Parcheggiai la macchina sotto casa e arrancai verso l’appartamento, lasciandomi alle spalle una scia di pozzanghere. Benny e Ziggy mi aspettavano nell’ingresso.
«Ti abbiamo portato della confettura di fragole» disse Benny. «È di quella buona. Smucker, la marca migliore.»
Presi la marmellata e aprii la porta dell’appartamento. «Che cosa volete?»
«Abbiamo sentito dire che hai sorpreso Chooch mentre si faceva un cicchetto insieme a padre Carolli.»
Sorridevano, godendosi evidentemente la situazione.
«Quel Choochy è proprio un fenomeno» disse Ziggy. «È vero che ha sparato a Gesù?»
Sorrisi anch’io. Choochy era davvero un fenomeno. «Le notizie volano» commentai.
«Abbiamo, come dire, degli agganci» rispose Ziggy. «A ogni modo, voghamo solo sapere il tuo parere. Come ti è parso Choochy? Stava bene? Era lucido o no?»
«Ha sparato un paio di colpi al Luna, ma lo ha mancato. Carolli mi ha detto che Chooch è facilmente eccitabile da quando ha avuto l’ictus.»
«E non ci sente più neanche tanto bene» aggiunse Benny.
Al che si scambiarono un’occhiata. Questa volta senza sorridere.
I Levi’s che avevo addosso sgocciolavano e avevano formato un laghetto sul pavimento della cucina. Ziggy e Benny si erano debitamente allontanati.
«Dov’è il tuo amico imbranato?» chiese Benny. «Non viene più in giro con te?»
«Aveva delle cose da fare.»
Mi sfilai di dosso i vestiti non appena Benny e Ziggy se ne furono andati. Rex correva sulla sua ruota, fermandosi di tanto in tanto per guardarmi, incapace di afferrare il concetto di pioggia. A volte rimaneva seduto sotto la bottiglietta dell’acqua che gli gocciolava in testa, ma in generale la sua esperienza di tempo atmosferico era limitata.
Indossai una T-shirt nuova e un paio di Levi’s puliti e mi asciugai i capelli con il phon. Una volta finito, mi ritrovai con una chioma tutto volume e niente forma, così decisi di creare una sorta di diversivo applicando un eye-liner azzurro vivo sugli occhi.
Mi stavo infilando gli stivali quando squillò il telefono.
«Tua sorella sta venendo da te» disse mia madre. «Ha bisogno di parlare con qualcuno.»
Valerie doveva essere davvero disperata per scegliere di parlare con me. Andiamo abbastanza d’accordo, ma non siamo mai state molto affiatate. Troppe differenze sostanziali di carattere. E quando si è trasferita in California ci siamo allontanate ancora di più.
Strano come vanno le cose. Eravamo tutti convinti che il matrimonio di Valerie fosse perfetto.
Il telefono squillò di nuovo e questa volta era Morelli.
«Canticchia» disse. «Quando vieni a riprendertelo?»
«Canticchia?»
«Io e Bob stiamo cercando di guardare la partita ma questo qui non smette di canticchiare.»
«Forse è nervoso.»
«Eccome, cazzo. Fa bene a essere nervoso. Se non smette di canticchiare lo strangolo.»
«Prova a dargli qualcosa da mangiare.»
E riagganciai.
«Vorrei tanto sapere che cos’è che cercano tutti» dissi rivolta al criceto Rex. «So che ha a che fare con la scomparsa di Dougie.»
Qualcuno bussò alla porta ed ecco mia sorella, con il suo look da Meg Ryan, ma vispa e su di giri come Doris Day. Probabilmente sarebbe stata perfetta per la California, ma qui in New Jersey non siamo tanto briosi.
«Sei assolutamente su di giri» osservai. «Non ti ricordavo così.»
«Non sono su di giri… sono allegra. Non voglio più piangere, mai più. A nessuno piacciono i musi lunghi. Voglio voltare pagina e voglio essere felice. Sarò così felice che in confronto a me Mary Sunshine, la star del musical, sembrerà una sfigata.»
Accidenti!
«E sai perché posso essere felice? Posso essere felice perché sono una persona equilibrata.»
Per fortuna che Valerie era tornata in New Jersey. Avremmo sistemato tutto.
«Così questo è il tuo appartamento» disse guardandosi in giro. «Non c’ero mai stata.»
