Ali Bey - Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3

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Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3: краткое содержание, описание и аннотация

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Lasciando a sinistra il forte Giuliano, e a destra l'isola Verde , che deve la sua origine ad un dierme naufragato, sul quale la sabbia e la melma ammonticchiandosi ne fecero poco a poco una vasta isola ora coperta di case e di giardini.

In una sinuosità del fiume prendendo il vento da prua, tutti gli equipaggi del nostro, e di altri tredici dierme che ci accompagnavano, saltarono a terra, rimurchiando il proprio bastimento colle corde, finchè in un giro prendendo vento in poppa, furono rimesse le vele, e si giunse in sul mezzogiorno a Rosetta. Sbarcato all'istante andai ad alloggiare nella casa che un arabo mio amico mi aveva preparata.

Rosetta posta sulla riva sinistra del Nilo è poco larga, ma lunga assai. Le case sono fatte di mattoni come quelle della vicina campagna, ed hanno quattro o cinque piani; lo che unitamente alle molte finestre ed alle grandi e sontuose torri, la fa parere una bella città d'Europa. Se poi vi si aggiunga la vicinanza d'un vasto fiume, ed al di là la prospettiva del Delta, la bontà del clima, e l'eccellenza de' suoi prodotti, è facile il giudicare quanto delizioso ne sarebbe il soggiorno, se le benefiche disposizioni della natura non fossero contrariate dagli uomini.

Rosetta è governata da un Agà arnauto detto Alì Bey, che d'ordinario tiene sotto i suoi ordini trecento soldati della sua nazione. Eravi accidentalmente in questo tempo un altro Alì Bey turco figliuolo d'un antico Pascià; onde eravamo nello stesso tempo tre Alì Bey a Rosetta.

In questa città fa la sua residenza un vescovo greco, ed adesso vi si trovava pure l'arcivescovo del Monte Sinai che recavasi dal Cairo a Costantinopoli, ov'era in pari tempo diretto anche il luogotenente generale del Capitano Pascià detto Kiùhia .

Non uscii quel giorno di casa che per visitare il celebre sig. Rosetti che mi fece una straordinaria accoglienza. La seguente domenica fu piovosa, e s'udirono gagliardi tuoni.

Il lunedì 3 ottobre m'imbarcai alle due ore dopo mezzogiorno sopra un càncha per rimontare il fiume. Il càncha è una specie di bastimento unicamente destinato alla navigazione del Nilo: rassomiglia ai dierme , ma ha di più una camera assai comoda divisa in due parti che ne formano una sola, ed un gabinetto circondati da belle finestre. Io vi occupai solo le camere, ed il rimanente della nave i miei domestici, equipaggi, e cavalli.

Alle due ore e mezzo si passò in faccia ad Abu Mandour, ed alle cinque giugnemmo presso Berinhal, borgata posta sulla riva destra dopo aver lasciato Lemir a sinistra.

Le frequenti sinuosità del Nilo obbligando gli equipaggi a rimurchiare spesse volte il bastimento, sono cagione che si prendono assai numerosi: il mio era di quattordici uomini. La sera si diede fondo tra i villaggi di Entaube, e di Edfina.

Martedì 4

Si spiegarono le vele con leggier vento alle otto ore del mattino, e dopo avere lungamente rimurchiata la nave, arrivammo a Fizzara villaggio posto dirimpetto all'altro di Schemschera sulla riva destra, ove vidi passare un feretro. Un uomo ben vestito, probabilmente l'iman, apriva il convoglio seguito da dodici o quindici persone; teneva loro dietro il morto portato sulle spalle da quattro uomini, e coperto da alcuni panni di diversi colori, l'ultimo de' quali era rosso. Era seguito da cento femmine all'incirca che mettevano altissime grida. Giunto il convoglio al luogo della sepoltura le donne si ritirarono, e gli uomini rimasero soli per seppellire il cadavere.

Ad ogni tratto incontravamo delle aje ove battevasi il riso; e le rive erano tutte coperte di vacche e di bufali, che scendevano anche nel fiume fino al collo, e talvolta ancora cacciavano la testa sott'acqua, e ve la tenevano uno o due minuti.

Alle cinque ore e mezzo della sera passammo presso al villaggio di Salmia, e tre ore dopo si gettò l'ancora fra la città di Rähmanieh posta sulla riva sinistra, ed il villaggio di Dessouk situato sull'opposto lato.

