Mark Billingham - Maestro di morte

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Maestro di morte: краткое содержание, описание и аннотация

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Il cadavere è nudo, inginocchiato sul materasso di uno squallido albergo di Londra. La testa è coperta da un cappuccio, le mani, legate con una cintura, sono protese in avanti come in preghiera. Il killer l'ha violentato ripetutamente. Poi l'ha strangolato. E alla fine, prima di dileguarsi, ha ordinato una corona funebre. Non saranno in molti a piangere la morte di Douglas Remfry, reduce da sette anni di reclusione per aver violentato tre giovani donne. Ma all'ispettore Thorne della squadra crimini speciali della polizia di Londra non interessa il passato della vittima. Il suo compito è trovare l'assassino e consegnarlo alla giustizia.

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Tutt’a un tratto, si rese conto che, mentre si spostava da una stanza all’altra, aveva lasciato la tazza di tè da qualche parte, ma non si ricordava più dove. “Chi se ne frega” pensò. Invece, si ricordava perfettamente dove fosse il vino.

Aprendo la bottiglia, si domandò se l’ispettore Thorne fosse uno di quegli strani tipi che si spaventano se una donna mostra interesse per loro.

Forse sarebbe stato meglio aspettare un altro paio di giorni.

Era una serata caldissima. Elvis, la gatta con disturbi emotivi, era inquieta. Seguiva Thorne da una stanza all’altra, miagolando lamentosamente. Thorne sudava, benché indossasse solo una camicia hawaiana aperta e un paio di calzoncini che aveva comprato in occasione della sua ultima breve frequentazione della palestra del quartiere. Mangiò un toast al formaggio, poi si accomodò sul divano a guardare un film. Abbassò il volume al minimo e rimase a osservare le immagini con la radio accesa in sottofondo. Sfogliò il numero di «Time Out» della settimana prima, mettendosi a cercare la band con il nome più ridicolo. Alla fine, poco prima di mezzanotte, esaurì le cose da fare e sentì di non poter più rimandare: prese il telefono e compose il numero di suo padre.

Era tardi, ma non importava. L’orologio interno di suo padre era una delle tante cose che avevano smesso di funzionare.

In un certo senso, il fatto che gli fosse stato diagnosticato il morbo di Alzheimer era stato un sollievo. Le sue eccentricità ora si chiamavano sintomi e Thorne poteva focalizzare l’attenzione su qualcosa di preciso. Si irritava ancora per le barzellette orrende e i commenti privi di senso del padre, ma non si sentiva più a disagio come prima. Ora tutto era cambiato, compreso il senso di colpa, che si era trasformato in una specie di rabbia: una malattia di cui soffrivano entrambi, padre e figlio, e che a volte li costringeva a scambiarsi i ruoli.

Ora su Thorne gravava anche un peso finanziario non sempre facile da reggere, ma al quale si stava abituando. Per quanto suo padre Jim fosse in ottima forma fisica per i suoi settantun anni, aveva comunque bisogno di una badante che lo assistesse in casa tutti i giorni e la sua pensione minima non bastava a coprire neppure in parte quelle spese. La zia Eileen, la sorella alla quale il vecchio non era mai stato molto legato, veniva da Brighton una volta alla settimana e teneva Thorne informato delle condizioni del padre.

Lui gliene era grato, anche se gli sembrava un costume molto britannico questo riunirsi delle famiglie quando ormai è troppo tardi.

«Papà…»

«Oh, grazie a Dio. C’è una cosa che mi sta facendo impazzire: chi è stato il primo Doctor Who? Avanti, dimmelo, perché ci sto perdendo la testa.»

«Non si chiamava Patrick Qualcosa? Capelli neri…»

«Troughton è stato il secondo, prima di Pertwee. Oh, merda, che confusione! Speravo che tu lo sapessi.»

«Guarda in quell’enciclopedia della televisione che ti ho regalato.»

«Eileen ha riordinato la casa e chissà dove l’ha messa. Chi altro potrebbe saperlo?»

Thorne cominciò a rilassarsi. Il padre stava bene. «Papà, dobbiamo iniziare a pensare al matrimonio.»

«Quale matrimonio?»

«Quello di Trevor, il figlio di Eileen. Tuo nipote.»

Suo padre fece un respiro profondo che, a causa della raucedine, suonò come un basso ruggito. «È una testa di cazzo. Lo era già quando si è sposato la prima volta e non vedo perché dovrei andare a vedere una testa di cazzo che si sposa per la seconda volta.»

Thorne doveva ammettere che il padre, al di là del suo linguaggio prosaico, non aveva tutti i torti.

