“Ci assicureremo di garantirle tutta la tranquillità e la riservatezza di cui ha bisogno,” lo rassicurò Marie. “Vuole una stanza con vista sull'oceano?”
“La vista non mi interessa. Solo la privacy. E vorrei che non fosse al piano terra.”
Pensando a una camera da dargli al primo piano, le tornò in mente quella stanza segreta che lei e Benjamin avevano appena scoperto. Lo avrebbe sistemato, pensò, all'altro capo, vicino alle scale.
Marie iniziò a registrare il nuovo cliente sul computer della reception. “Che nome metto?”
“È davvero necessario dare un nome? Pagherò in contanti.”
“Beh, ne ho bisogno per il mio registro.” Non era irritata con lui (non ancora, ad ogni modo) ma era perplessa e non sapeva bene come parlargli.
“D'accordo. Il mio nome è Atticus Winslow.” Comunicò quell'informazione piuttosto di malavoglia, estraendo un rotolo di banconote dalla tasca. Mentre le faceva scorrere per prelevare il contante necessario, Marie vide che erano tutti tagli da cento dollari. “Quanto le devo?” chiese.
“Per tre notti, fanno quattrocentoventi dollari.”
Atticus Winslow contò cinque banconote e le diede a Marie. “Tenga pure il resto. Potrà considerarlo un anticipo, nel caso dovessi trattenermi più giorni, altrimenti farà da mancia.”
“Grazie. Ora, ha bisogno d'aiuto con i bagagli?”
“Non ho bagagli.”
“Oh… avevo capito che volesse trattenersi per diversi giorni.”
“Precisamente,” disse lui, guardandola con una certa aria ansiosa.
Marie, ancora disorientata da quell'uomo, gli consegnò la chiave della prima stanza sul lato est del corridoio del primo piano. Lui la prese in un modo che sembrava voler comunicare a Marie che gli stava facendo perdere tempo. Le sembrò sgarbato, ma ripensò al rotolo di banconote da cento che quell'uomo aveva tirato fuori con nonchalance. Atticus Winslow sembrava il tipo di uomo abituato a essere servito e riverito.
“Se dovesse aver bisogno di qualsiasi cosa, mi faccia pure sapere.” Gettò uno sguardo in direzione delle scale e ripensò ancora una volta alla stanza segreta. E se Atticus l'avesse vista? Cosa sarebbe successo se Benjamin fosse stato ancora in quella camera, basito per la scoperta?
Lo guardò allontanarsi, poi vide Posey avanzare nell'atrio. “Ho sentito tutto,” disse sottovoce. “Davvero strano il tizio, vero?”
“A dir poco,” commentò Marie. “Sono stati quindici minuti davvero strani e…”
Il suo telefono squillò e, come sempre, rispose subito. Fece una smorfia, rendendosi conto che non aveva nemmeno avvisato Posey né si era scusata con lei. Ma Posey aveva capito la situazione e aveva già voltato le spalle per tornare in cucina.
“June Manor, qui Marie.”
“Marie?” Era una voce di donna. Sembrava stanca e forse anche un po' agitata.
“Sì… sono io.”
“Ciao, Marie. Sono Anna Grace… e volevo sapere cosa diavolo ha fatto alla mia casa ieri notte.”
“Mi scusi… non capisco.”
Riattraversò il corridoio in direzione di camera sua. Da come era iniziata quella conversazione, era meglio che Posey non sentisse.
“Beh, è esattamente quello che ho chiesto,” ribadì la signora Grace. “Non ho idea di cosa abbia fatto… ma è tutto diverso qui adesso. È inequivocabile.”
“Diverso in che senso?” domandò Marie.
“Oh, è meraviglioso. Sono tornata qui stamattina e mi sembra come se qualcuno, nottetempo, avesse dato una profonda ripulita. Lo sento nell'aria. Anche solo a camminare per casa, sento proprio un'aria diversa. Qualsiasi cosa abbia fatto… grazie.”
“Lieta di aver aiutato.” Ma mentre lo diceva, Marie si sentiva un'imbrogliona. Lei non aveva fatto niente. Era tutto merito di Boo. L'unica cosa che aveva fatto Marie era stata dare un passaggio a Boo per portarlo a Bloom Gardens.
