Gerolamo Rovetta - Il tenente dei Lancieri
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– Che roba è questa? – Di nuovo aggrottò le ciglia, ficcò due dita nella tasca, ne tirò fuori lentamente il fazzoletto impregnato di acqua, di Colonia, dietro al quale schizzarono via, e ruzzolarono in terra un porta-sigarette d’argento ed un ritratto di donna.
– Che roba è? – ripetè la madre con una intonazione. – Roba mia.
– Roba mia – esclamò il giovanotto arditamente. – Roba mia.
E mentre Maddalena si chinava a raccattare il porta-sigarette, egli, in un attimo, ghermì il ritratto, e se lo ficcò nella tasca interna della giacca, che si abbottonò risolutamente.
– Quel ritratto a me, fuori!
– No.
– Fuori!
– No: mai.
Il giovane, per difenderlo ancor meglio, incrociò lo braccia sul petto.
– Vi ripeto: lo voglio e me lo darete. – Ma essa era avvezza a quelle ribellioni e sapeva che lì per lì, anche a pestarlo, non avrebbe ottenuto niente. Allora, pesando il porta-sigarette sul palmo della mano, come per valutarne il prezzo, cambiò discorso:
– Questo, intanto, rispondete, dove lo avete rubato?
– Rubato?… – Lì per lì il ragazzo si sentì montare il sangue alla testa, ma non poteva, non voleva dire come lo aveva avuto; non voleva compromettere suo padre. – L’ho comperato coi miei denari – rispose.
– Bugiardo! – gli gridò in faccia la signora Maddalena colla voce strozzata, poi, come mossa da un’improvvisa risoluzione: – Venite con me – gli disse, e si avviò al solito bugigattolo: fece entrare Giacomino per il primo; essa lo seguì e chiuse l’uscio.
– Tu fai debiti – gli disse, accostandogli la bocca al viso e quasi bruciandolo con una vampata di fiato.
– No, mamma – balbettò l’altro un po’ scosso.
– Tu fai debiti; non negarlo, io lo so. Da un pezzo me ne sono accorta. I tuoi vestiti li fai rifare, stringere, accomodare. Dove trovi i quattrini? E le cravatte? – E così dicendo, preso Giacomino per il nodo della cravatta, lo scoteva, lo stringeva così forte da soffocarlo. – Tutti i giorni hai una cravatta nuova. Chi ti dà i danari? E questo… balocco? e mostrava il porta-sigarette – costerà almeno una cinquantina di lire. Com’è che si trova nelle tue saccocce? Io denaro non te ne do, tuo padre non può dartene, perché non ne ha: dunque, o rubi o prendi la roba senza pagare, che fa lo stesso. Ti conosco, mascherina. Tu non sei come i tuoi fratelli, tu, tu – e nel crescendo di quel tu, misto alla collera, alla minaccia pareva ci fosse dell’astio, perfino dell’odio.
Giacomo sentì tutto ciò. Nel viso alterato della madre non vide nessuna espressione di bontà, di affetto; diventò ancor più smorto, balbettò qualche parola sconnessa, poi, di colpo, scoppiò in un pianto dirotto.
Alla vista di quelle lacrime, la signora Maddalena, invece di placarsi, parve anche più inviperita: chissà? quelle lacrime le ridestavano forse a suo dispetto un senso di pietà e di rimorso in fondo al cuore.
– Coccodrillo – borbottò. Poi, credendolo vinto, fece l’atto di mettergli la mano in tasca.-Fuori il ritratto.
– No: questo no! – rispose il ragazzo, ridiventando uomo a quella minaccia: non piangeva più, e aggrottava a sua volta le ciglia, guatando la madre cogli occhi torvi.
La signora Maddalena sogghignò beffardamente.
– Un’amante!… E non hai ancora vent’anni! Debiti, giuoco, perché so che vai anche a giuocare al caffè Biffi, alla birraria Nazionale. Debiti, giuoco… e donne. Tu sei di quelle buone lane che mandano in malora le famiglie, che divorano i patrimoni. Ma questo non deve essere, questo io non voglio che sia, per tuo padre, per i tuoi fratelli e per me. Nè colle buone, nè colle cattive, nè da bimbo, nè da ragazzo, nè da uomo, ho mai potuto farti perdere un solo dei tuoi vizi. Ti ho battuto, persino; peggio che peggio! Non hai sentito nè l’amor proprio, nè le botte. Ma non si deve andare avanti così. Guardami bene, e non mi far perdere la bussola, e non farmi diventar matta. È un caso di dovere e di coscienza: o accetti la mia proposta… o so io ciò che farò.