La vista di Rähmanieh, come quella delle altre città interne del basso Egitto, è alquanto trista. Le case sono fabbricate sopra piccole alture di terra nera, e fatte di mattoni mal cotti dello stesso colore, che non venendo imbiancati, danno a queste città un aspetto lugubre. Notai un quartiere della città tutto composto di colombaje fatte a guisa di pani di zucchero, o di cupole paraboliche. Accanto alla città trovavansi accampati circa mille Arnauti, che avevano molti battelli al lungo della loro linea.

Mercoledì 5

Si rimase all'ancora fino alle dieci ore, quando si mise alla vela con buon vento, che in breve tempo ci portò tra i villaggi di Morguese e di Maïdmoun, indi a Mehalet Abouaali e Caffer-Machar, in faccia al quale sulla opposta riva vedonsi molti gruppi di case nelle quali sonovi moltissime colombaje eguali a quelle di Rähmanieh; perciocchè scarseggiando in questi paesi le carni, vi si mangiano assai piccioni. In questo luogo le rive sono prive di alberi.

A mezzodì passammo innanzi a Saaffia, poi Mahhaladiaya, indi a Hheberhhil, Dameguiniddena, Schebberis, Saoun-el-Hajar, Nikleh, per ultimo Addahharie allora occupato da' Mamelucchi: per cui ci siamo ben guardati dall'avvicinarvici, tenendoci presso alla destra riva, ove trovasi il casale di Schabour.

Alle otto della sera giunti al di là di Noffa, il bastimento diede in secco sulla sponda destra; lo che ci forzò a passarvi la notte.

Giovedì 6

In sul far del giorno mi avvidi d'essere tra Nitmè e Caffer-el-Baga. Non bastando l'equipaggio a metter la nave a galla si fecero venire alcuni Arabi; ma si dovette restare a Caffer-el-Baga finchè durò un gagliardo vento di levante. Approfittai di questo contrattempo per iscendere a terra, ed osservarvi il passaggio del sole che mi diede per latitudine settentrionale di questo villaggio 30° 47′ 55″.

Dopo tre ore di lentissima navigazione arrivammo alle quattro a Mischla, ed un'ora dopo dovemmo gettar l'ancora per mancanza di vento.

Trovavansi colà ancorati due altri bastimenti, dai quali fummo informati che gli Arabi della riva sinistra avevano alquanto più sopra preso un bastimento, e che avevano due scialuppe armate.

Alle sei ore e tre quarti si fece vela con leggier vento, e passata Zaïra, si diede fondo alle otto e mezzo a Tounoub.

Venerdì 7

Il tempo burrascoso non ci permise di partire avanti le due dopo mezzogiorno. Dopo i villaggi di Komscherif, e di Tschan arrivammo alle quattr'ore e mezzo in faccia a Zaouch. Singolarissima è la vista di questo luogo. Figuriamoci un gruppo di cento cinquanta cupole paraboliche alte diciotto in venti piedi, la di cui base può averne dieci in undici di diametro, formate di terra e di mattoni neri, in mezzo alle quali s'inalza una torre. Queste cupole sono abitate da colombi, e la base dagli uomini; onde potrebbe dirsi essere questo un villaggio di piccioni con pochi individui della razza umana.

Avvicinandosi la notte, i tre equipaggi si posero in armi per esser pronti ad ogni avvenimento in caso che fossero attaccati dagli abitanti della riva sinistra.

Alle sei ore e mezzo, lasciato Nadir sulla sponda destra entrammo mezz'ora dopo nel canale di Menouf al S.O., abbandonando il tronco principale del Nilo, sul quale potevamo trovarci esposti agl'insulti degli Arabi della riva sinistra. Alle dieci ore si diede fondo nel canale.

Sabato 8

Si spiegarono le vele alle sette ore e mezzo fra una densa nebbia, dissipatasi la quale, trovai che il canale poteva in quel luogo avere duecento cinquanta in trecento piedi di larghezza. Ritenuti dalla calma non arrivammo a Menouf prima del mezzogiorno. Ad un'ora ci rimettemmo in viaggio, e si dovette rimurchiare fino a notte.

Domenica 9

Dopo essere rimasti all'ancora nel canale fino alle sette del mattino, si fece vela con un leggier vento, ed alle nove eravamo presso a Quèleti di dove incominciai a scoprire col cannocchiale le montagne del Cairo.

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