“Posso chiedere una cosa, però?” chiese la signora Grace.
“Certo.”
“Come c'è riuscita?”
Marie aggrottò le sopracciglia. Si accorse, da quella semplice domanda, che più si fosse spinta in quella faccenda, più sarebbe stata costretta a mentire. Non le piaceva mentire e, oltretutto, non ne era mai stata particolarmente capace.
“A essere sincera, non lo so,” disse. “Se ci sono riuscita, non me ne sono nemmeno accorta. È una cosa che è iniziata di recente, l'ho scoperta nel mio bed-and-breakfast.”
“Beh, sono una donna di parola. La pagherò generosamente. Signorina Fortune, glielo giuro, mi sento come se fossi in una nuova casa. Ora… se solo potessi diffondere la notizia che questo posto è cambiato completamente…”
Marie non poté fare a meno di sorridere. “Se trova un'idea vincente, informi anche me. Siamo un po' nella stessa barca, sa.”
Le due donne parlarono dei dettagli per il pagamento, e Marie ancora una volta percepì un vago senso di colpa. Stava per intascare un bel gruzzolo per una cosa che aveva fatto il suo cane. Si chiese cosa avesse in mente esattamente Brendan quando aveva detto alla signora Grace la prima bugia innocente, che conosceva questa specie di disinfestatrice di fantasmi a Port Bliss.
Quando chiuse la chiamata, Marie si sentì confusa. Certo, si sentiva in colpa per aver detto una menzogna, ma c'era anche il sollievo del denaro. Inoltre, sembrava proprio che la piccola performance di Boo a June Manor, dopo tutto, non era stata una semplice combinazione. A quanto pareva, aveva un cane capace di scacciare i fantasmi.
Tornò al banco della reception e gettò uno sguardo in direzione delle scale. Ripensando alla recente scoperta di quella piccola stanza misteriosa e dello strano libro che custodiva, oltre che all'arrivo di Atticus Winslow, Marie ebbe la sensazione che il suo mondo stesse per sfuggire improvvisamente dal suo controllo. La cosa strana era, però, che si trattava per certi versi di un caos positivo. Faceva soltanto ancora un po' fatica ad abituarcisi.
Si diresse nuovamente verso la sala da pranzo, sperando di potersi scusare come si deve con Posey per averla sbolognata in quel modo un po' brusco. Ma a dire il vero non vedeva l'ora di potersi concentrare pienamente sulla stanza segreta nascosta nello sgabuzzino al piano di sopra. A metà corridoio, però, il suo telefono suonò ancora. Alzò gli occhi al cielo e fece un respiro profondo. Cos'altro le riservava quella giornata?
Quando vide il nome sullo schermo, sorrise. E la genuinità di quel sorriso la mise un po' a disagio. Rispose alla chiamata, assumendo un tono scherzosamente scocciato.
“Brendan Peck,” disse seccamente. “Cosa vuoi?”
“Marie! Ma allora sei viva!”
“Ebbene sì, furbone. Ma non grazie a te.”
“Questo mi ferisce. Ma… devo supporre che l'operazione Bloom Gardens è stata un successo?”
“Lo è stato. Ho appena ricevuto una chiamata di ringraziamento dalla signora Grace. Sembrava molto sorpresa e grata. Ma mi sento malissimo per averle mentito, per averle fatto credere che siano miei tutti i meriti per aver… ripulito casa sua.”
“Beh, ma in un certo senso è così, no? Boo è il tuo cane. Ti segue ovunque vai, ti obbedisce e così via. Non credo che sia sbagliato se ti prendi il merito.”
“Sei bravissimo a distorcere la realtà, lo sai?”
“Eh sì, deformazione professionale.”
“Com'è andato il tuo convegno?”
Sembrò sorpreso che glielo chiedesse, ma fu felice di rispondere. Marie rimase ad ascoltarlo, poi toccò a lei iniziare a raccontare. Fu lui a chiedere i dettagli di ciò che era avvenuto a Bloom Gardens. E mentre Marie gli raccontava tutto, si rese conto che era davvero entusiasta di ripercorrere quegli eventi e di descriverli passo dopo passo.
Le fece pensare che, per quel che riguardava le questioni paranormali, ormai era quasi passata dall'altro lato della barricata.
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