Vittorio Bersezio - La plebe, parte III
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– Può dire al cav. D'Azeglio, disse poi, come per determinazione subitamente presa, che lo riceverò domani mattina alle sei.
Era quella l'ora solita in cui Carlo Alberto usava dare le udienze confidenziali.
Il marchese ripetè il suo profondo inchino e partissi. Mezz'ora dopo un bigliettino recato dal lacchè del marchese all'albergo Trombetta avvisava Massimo d'Azeglio dell'ottenutogli favore.
In pari tempo un altro domestico si affrettava verso l'officina Benda con un'altra letterina scritta dalla contessina Virginia a Maria la sorella di Francesco.
Il marchese, appena rientrato nel suo palazzo, erasi recato egli stesso nelle stanze della nipote, dove stava ancora il buon Don Venanzio, il quale aveva per la nobile fanciulla, più che simpatia, stima, ammirazione ed affetto grandissimi.
– Caro Don Venanzio, aveva egli detto al vecchio parroco, fra poche ore Ella potrà abbracciare il suo raccomandato. Virginia, puoi mandar detto alla tua compagna di collegio che di quest'oggi stesso le sarà restituito suo fratello. Il Re volle tutto perdonare.
– E Dio benedica il Re! esclamò il sacerdote con voce commossa.
– Una buona novella non giunge mai troppo presto: disse madamigella Virginia alla quale il piacere provato dall'annunzio datole dallo zio aveva lievemente arrossato le guancie e fatto brillare lo sguardo; chiedo adunque licenza di scriver subito la lieta notizia a madamigella Benda.
– Hai ragione: disse paternamente sorridendo il marchese. Lasciamola fare, Don Venanzio; e s'Ella desidera veder presto il suo protetto, io la indirizzerò al Comandante perchè le contenti questo suo desiderio. Chi sa che l'ordine di rimettere in libertà quel giovane non sia già venuto, ed Ella non possa condurselo seco fuori del Palazzo Madama!
– Come quell'altra volta, esclamò Don Venanzio, in cui Ella pure mi fece ottenergli la libertà, e sono stato io a recargliene la novella.
– Uno di questi giorni, soggiunse il marchese; il più presto possibile, anche domani, mi farà un piacere, Don Venanzio, se mi condurrà quel giovane… Ho gran desiderio di parlargli; e forse il colloquio che avremo non sarà inutile per lui.
– A quell'ora che sarà più comoda a V. E. io glie lo presenterò sicuramente.
Quando il buon parroco si fu avviato verso il Palazzo Madama con una commendatizia del marchese pel Comandante , quando il lacchè fu spedito all'albergo Trombetta colla lettera per Massimo d'Azeglio, Baldissero s'informò se suo figlio era in casa, e udito di sì, ordinò gli si dicesse che il padre lo aspettava nel suo salotto da studio.
– Ettore, disse il marchese al figliuolo appena fu entrato nel gabinetto, S. M. ha benignamente acconsentito che l'avvocato Benda e i suoi compagni fossero messi in libertà.
Il contino s'inchinò in modo che voleva significare esser egli di ciò pienamente soddisfatto.
– Vi ho detto poc'anzi che vostro debito sarebbe quello di andar voi da quel giovane che avete oltraggiato a tendergli primo la mano, e voi mi avete risposto che ciò non fareste mai e che l'unico obbligo cui vi credete di avere secondo le leggi d'onore, si è quello di rimettervi nuovamente a sua disposizione per uno scontro.
– Persisto in questa mia opinione, e vi persisterò sempre: disse alquanto seccamente il figliuolo.
– I Baldissero, Ettore, sono avvezzi ad ubbidire ciecamente ai cenni del loro Re: e codesto io ricordava testè a Carlo Alberto, il quale mi diceva essere suo volere che la vostra contesa con quel cotale non avesse più conseguenze di sorta.
Ettore fece una mossa piena di superbia.
– Ma i Baldissero, io mi penso, non obbedirono mai a nessuno in cosa che ritenessero lesiva dell'onor loro.