Mi guardai attorno anch’io e quello che vidi non mi fece una buona impressione. Ho un sacco di buone idee per il mio appartamento, ma non so perché non mi decido mai a comprare quei reggicandela di vetro che ho visto al negozio di lampadari o la fruttiera in ottone nel negozio di casalinghi. Alle finestre ho tende dozzinali. I mobili sono relativamente nuovi ma scelti senza uno stile preciso in mente.
Quello dove abito è uno dei tanti appartamenti tutti uguali e a poco prezzo costruiti negli anni Settanta. Un architetto elegante alla Martha Stewart inorridirebbe se lo vedesse.
«Diamine» dissi «mi dispiace davvero per Steve. Non sapevo che voi due aveste dei problemi.»
Valerie si abbandonò a sedere sul divano. «Non lo sapevo neanch’io. Mi ha preso alla sprovvista. Un giorno sono tornata dalla palestra e mi sono accorta che i vestiti di Steve non c’erano più. Poi ho trovato un biglietto sul piano della cucina in cui mi diceva che si sentiva in trappola e che doveva andarsene. Dopodiché ho ricevuto un avviso di pignoramento sulla casa.»
« Wow. »
«Sto pensando che forse potrebbe essere una buona cosa. Cioè, questa faccenda potrebbe aprirmi tutta una serie di nuove esperienze. Tanto per cominciare, devo trovarmi un lavoro.»
«Hai qualche idea?»
«Voglio diventare una cacciatrice di taglie.»
Ero senza parole. Valerie. Una cacciatrice di taglie.
«L’hai detto alla mamma?»
«No. Pensi che dovrei?»
«No!»
«Quando fai la cacciatrice di taglie, puoi organizzarti l’orario di lavoro come vuoi, giusto? Così potrei essere a casa quando le bambine tornano da scuola. E poi le cacciatrici di taglie sono gente tosta, ed è così che voglio che diventi la nuova Valerie… allegra ma tosta.»
Valerie indossava un cardigan rosso di Talbots, jeans firmati ben stirati e mocassini pitonati.
«Tosta» sembrava un po’ eccessivo.
«Non sono sicura che tu sia adatta per fare la cacciatrice di taglie» le dissi.
«Certo che sono adatta» rispose entusiasta. «Devo solo entrare nella mentalità giusta.» Si raddrizzò a sedere nel divano e cominciò a canticchiare. « Io punto in alto… punto in aaaalto! »
Fortunatamente la pistola era in cucina, perché mi era venuto un bisogno impellente di sparare a mia sorella. La sua allegria stava prendendo una piega che non mi piaceva per niente.
«La nonna ha detto che lavori a un caso importante e che forse ti potrei aiutare» disse.
«Non so… questo tipo è un assassino.»
«Ma è anziano, giusto?»
«Già. È un assassino anziano.»
«Mi pare che sia un buon modo per cominciare» annunciò Valerie saltando via dal divano. «Andiamo a prenderlo.»
«Non so precisamente dove trovarlo.»
«Probabilmente sarà al laghetto che dà da mangiare alle anatre. È questo che fanno normalmente gli anziani. Di notte guardano la TV e di giorno vanno a dar da mangiare alle anatre.»
«Sta piovendo. Non credo che se ne starebbe fuori a dar da mangiare alle anatre sotto la pioggia.»
Valerie diede un’occhiata alla finestra. «Giusta osservazione.»
Qualcuno bussò con decisione alla porta e poi cominciò ad armeggiare con la serratura come per vedere se fosse chiusa a chiave. Poi bussò di nuovo.
Morelli, pensai. Che mi restituisce il Luna.
Aprii la porta ed Eddie DeChooch entrò nell’ingresso. Teneva in mano la pistola e aveva un’espressione seria.
«Dov’è?» chiese. «So che sta qui da te. Dov’è quel bastardo schifoso?»
«Stai parlando del Luna?»
«Sto parlando di quell’inutile pezzo di merda che mi sta prendendo per il culo. Ha una cosa che mi appartiene e la rivoglio.»
«Come sai che ce l’ha il Luna?»
DeChooch mi scansò con una spinta e andò prima in camera da letto, poi nel bagno. «Il suo amico non ce l’ha. E non ce l’ho neanch’io. L’unico che rimane è quell’imbecille del Luna.» Aprì vari sportelli e li richiuse sbattendoli. «Dov’è? So che l’hai messo al sicuro da qualche parte.»
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