Anton Barrili - I rossi e i neri, vol. 2
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- Название:I rossi e i neri, vol. 2
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– Credo di sì; il Crescimbeni… Anzi, aspettate, ci ha da essere perfino un vecchio esemplare del… del… Aiutatemi a dire, Aloise!
– Intorno alle vite dei poeti provenzali ha scritto il Nostradamus; – rispose il Montalto.
– Sì, per l'appunto, un esemplare del Nostradamus. Volete che vada a cercarlo, Ginevra?
– Mi farete cosa gratissima.
– Spietata giudichessa! – esclamò con aria malinconica il Pietrasanta. – Voi mi volete morto, senz'altro?
– No, voglio la giustizia e nulla più. Anzi, perchè abbiate a riconoscere la nostra imparzialità, deleghiamo il vostro migliore amico ad accompagnare Antoniotto nelle sue ricerche in libreria. —
L'invito di Ginevra era accompagnato da un sorriso così lusinghiero, che Aloise, quantunque avesse capito il senso della storiella del Pietrasanta e gli premesse di rimaner solo due minuti con esso lui, fu pronto ad alzarsi e rispose all'amata:
– Grazie, signora; vado subito.
– Vado anch'io, se lo permettete… – soggiunse Enrico, che voleva ad ogni costo trovar l'occasione di tirare in disparte Aloise.
– No, Pietrasanta, la Corte non può concedervi tanto. Non siete voi l'accusato? E come abbiamo delegato il vostro amico per le indagini, così deleghiamo la nostra amica Giulia a tenervi in custodia.
– Ed ecco le catene! qua i polsi! – soggiunse la Giulia, mostrando una nuova matassa di lana.
Enrico Pietrasanta, che si era morso il labbro alle prime parole della marchesa Ginevra, non seppe resistere alla dolce violenza della Giulia.
– Non si faccia resistenza a un così vezzoso carabiniere! – diss'egli, sorridendo. – Eccomi in vostra balìa! —
E porse le mani per accettar le catene.
Al marchese Antoniotto, frattanto, non tornò difficile metter le mani su quell'esemplare del Nostradamus che aveva accennato a sua moglie. E fu uno scoppio universale di risa, un nembo d'arguzie, una gazzarra di festosi motteggi, quando venne fuori, da quelle pagine ingiallite dal tempo e rose dai tarli, la vera storia di Percivalle Doria, trovatore di Carlo d'Angiò, poco dianzi svisata, anzi rifatta di pianta, dall'amico di Aloise.
Ma a lui poco importava delle risa universali: se la cavò ridendo ancor egli da quella tempesta di motteggi, alla quale era già preparato, e allorquando la marchesa Giulia notò malignamente che gli allori di Aloise lo avevano ingelosito, non si provò neanche a contraddirla.
Dal canto suo, Aloise pensava, e andava cercando da sè che diamine avesse inteso di fare il Pietrasanta con quella sua pazzesca narrazione. Come gli parve di aver trovato, si accostò discretamente all'amico, e, cogliendo il destro che gli era offerto da alcune frasi impacciate del marchese De' Carli che tiravano altrove l'attenzione delle dame, gli domandò sommessamente:
– Dimmi, il tuo Laurent di Sauvaine sarebbe egli…
– Sicuramente; – rispose l'altro, – sarebbe Lorenzo Salvani. —
Ma in quella che Aloise stava per ripigliar la parola, i ragionari della brigata furono interrotti da un servo, che, fermatosi ad una rispettosa distanza dal crocchio, annunziò esser l'ora del pranzo. E qui Aloise fu sollecito ad offrire il suo braccio alla Ginevra; il marchese Antoniotto alla Maddalena; laddove ad Enrico Pietrasanta fu preso, più ch'egli non l'offrisse a lei, dalla vezzosa Giulia, che si avviava con lui, come i lettori discreti hanno già inteso, in quelle amene regioni del Tenero, che ci lasciò descritte, nella sua famosa carta, madamigella di Scudéry.
La faccenda del pranzo occupò due ore buone. Il Pietrasanta, seduto lontano da Aloise, aveva un bel saettarlo d'occhiate; Aloise era tutto nei discorsi di Ginevra, e non poteva badare a lui. Le occhiate, d'altra parte, se bastano talvolta a significare un sentimento, un affetto, non giungono mai ad esprimere un ragionamento.