– I nostri antenati, maestri in fatto di giusta suscettività d'onore, non iscambiarono mai per essa un puntiglio di ripicco… Del resto, s'affrettò a soggiungere, voi siete oramai in età da avere la libertà delle vostre decisioni e tutta la risponsabilità delle medesime. Io non vi do che consigli. Ho creduto potere anche a nome vostro rispondere a Sua Maestà con una formola di piena devozione. Fate voi poi a vostro talento, contraddite pur anco alla parola di vostro padre; ma se commetterete il fallo di trasgredire l'ordine del Re, ch'io stesso vi trasmetto, mi recherò ai piedi di S. M. a supplicare io medesimo che si degni farvi rinchiudere per parecchi mesi a Fenestrelle.
Il contino accennò voler parlare, ma si contenne; aspettò un momento in silenzio, in apparenza indifferente e poi domandò:
– Posso ritirarmi?
Il padre gli fece colla mano un cenno di licenza. Ettore salutò ed uscì.
– Bella libertà di determinazione che mi si lascia… colla minaccia di Fenestrelle: borbottava egli fra sè con rabbia repressa. E dovrò vedermi innanzi quel borghesuccio e tacere! Sacrebleu !.. Il soggiorno di Fenestrelle certo non mi sorride, ma se quel cotale ha la disgrazia di venirmi a stuzzicare, ma foi !..
Ho detto che madamigella Virginia s'era affrettata a mandare un domestico a casa di Benda con una sua letterina a Maria. Sperava la nobile fanciulla di essere la prima a partecipare la felice novella a quell'angosciata famiglia; e invece la era già stata prevenuta.
Il lieto annunzio era recato alla famiglia di Francesco dal dottor Quercia che col trotto serrato del suo bel cavallo attaccato al leggero ed elegante legnetto era passato innanzi al domestico che camminava a piedi.
E come mai Quercia aveva egli saputo così presto questa buona novella?
CAPITOLO IV
Il principe protettore di Zoe la Leggera , il quale dimenticava sui sofà dell'elegante di lei boudoir il suo gran collare dell'Ordine, appena ricevuto il biglietto della cortigiana che lo chiamava, s'era affrettato ad accorrere; e inteso di che si trattasse, riprendendo il suo gingillo di decorazione, aveva promesso di ottenere quanto la donna gli domandava, e sopratutto di farla pagare a quell'impertinentissimo esploratore che aveva l'audacia di far la guardia intorno alla casa della Zoe. Abbiamo già visto dal colloquio del marchese di Baldissero col Re, come il Principe avesse parlato a Carlo Alberto, e dobbiamo soggiungere che con tutta la sua autorità e con ogni insistenza aveva raccomandato le due cose al conte Barranchi capo della Polizia.
Finito appena il colloquio col marchese di Baldissero, il Re aveva mandato detto al Principe, che trovavasi ancora a palazzo, come volesse soddisfare alle raccomandazioni da esso fattegli poco prima, e come sulla fede di lui volesse ritenere per innocenti i giovani arrestati, e restituirli alla libertà. – Il Principe, senza il menomo ritardo, ne aveva mandato l'annunzio per un valletto alla Zoe, in casa la quale era appunto tornato per saper le novelle Gian-Luigi, che grandissima importanza, come sapete, metteva in codesto affare.
Quercia aveva avuta la subita ispirazione di recare egli stesso la felice novella alla famiglia Benda. A dispetto di tutte le gravissime cose ch'e' stava agitando, delle tante e ponderose preoccupazioni che ne tenevan la mente, in lui era sempre tuttavia presente e non si smentiva mai il libertino seduttore, quell'appassionata smania di turbare nuovi cuori, di possedere nuove beltà, cui vieppiù solletica la pura innocenza, quell'empia curiosità sensuale mai saziata, onde la poesia e la tradizione hanno formato il tipo di Don Giovanni. L'ingenuo candore, la grazia ancora quasi infantile, la non regolare ma piacevole, ma freschissima leggiadria della sorella di Francesco, avevano piaciuto, come dice il poeta, agli occhi suoi, e nella sua anima corrotta suscitato un desìo, cui lo sciagurato era avvezzo a volere in ogni modo soddisfatto. Gli suonavano ancora all'orecchio dolcissime le parole con cui la giovinetta, tutto commossa, gli aveva promesso una eterna gratitudine, s'egli riuscisse a salvare il suo diletto fratello; aveva impresso nell'animo il mite sguardo supplichevole, onde quelle parole erano state accompagnate; voleva sentirsi rivolgere con quella voce soave la ricompensa d'un ringraziamento, con quegli occhi tanto espressivi, il premio d'uno sguardo benigno.
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