Io e Morelli ci scambiammo un’occhiata. Confusi. Direi proprio di sì.
«Pensi che sia al sicuro in questa casa?» chiesi a Joe.
«Difficile dire cosa sia sicuro per il Luna» rispose.
«Amen» fece il Luna. «La sicurezza viaggia su ali di farfalla.»
«Non so che accidenti significhi» disse Morelli.
«Significa che la sicurezza è fuggevole, amico.»
Joe mi prese da una parte. «Forse dovremmo portarlo in un centro di riabilitazione.»
«Guarda che ti ho sentito. È un’idea assurda. Quelli che stanno al centro di riabilitazióne sono gente strana. Cioè, sono dei veri e propri depressi. Sono tutti un po’ drogati.»
«Be’, che diamine, non vogliamo di certo metterti insieme a un branco di drogati» disse Joe.
Il Luna annuì. «Ben detto, cazzo.»
«Potrebbe stare da me per un paio di giorni» proposi. Mentre lo dicevo… mi stavo già mordendo la lingua. Che accidenti mi succedeva, oggi? Era come se bocca e cervello fossero scollegati.
« Wow , faresti questo per il Luna? Non ho parole.» Il Luna mi abbracciò. «Non te ne pentirai. Sarò un coinquilino modello.»
Joe non era certo contento quanto il Luna. Aveva dei progetti per la serata. C’era stato quel commento a tavola a casa dei miei a proposito della notte di sesso sfrenato che gli dovevo. Forse aveva scherzato. O forse no. È difficile capire gli uomini. Forse era meglio rimanere con il Luna.
Alzai le spalle a Morelli come per dire: ehi, cosa deve fare una ragazza?
«Okay» disse Joe «chiudiamo e andiamocene di qui. Tu prendi il Luna e io prendo Bob.»
Io e il Luna eravamo davanti alla porta del mio appartamento. Il Luna aveva una piccola sacca di tela dove immaginavo tenesse un cambio e una gamma completa di stupefacenti.
«Okay» dissi «le cose stanno così. Puoi stare quanto vuoi, ma niente droghe in casa mia.» «Piccola» fece il Luna. «C’è della droga in quella borsa?» «Ehi, che faccia ho?» «La faccia di uno che si fa.» «Sì, va bene, ma è perché mi conosci.» «Svuota la borsa per terra.»
Il Luna mise il contenuto della borsa per terra. Infilai di nuovo i vestiti nella sacca e confiscai tutto il resto. Pipe e cartine e un assortimento di sostanze controllate. Entrammo in casa, buttai nello scarico del bagno il contenuto delle buste di plastilene e l’attrezzatura varia nella spazzatura.
«Finché stai qui niente droghe» dissi.
«Ehi, grandioso» fece il Luna. «Il Luna non ha veramente bisogno di farsi. Il Luna è un consumatore a scopo ricreativo.»
Ma va’.
Gli diedi un cuscino e un piumone e me ne andai a letto. Alle quattro fui svegliata dal suono della televisione a tutto volume nel soggiorno. Mi trascinai fuori dalla mia camera in T-shirt e pantaloncini di cotone e guardai il Luna di traverso.
«Che succede? Non dormi?»
«Di solito dormo come un sasso. Non so cosa mi succede. Forse è tutto un po’ troppo. Sono scoppiato, piccola. Capisci cosa voglio dire? Teso.»
«Già. Mi sa tanto che ti ci vuole una canna.»
«È terapeutica, piccola. In California l’erba si compra con la prescrizione medica.»
«Scordatelo.» Tomai in camera, chiusi la porta a chiave e mi misi il cuscino sopra la testa.
Quando cominciai a stiracchiarmi di nuovo erano ormai le sette, il Luna dormiva sul pavimento e in TV c’erano i cartoni animati del sabato mattina. Accesi la macchinetta del caffè, diedi a Rex un po’ d’acqua e qualcosa da mangiare e infilai una fetta di pane nel tostapane nuovo di zecca. Il profumo del caffè appena fatto fece svegliare il Luna.
«Ehilà» disse «che cosa c’è per colazione?»
«Caffè e pane tostato.»
«Tua nonna mi avrebbe preparato le frittelle.»
«Mia nonna non c’è.»
