Le diedi il mio biglietto da visita e mi presentai. «Sto cercando Eddie DeChooch» dissi. «Corre voce che se ne vada in giro per la città guidando la sua auto.»
«La Cadillac bianca? Sì. A Eddie serviva una macchina e io non uso mai la Cadillac. L’ho ereditata quando mio zio Ted è morto. Probabilmente dovrei venderla, ma è un ricordo.»
«Come conosce Eddie?»
«È uno dei proprietari dello Snake Pit. Eddie, Pinwheel Soba e Dave Vincent. Perché lo sta cercando? Non lo vorrà mica arrestare? È un vecchietto dolcissimo.»
«Non si è presentato all’udienza in tribunale e deve fissarne un’altra. Sa dove posso trovarlo?»
«Mi spiace. Ha fatto un salto qui la settimana scorsa. Non ricordo che giorno fosse. Voleva prendere in prestito l’auto. La sua è un vero disastro. C’è sempre qualcosa che non funziona e così spesso gli presto la Cadillac. Gli piace guidarla perché è grande e bianca e di notte la trova facilmente nel parcheggio. Eddie non ci vede benissimo.»
Non che siano affari miei, ma non presterei la mia macchina a un cieco. «A quanto pare, lei legge molto.»
«Sono una libro-dipendente. Quando chiuderò con il wrestling voglio aprire una libreria di romanzi gialli.»
«Si riesce a vivere vendendo romanzi gialli?»
«No. Nessuno si guadagna da vivere vendendo romanzi gialli. I negozi sono tutti delle coperture per le attività di scommesse clandestine.»
Eravamo nell’ingresso e mi guardavo intorno per trovare indizi che mi dicessero che DeChooch si nascondeva da Mary Maggie.
«È un bellissimo condominio» dissi. «Non immaginavo che si facessero così tanti soldi con il wrestling.»
«A lottare nel fango non si guadagna niente. Vivo grazie a qualche pubblicità in cui faccio da testimonial. E poi ho un paio di sponsor.» Mary Maggie diede uno sguardo all’orologio. «Cavoli, guarda un po’ che ora si è fatta. Devo andare. Devo essere in palestra tra mezz’ora.»
Uscii dal parcheggio sotterraneo e mi fermai su una strada secondaria per fare qualche telefonata. La prima fu al cellulare di Ranger.
«Ehilà» rispose.
«Sai che DeChooch è proprietario di un terzo dello Snake Pit?»
«Sì, ha vinto la quota a dadi due anni fa. Pensavo lo sapessi.»
«No che non lo sapevo!»
Silenzio.
«Cos’altro sai che io non so?» gli chiesi.
«Quanto tempo abbiamo?»
Riattaccai e chiamai la nonna.
«Voglio che mi cerchi un paio di nomi sull’elenco telefonico» le dissi. «Ho bisogno di sapere dove abitano Pinwheel Soba e Dave Vincent.»
Sentii la nonna che sfogliava le pagine, poi tornò al telefono. «Nessuno dei due è sull’elenco.»
Cavolo. Morelli sarebbe riuscito a procurarmi gli indirizzi, ma non avrebbe lasciato che mi immischiassi con i proprietari dello Snake Pit. Mi avrebbe fatto la morale dicendomi di stare attenta, ci saremmo messi a urlare e litigare e alla fine avrei dovuto mangiare un bel po’ di dolci per calmarmi i nervi.
Feci un respiro profondo e chiamai di nuovo Ranger.
«Mi servono degli indirizzi» gli dissi.
«Provo a indovinare» fece lui. «Pinwheel Soba e Dave Vincent. Pinwheel vive a Miami. Si è trasferito l’anno scorso. Ha aperto un locale a South Beach. Vincent invece abita a Princeton. Pare che ci sia del rancore tra DeChooch e Vincent.» Mi diede l’indirizzo di Vincent e chiuse la comunicazione.
Con la coda dell’occhio intercettai un bagliore argentato e quando alzai lo sguardo vidi Mary Maggie che sfrecciava dietro l’angolo a bordo della sua Porsche. Misi in moto e la seguii. O meglio, le andai dietro tenendola a vista. Andavamo entrambe nella stessa direzione. A nord. Continuai a starle dietro e mi sembrò che la sua destinazione fosse un po’ troppo distante da casa per trattarsi della palestra. Superai la svolta che avrei dovuto prendere per andare a casa e la seguii attraverso tutto il centro della città fino all’estremità settentrionale di Trenton. Se fosse stata in allerta mi avrebbe individuato. È difficile fare un buon inseguimento con una sola macchina. Per fortuna, Mary Maggie non pensava proprio di essere seguita.
