinai fuori dall’appartamento e lungo il corridoio. Non aspettammo l’ascensore. Prendemmo le scale e corremmo attraverso l’ingresso. Lo portai fuori e stavo per attraversare il cortile quando la Lincoln improvvisamente inchiodò davanti a noi. Mitchell saltò fuori dall’auto, mi spinse a terra e afferrò Bob.

Quando riuscii a rialzarmi in piedi, la Lincoln era già ripartita. Io urlai e le corsi dietro, ma l’auto era già fuori dal parcheggio sulla St. James Street. A un tratto frenò. Le portiere si spalancarono e Habib e Mitchell saltarono fuori.

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