«Stai cercando di fare la dura con me, piccola. Probabilmente ti sei sbafata delle ciambelle mentre a me tocca un misero toast. Ho anch’io i miei diritti.» Non stava urlando, ma non parlava neanche sottovoce. «Sono un essere umano e ho i miei diritti.»
«Di che diritti parli? Il diritto di avere delle frittelle? Il diritto di avere delle ciambelle?»
«Non mi ricordo.»
Oh cavolo.
Crollò a sedere sul divano. «Questo appartamento è deprimente. Mi rende nervoso. Come fai a vivere qui dentro?»
«Lo vuoi questo caffè, o no?»
«Sì, voglio il caffè e lo voglio subito.» Il tono della voce si era un tantino alzato ora. Stava proprio urlando. «Non penserai mica che io rimanga qui ad aspettare il caffè in eterno!»
Sbattei una tazza sul piano della cucina, ci versai un po’ di caffè e la spinsi verso il Luna. Poi telefonai a Joe.
«Mi serve della roba» dissi a Morelli. «Devi trovarmi della roba.»
«Che genere di roba?»
«Marijuana. Ho buttato nel gabinetto tutte le droghe del Luna ieri sera, e adesso non lo sopporto più. Si comporta come se fosse in piena sindrome premestruale.»
«Credevo che volessi disintossicarlo.»
«Non ne vale la pena. Lo preferisco quando è fatto.»
«Rimani lì» disse Morelli. E riagganciò.
«Questo caffè è finto, piccola» si lagnò il Luna. «Voglio un cappuccino.»
«Bene! Andiamo a prendere questo maledetto cappuccino.» Presi la borsa e le chiavi e spinsi il Luna fuori dalla porta.
«Ehi, le scarpe» disse il Luna.
Strabuzzai gli occhi e tirai un sospirone mentre il Luna tornò borbottando nell’appartamento per prendere le scarpe. Benone. Non mi facevo, eppure mi sentivo anch’io in preda alla sindrome premestruale.
Starmene seduta al bar a sorseggiare un cappuccino come se niente fosse non rientrava nelle mie abitudini mattutine, così optai per il McDonald’s, il cui menù offriva cappuccini alla vaniglia e frittelle. Certo non erano all’altezza di quelle di mia nonna, ma non erano neanche così male, e più facili da avere.
Il cielo era coperto e minacciava pioggia. Niente di strano. La pioggia è di rigore nel New Jersey in aprile. Una pioggerellina grigia e costante che incoraggia in tutto lo Stato una mentalità del tipo «teniamoci i capelli sporchi e passiamo tutta la giornata stravaccati davanti alla TV». A scuola ci dicevano che gli acquazzoni di aprile facevano sbocciare i fiori a maggio. Gli acquazzoni di aprile causano anche maxitamponamenti di dieci e più macchine agli incroci e nasi chiusi e pieni di muco. Il lato buono della faccenda è che in New Jersey abbiamo spesso motivo di comprare un’auto nuova e ci riconoscono in tutto il mondo per il nostro accento nasale.
«Come va la testa?» chiesi al Luna mentre tornavamo a casa.
«Piena di cappuccino. Mi sento tutto ovattato, piccola.»
«Mi riferivo ai dodici punti che ti hanno messo sulla ferita.»
Il Luna si passò il dito sul cerotto. «Mi sembra che vada bene.» Rimase seduto per un momento a labbra leggermente socchiuse e con gli occhi che vagavano nei recessi del cervello in cerca di qualcosa. Poi gli si accese la lampadina. «Oh, sì» disse. «Quella vecchia spaventosa mi ha sparato.»
Questo è il lato positivo del fumare erba in continuazione… niente memoria a breve termine. Ti capita una cosa terribile e dopo dieci minuti neanche te ne ricordi.
Ovviamente fumare erba ha anche il suo lato negativo, perché quando succede qualcosa di brutto, per esempio ti scompare un amico, c’è la possibilità che messaggi e fatti importanti si perdano nell’annebbiamento mentale. E c’è anche la possibilità che le allucinazioni ti facciano vedere un viso alla finestra quando in realtà il colpo è stato sparato da un’auto in corsa.
Nel caso del Luna, la possibilità era una buona probabilità.
Sulla via del ritorno passammo davanti a casa di Dougie per controllare che non fosse andata a fuoco mentre dormivamo.
«Sembra tutto tranquillo» dissi.
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