Ali Bey - Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3

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Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3: краткое содержание, описание и аннотация

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Infruttuosi riuscirono i reclami de' Consoli Europei al Pascià per metter fine agli eccessi delle sue truppe, onde risolsero di andare colle loro famiglie a bordo di una fregata che trovavasi in porto, e di là spedirono le loro rimostranze ai rispettivi ambasciatori a Costantinopoli.

Alì Pascià intimidito da questo passo dei Consoli gl'invitò a trattare con lui; e finalmente accettarono la proposizione di ritornare alle loro case dopo avere solennemente capitolato col Pascià.

Terminata questa vertenza, ottenne da' Mamelucchi e dagli Arnauti di poter recarsi senza truppe al Cairo. Ma appena vi fu arrivato, facendo avanzare le sue truppe, furono sorprese e disfatte in sulla strada. In conseguenza Alì Pascià ebbe ordine di sortire dal Cairo e dal paese, prendendo la strada della Siria. Il terzo giorno il corpo de' Mamelucchi che lo scortava, rimasto addietro, fece fuoco contro di lui, che ne rimase ucciso con tutta la sua gente.

Mentre ciò accadeva in Egitto, la politica andava preparando per quel paese e pel commercio europeo del Levante un'assai più importante rivoluzione, che andò poi fallita.

Quando gl'Inglesi evacuarono l'Egitto, il Mamelucco Elfi Bey schiavo ed erede di Murat Bey partì con loro alla volta di Malta con intenzione di recarsi a Londra. Ma perchè le circostanze politiche variavano ad ogni istante, e l'importanza della persona d' Elfi Bey ne seguiva le vicende; stanco della poca considerazione in cui dagl'Inglesi era tenuto a Malta, pensò di entrare in trattative colla Francia; ed era già pronto ad imbarcarsi per andarvi, quando gl'Inglesi gli offrirono una nave per passare a Londra; ove appena sbarcato concertò tutto quanto poteva ad un tempo convenire alla propria ambizione, ed agl'interessi della Gran Brettagna. Gli furono in conseguenza assegnati fondi e mezzi per ingrandirsi, e convenuto il piano di condotta che doveva tenersi verso l'Egitto.

Ricolmo di doni e di ricchezze fu Elfi ricondotto in Egitto sopra una fregata inglese: ma Osman Bey Bardissi , il più valoroso ed influente di tutti i Bey adombrato del ritorno d' Elfi , e temendone l'ingrandimento, dispose di disfarsene ad ogni costo. Quando seppe ch'era sbarcato in Egitto, trovò chi si prese l'incarico di avvelenarlo, e temendo che non bastasse il veleno, gli tese insidie per assassinarlo sulla strada.

Elfi dubitò, o fu segretamente avvisato del pericolo che gli sovrastava, e fuggì a cavallo a traverso al deserto, solo, senza danaro, e privo di tutto. Si racconta, che entrato senza saperlo nella tenda di un Bedovino suo nemico mentre non eravi che la sua sposa, palesò il proprio nome per ottenere qualche soccorso. Spaventata la donna del suo pericolo, gli diede viveri ed acqua, pregandolo a fuggir subito onde non essere sorpreso dal marito che mortalmente l'odiava. Elfi approfittò del consiglio. La donna raccontò al marito l'accadutole, il quale non dimenticando in quel primo impeto di collera i generosi sentimenti che lo animavano: donna, gli rispose, se io l'avessi trovato qui non so quello che avrei fatto… forse l'avrei ammazzato… ma… io t'avrei egualmente uccisa, se tu gli avessi rifiutata l'ospitalità, ed i necessarj soccorsi. Tratto maraviglioso di cui non trovansi frequenti esempi nella storia.

Tutti gli effetti preziosi ch' Elfi aveva portati da Londra furono dopo la sua fuga spezzati, saccheggiati, e venduti. Unitosi ad alcuni Mamelucchi suoi partigiani si stabilì nel deserto; e col danaro ch'ebbe dagl'Inglesi non tardò ad ingrossare il suo partito, e sentendosi abbastanza forte, dopo avere sottomesso alcuni dovar , e tribù, venne a bloccare la città di Damanhour poco distante da Alessandria. Ma gli abitanti ch'eransi dichiarati contro di lui, si difendono già da due anni con una piccola guarnigione di Arnauti.