«Hai promesso a Eileen che ci saresti andato.»

Ci fu un profondo sospiro, un colpo di tosse catarrosa e poi il silenzio. Thorne pensò che forse il padre aveva appoggiato la cornetta da qualche parte e si era allontanato.

«Papà…?»

«Manca ancora un sacco di tempo, no?»

«È la settimana prossima. Sabato prossimo, per la precisione. Eileen deve avertene parlato di sicuro. Parla solo di quello.»

«Dovrò mettermi un abito scuro?»

«Puoi metterti quello blu. È leggero. Così non avrai caldo.»

«Ma è un abito di lana, quello blu. Ci cuocerò dentro, in quello blu.»

Questa volta fu Thorne a fare un respiro profondo, pensando: “Fa’ come cazzo ti pare”. «Ascolta, passerò a prenderti, dormiremo lì e…»

«Non ho nessuna intenzione di salire su quella trappola mortale che tu chiami automobile.»

«Prenderò un’auto a noleggio, va bene? Vedrai, ci divertiremo. Allora?»

Thorne udì il rumore di un oggetto metallico con cui il padre probabilmente giocherellava. Ultimamente gli era venuta la mania di comprare radio di seconda mano. Le smontava e poi gettava via i pezzi.

«Papà, siamo d’accordo? Possiamo discutere dei particolari più avanti, se vuoi.»

«Tom?»

«Sì?»

Nel silenzio che seguì a Thorne sembrò di udire il rumore dei pensieri che si perdevano per strada, scivolavano in una fessura e sparivano nelle tenebre. Alla fine l’ingranaggio ricominciò a girare, come un film che riprende la giusta velocità dopo un fermo immagine.

«Scopri chi è stato il primo Doctor Who. Lo farai, figliolo?»

Thorne deglutì. «Chiedo un po’ in giro e domani ti chiamo, okay?»

«Grazie…»

«E ascolta, papà, tira fuori dall’armadio l’abito blu. Sono sicuro che non sia di lana.»

«Oh, merda, non mi avevi detto che avrei dovuto indossare un abito…»

22 dicembre 1975

Si trovavano entrambi in cucina. I pochi metri che li separavano erano una distanza infinita. Solo tre giorni a Natale. Dalla radio sul davanzale le canzoni tradizionali provvedevano a riempire il silenzio. Classici stagionali di Elvis e di Sinatra, mescolati con pezzi natalizi più recenti degli Slade e dei Wizzard. Quell’orrenda canzone dei Queen era il pezzo più trasmesso quel Natale. Lui già la detestava di per sé e ora sapeva che non avrebbe mai più potuto ascoltarla senza pensare a lei. Al suo corpo, prima e dopo. All’espressione che doveva aver avuto sul viso, a Franklin che la spingeva a terra in mezzo alle scatole di cartone…

Ora lei stava lavando i piatti e gli dava le spalle. Lui sedeva al tavolo e leggeva il «Daily Mirror». Le notizie, la schiuma del detersivo, il deejay assurdamente allegro… Cose da guardare e ascoltare mentre, separatamente, ognuno dei due pensava a ciò che era accaduto al commissariato quella mattina. Al poliziotto nella sala interrogatori, che strizzava l’occhio all’agente donna, poi si chinava sulla scrivania e si metteva a urlare.

Lui pensava al viso del poliziotto. Al suo sorriso che era come uno schiaffo.

Lei pensava all’odore dell’uomo.

«Bene» aveva detto il poliziotto. «Ripetiamo tutto da capo.» E dopo l’aveva ridetto. Ancora. E ancora. Scuotendo la testa con indulgenza, quando lei alla fine era scoppiata in lacrime, e facendo cenno all’agente donna di avvicinarsi con un fazzoletto.

Un paio di minuti, un bicchiere d’acqua, poi avevano ricominciato.

Il sergente camminava su e già per la stanza, come se in tanti anni di pratica non avesse mai imparato la differenza tra vittima e criminale.

Lui non aveva fatto né detto alcunché. Avrebbe voluto farlo, ma si era convinto che fosse meglio evitarlo. Era rimasto seduto a guardare e ad ascoltare sua moglie che piangeva, pensando a cose stupide, tipo come mai, con il freddo che faceva, lui era infagottato nel suo cappotto più pesante, mentre quel bastardo di sergente era in maniche di camicia. E sudava, perfino, sotto le ascelle.

Ora alla radio c’era un coro…

Si alzò e si diresse lentamente verso il lavello, fermandosi dietro di lei. Sentì la moglie irrigidirsi.

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