Per pochi minuti, quando si furono alzati e la consuetudine li ebbe condotti in giardino, Enrico potè finalmente tirare in disparte Aloise. Ma il loro dialogo era a mala pena cominciato, che le dame inoltrandosi da quella banda, vennero a rompergli il filo.
– Voi siete un guastafeste, Pietrasanta; – disse la Ginevra, con un accento che imparadisò il giovine Aloise; – le dame escono a passeggio; e voi rapite loro i cavalieri.
– Perdonatemi, signora; parlavo ad Aloise di un mio negozio piuttosto grave…
– Parlatene a me! – entrò a dire la Giulia. – Le donne ci hanno spesso di buoni consigli in serbo. —
E prese, come aveva già fatto da prima, il braccio di Enrico. Ed egli, che non era sant'Antonio, cedette a quella dolce violenza.
Qui certamente era da scorgersi un deliberato proposito delle signore. La Giulia voleva far ricredere il Pietrasanta di tutte le sue chiacchiere contro l'amore, e questo era facile ad immaginarsi. Ma Ginevra! Che cosa pensava Ginevra? Ella mirava a trattenere Aloise, ed anche questo s'intendeva facilmente. Ma perchè? Voleva forse fare ammenda con lui della sua solita severità? O non era che un capriccio di donna, che aveva notato un segreto tra i due giovani, e s'impuntava a tenerli divisi? O c'era ad un tempo dell'una cosa e dell'altra?
Comunque fosse, la fine fu questa, che suonarono le undici di sera e il Pietrasanta non aveva anche potuto ragionare da solo a solo coll'amico. E bisogna poi dire che ad una cert'ora della sera, il nostro diplomatico aveva fatto di necessità virtù, e tra per le difficoltà moltiplicatesi intorno a lui e i rapimenti di una conversazione geniale, s'era adattato allo __statu quo__, com'era voluto da que' potentati femminei.
Ora, il partire così, presso alla mezzanotte, non metteva più conto; poichè, fossero pure andati di galoppo avrebbero trovate chiuse le porte per rientrare in città. E il Pietrasanta, pensato assai ragionevolmente che avrebbero potuto alzarsi per tempissimo nella mattina vegnente, pose il suo animo in pace.
Tutto il suo correre, il suo almanaccare, il suo beccarsi il cervello, non avevano trovato nulla contro i sottili accorgimenti del sesso gentile. L'uomo propone e la donna dispone.
VI
Dove si legge di tre naviganti che avevano perduta la bussola.
Per tutto ciò che vi abbiamo raccontato, Enrico Pietrasanta non potè consegnare all'amico la lettera di Lorenzo Salvani se non a notte alta, quando finalmente rimasero soli nel quartierino serbato dal marchese Antoniotto a' suoi ospiti. Ora, a mala pena l'ebbe scorsa da capo a fondo, il giovine Montalto rimase come trasognato. Lo scritto del Salvani diceva troppe cose e troppo poche ad un tempo, svegliando nell'anima di Aloise, insieme coll'ansietà dell'amico, la curiosità dell'uomo, la sollecitudine del cavaliere, la pietà del congiunto.
Però, lasciamo argomentare al lettore con che impazienza Aloise aspettasse il mattino. E sebbene molti altri pensieri, frutto delle prime cortesie usategli dalla donna amata, gli stessero in mente, dobbiamo pur confessare, ad onor suo, ch'egli era assai più sollecito di correre in città che non di rimanere lassù, a sperimentare, nella sua continuazione, la dolcezza di questi scherzi e guerricciuole di donna, che mostra per la prima volta di accorgersi dello amore di un uomo.
Al primo romper dell'alba, egli era già in piedi e raccomandava ad Enrico Pietrasanta, di non metter due ore a vestirsi, come soleva. Ma Enrico, fin dal giorno innanzi, col Salvani, aveva mostrato di sapere alla occorrenza far presto: quella mattina, poi, non era meno impaziente dell'amico Aloise. Per tal modo egli avvenne che le sei non erano anche suonate, e già i due amici passeggiavano davanti al vestibolo, aspettando che il __landau__ fosse pronto per la partenza.
Il palazzo Torre Vivaldi non aveva ancora schiusi gli occhi alla tiepida luce del mattino; la qual cosa, ridotta in istile volgare, significa che le persiane erano tutte chiuse, sulla facciata, e che i signori del luogo dormivano, o ne facevano le viste.
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