Intanto gl'Inglesi, e gli agenti d' Elfi ottennero firmani dal Gran Signore che lo dichiaravano Schèih-el-Beled , ossia principe feudatario dell'Egitto. Per far eseguire questi firmani la Porta spedì il Capitano Pascià con tutta la squadra ottomana, e spedì inoltre con alcune truppe Mussa Pascià di Salonicchi, come governatore del Cairo: ma Mehemed Alì ed i Scheih di questa città si opposero a tale disposizione, e dopo alcune trattative col capitano Pascià, e colla corte di Costantinopoli, ottennero nuovi firmani in favore di Mehemed Alì . Il capitano Pascià e Mussa Pascià ritiraronsi senza aver fatto nulla il 18 ottobre 1806; ed Elfi Bey rimase solo ed abbandonato nel deserto. Fu questi senza dubbio un fatal colpo per gl'Inglesi, che perdettero i frutti di tanti sacrificj, ed i vantaggi che loro assicurava l'esclusivo commercio dell'Egitto. Ciò è quanto mi fu raccontato, ma io non guarentisco che la verità di ciò che ho veduto io stesso, e quantunque il capitano Pascià e Mussa Pascià mi dassero non equivoche testimonianze di considerazione e di amicizia, portato dai mio carattere più alla contemplazione dalla natura che agl'intrighi degli uomini, mi tenni sempre lontano da simili affari.

Rimasi diciannove giorni accampato fuori d'Alessandria con tutta la mia gente, nel qual tempo raccolsi molte piante marine, e disegnai la veduta d'Alessandria. Avanti di partire da Alessandria il capitan Pascià ebbe la delicatezza di presentarmi, senz'averla richiesta, una lettera commendatizia per Mehemed Alì , un'altra per il Pascià di Damasco, ed un firmano pel Sultano Scheriffo della Mecca.

CAPITOLO XXX

Tragitto a Rosetta. – Bocche del Nilo. – Rosetta. – Viaggio al Cairo pel Nilo.

Dopo il soggiorno di cinque mesi e mezzo in Alessandria, ripresi il mio pellegrinaggio il giovedì 30 ottobre 1806, e m'imbarcai sopra un dierme accompagnato da alcuni de' principali Scheih della città, che vollero seguirmi per due ore di navigazione. Il dierme è un bastimento scoperto a vele latine o triangolari. Quello che m'aveva ricevuto a bordo era de' più grandi, ed a tre alberi, con una gran vela ad ogni albero. La lenta manovra di queste navi le espone a frequenti pericoli; e non passa anno senza qualche naufragio al pericoloso passaggio delle barre del Nilo. Non potendo per cagione del vento assai fiacco giugnere avanti sera alle bocche del Nilo, si diede fondo nella rada d'Aboukir alle quattro della sera.

Il 31, alle sette ore e mezzo arrivammo alla barra del Nilo, la quale è posta quattro miglia all'incirca entro al mare. D'ordinario l'onda è assai gagliarda per l'urto delle acque del mare con quelle del Nilo; e perchè i passaggi praticabili cambiano continuamente di luogo, vi sta continuamente un battello per indicarli alle navi. Malgrado questa precauzione, essendo la barra assai larga, in tempo che il Nilo è povero d'acque non avvi legno per piccolo ch'egli sia, la di cui chiglia non tocchi più volte la sabbia; ciò che stanca assai gli equipaggi, e li espone a perdersi. Quand'io passai, essendo il Nilo gonfio ed il mare tranquillo, si attraversò la barra senza quasi avvedersene.

Mancato affatto il vento si gettò l'ancora sul Nilo poco più addentro della barra. Come è bella la vista di questo mare d'acqua dolce! la bocca del Nilo era ancor lontana più di una lega, e pure bevevamo le acque del Nilo perfettamente dolci, che rispingono quelle del mare assai al di là della barra . Alle nove ore e mezzo un vento favorevole ci portò in mezz'ora alla bocca del Nilo… Quale sorprendente spettacolo! Un maestoso fiume le di cui acque s'avanzano lentamente fra sponde coperte di alberi d'ogni specie, da vasti campi di riso che mietevasi allora, da una infinita varietà di piante aromatiche, da casali, da capanne, da case qua e là sparse, da vacche, da montoni, e da diverse specie d'uccelli che facevano risuonar la campagna co' loro canti, mentre copriva il Nilo un infinito numero di oche, d'anatre e d'altri uccelli acquatici, tra i quali si distinguevano alcune truppe di cigni, che sembravano aver signoria sugli altri. Ah perchè mai la Dea d'Amore non scelse per suo soggiorno le rive della foce del Nilo?

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