– Non ho paura nè di te, nè delle tue minacce, chiare o tenebrose – rispose Giacomino con piglio arrogante. – Non ho paura di nessuno, io!… ma visto e considerato che in casa mia sono trattato come… come non mi piace, così… se la tua proposta è che io me ne vada… me ne andrò.
Quel bel ragazzo non era mai stato tanto bello come in quel punto. Pareva l’immagine artistica di David in atto di sfidare il Gigante.
La signora Maddalena gli disse seccamente che gli avrebbe pagato tutti i debiti, a un patto: recarsi a Genova dal signor Rosasco, l’armatore, e imbarcarsi: salute, forza e coraggio ne aveva. Col tempo e la volontà di lavorare e di far bene poteva riuscire un buon capitano di mare.
Giacomo si sentì stringere il cuore: e il babbo così buono?… E mademoiselle Fanny?… la piccola cavallerizza?… quella del ritratto?… E i suoi fratelli, la sua casa? E Milano… la più bella città del mondo?… Più, più, mai più! Ma pure il piccolo eroe rimase diritto, impassibile, con una mano sul fianco, e rispose ancora con calma senza che i piccoli baffettini biondi, tirati in su, tradissero un sol tremito delle labbra:
– Sta bene; e sono molto contento di andarmene. Magari oggi per non aspettare domani.
La signora Maddalena lo guardò, poi volse gli occhi altrove. Meno del ragazzo, si sentiva sicura di sè; e la sua voce, proprio la sua voce, era alterata.
– Il signor Rosasco era un buon amico – andava dicendo, quasi per far animo a lui e a se stessa. – In fin dei conti anche quella poteva essere una bellissima carriera, forse la sua fortuna. Fosse stata un uomo lei! Subito in mare! A Milano non c’è più posto per nessuno! C’è troppa gente!
E concluse rabbonita, sorridendo per la prima volta, per la prima volta insinuante, dispostissima a sentire la confessione di una somma enorme:
– La cifra de’ tuoi debiti? Dimmi tutto. Prima di partire pagherai.
– Venti o trenta lire, al giovine del sarto Martinenghi, che mi accomoda gli abiti.
– Va bene, va bene; il più grosso, sentiamo il più grosso.
– Ventidue lire alla calzoleria inglese, per un paio di scarpe gialle, di bulgaro.
– E poi? E poi?… Di’ tutto. Hai la fortuna di avere una madre buona, generosa e che, a tempo debito, sa anche perdonare. E poi?
Giacomino pensò, ripensò. Doveva confessare anche quel centinaio di lire che gli aveva prestato il babbo e colle quali aveva comperato i fiori e un frustino di tartaruga col pomo dorato e anche quel porta-sigarette per regalare a mademoiselle Fanny? No; non lo doveva dire: non lo poteva dire. Non voleva che il babbo fosse sgridato per lui, povero babbo!
– E poi? Avanti.
– E poi – rispose forte e in fretta per finirla – un conto di cravatte, due o tre paia di guanti e dodici lire alla confetteria di Santa Margherita.
– E altro?
La signora Maddalena, per quanto avara, pareva desiderasse, in quel momento, che il figlio avesse un monte di debiti.
– Proprio nient’altro? – domandò con una strizzatina d’occhi significante. – E… la signorina del ritratto?
– Questo è affar mio. Quanto ai miei debiti, se ti paion pochi, non posso inventarne degli altri per farti piacere.
– Eh, eh! signorino! – Non le pare che ce ne sia abbastanza?
La signora Maddalena, a poco a poco riprendeva il sopravvento sulla madre.
– Che cosa si può sperare, quando, sotto la mia educazione e col mio esempio, uno scapestrato che non ha ancora vent’anni spreca un mucchio di danaro per la gola, per la vanità, per fare il milordino? Io posso vantarmi di non aver mai buttato via quattrini nè per la moda, nè pei capricci, e non ho mai sciupato dodici lire dal pasticciere, avendo da mangiare a casa mia.
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