Smisi di starle dietro quando svoltò per Cherry Street. Parcheggiai all’angolo della casa di Ronald DeChooch e vidi Mary Maggie scendere dall’auto, dirigersi verso la porta principale e suonare il campanello. La porta si aprì e Mary Maggie entrò in casa. Dieci minuti dopo, la porta si aprì di nuovo e Mary Maggie Mason uscì. Rimase un paio di minuti a parlare con Ronald sulla veranda. Poi salì nuovamente in macchina e se ne andò. Questa volta era davvero diretta in palestra. Rimasi a guardarla mentre parcheggiava ed entrava nell’edificio, poi me ne andai.
Presi la Route 1 per Princeton, tirai fuori una cartina e individuai la strada dove si trovava la casa di Vincent. Princeton non fa precisamente parte del New Jersey. È un isolotto di ricchezza ed eccentricità intellettuale che galleggia nel Mare della Megalopoli Centrale. È una cittadina semplice in mezzo a un dilagare di centri commerciali. A Princeton la gente ha capigliature più ridotte, tacchi più bassi ed è più bacchettona.
Vincent abitava in un grosso edificio bianco e giallo in stile coloniale situato in un lotto ai margini della città. Separato dal corpo centrale, c’era un garage con due posti auto. Nessuna macchina lungo il vialetto. Nessuna bandiera issata a indicare che Eddie DeChooch era in casa. Parcheggiai una casa più indietro sul lato opposto della strada e rimasi a guardare l’edificio. Tutto molto noioso. Nessuna attività. Traffico zero. Non c’erano bambini che giocavano sul marciapiede. Non c’era il rimbombo della musica heavy metal che usciva da uno di quei grossi stereo portatili. Un baluardo di rispettabilità e decoro. Un po’ ostile. Pur sapendo che la casa era stata acquistata con i proventi dello Snake Pit non potevo non avvertire la tronfia ostentazione di una ricchezza tramandata da generazioni. Non credo che a Dave Vincent avrebbe fatto piacere se una cacciatrice di taglie sulle tracce di Eddie DeChooch avesse disturbato la sua quiete domenicale. E forse era solo un’opinione del tutto personale, ma dubitavo che la signora Vincent avrebbe voluto infangare la sua posizione sociale offrendo a uno come Choochy un posto dove nascondersi.
Dopo un’ora di inutile sorveglianza, si avvicinò lentamente un’auto della polizia e parcheggiò dietro di me. Ottimo. Stavano per mandarmi via a calci dal quartiere. Se al Burg qualcuno mi avesse vista seduta ad aspettare davanti a casa sua, avrebbe portato fuori il cane a pisciarmi sulla ruota della macchina. Il tutto sarebbe stato accompagnato da una serie di improperi e volgarità e mi avrebbero urlato di levarmi dalle scatole. A Princeton, invece, mandano un impeccabile ed educatìssimo agente di polizia a fare un accertamento. Questa sì che è classe.
Non mi sembrava ci fosse nulla da guadagnare a far arrabbiare Mr. Agente Perfetto, così scesi dalla macchina e gli andai incontro mentre controllava la mia targa. Gli porsi il mio biglietto da visita e il contratto che sanciva il mio diritto di arrestare Eddie DeChooch. Poi, come al solito, dovetti spiegargli che si trattava di una semplice sorveglianza.
A sua volta, lui mi spiegò che la brava gente di quel quartiere non era abituata a sentirsi sorvegliata e che probabilmente sarebbe stato meglio per me se avessi fatto il mio lavoro in maniera più discreta.
«Certo» dissi. E poi me ne andai. Se hai come amico uno sbirro, probabilmente è il migliore amico che si possa desiderare. D’altro canto, se non sei in confidenza con uno sbirro, ti conviene non farlo arrabbiare.
Rimanere a sorvegliare la casa di Vincent non sarebbe comunque servito a nulla. Se volevo parlare con lui era meglio andarlo a trovare al lavoro. E poi, non avrebbe guastato fare un salto allo Snake Pit. Non solo avrei potuto parlare con Vincent, ma avrei anche rivisto Mary Maggie Mason. Mi era sembrata una brava persona, ma chiaramente c’era sotto qualcos’altro.
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