Pietro Giannone - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 6
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Jus Casei, et Olei, non est ubique per Regnum.
Jus Passagii vetus.
Delle nuove parimente ne abbiamo del medesimo Autore ne' luoghi allegati due cataloghi. Furono queste introdotte da Federico II Principe appo gli Scrittori Guelfi, che scrissero sotto il Regno degli Angioini, riputato tiranno, e che angariasse in cento maniere i suoi sudditi: Andrea d'Isernia sopra gli altri l'ha sempre nelle sue opere malmenato, e dipinto per un crudele, e lo pone per ciò nel fuoco penace dell'Inferno: dice nelle Costituzioni 66 66 Andr. Constit. quanto de caeteris, de decimis.
, che perciò la Chiesa non vuole le decime di queste esazioni, come ingiuste, ed imposte da Federico contro Dio e la giustizia: De illis non vult Ecclesia decimas, tanquam de male oblatis, quae imposita fuerunt per illum contra Deum, et justitiam: per quod videtur ille Federicus quiescere in pice, et non in pace . E nel Rito I sotto il titolo de Jure Tinctoriae, et Celandrae , dicendo che questi dritti come nuovi ed odiosi non doveano stendersi per interpetrazione, ma più tosto restringersi, scrisse: Imposita fuerunt haec ab eo, qui depositus fuit a Regno, et Imperio: poena sua propterea in Inferno crescit semper, sicut poena Arii, ut Augustinus dicit . Ma queste erano vane querele, parole inutili e buttate al vento. S'incolpava, e detestava Federico per avergli introdotti, si declamavano per empj ed ingiusti; ma non per questo i Re Angioini, Roberto istesso, e Carlo suo padre, sotto i quali egli scrivea, gli tralasciarono; anzi Roberto per avergli rigidamente esatti ed accresciuti ne fu imputato d'avarizia.
L'istesso Andrea 67 67 Rit. 2. R. Cam. de decimis.
, che declamando dice, che la Chiesa nè men per quelli vuol decime, ci racconta, che Filippo Minutolo Arcivescovo di Napoli, mal soddisfatto della convenzione passata col Re Carlo II che si dovessero pagar le decime per le due terze parti, lasciandone una, che si credette poter importare per li nuovi ed illeciti diritti, tornò a moverne litigio, credendo essere stato ingannato; ma dopo un lungo contrasto, essendosi appurato che importava assai meno ciò che gli apparteneva, quando non voleva esigere per li nuovi dazj, i quali importavano somma assai maggiore dei vecchi, e che perciò bisognava restituir grosse somme, niente curandosi più dell'indebita esazione, nè di proseguirla per l'avvenire, pregò il Re che per grazia glie le accordasse, e continuasse ad esigere le due terze parti, come prima; e per togliere ogni scrupolo, il Re acconsentì, che per l'avvenire si pagassero a lui due parti intere; ma che ciò che gli veniva per questo suo dono, dovesse impiegarlo per l'edificio del Duomo di Napoli, e quello finito, se gli dovesse continuare il pagamento con peso di pregare Iddio per l'anime de' suoi genitori, e di dover ergere in quella Chiesa alcuni altari, siccome narra Isernia, che a suo tempo si faceva e si pagava 68 68 V. Chioccar. de Archiep. Neap. ann. 1288 pag. 188.
.
Questi nuovi diritti, secondo il novero, che fa Isernia nelle Costituzioni del Regno, sono:
Jus Fundici Ferri.
Azarii. Picis.
Salis.
Jus Staterae, seu Celandrae.
Ponderaturae.
Jus Mensuraturae.
Riae de nove.
Jus Setae. Jus Cambii.
Saponis. Molendini.
Bechariae novae.
Imbarcaturae. Jus Sepi.
Jus Portus, et piscariae novum.
Jus Exiturae.
Jus Decini. Tentoriae.
Jus Marchium.
Jus Balistrarum. Jus Gallae.
Jus Lignaminum non est ubique.
Jus Gabellae auripellis non est ubique per Regnum.
Jus Resinae, seu reficae majoris, et minoris non est ubique, sed Neapoli.
L'altro Catalogo delle medesime, che pose fra i Riti è questo.
Jus Fundici.
Jus Ferri.
Jus Azarii.
Jus Picis.
Jus Salis.
Jus Staterae, seu ponderaturae.
Jus Mensuraturae.
Jus Exiturae.
Jus Setae.
Jus Tinctoriae, et Celandrae.
Jus Cambii.
Jus Bucceriae novum.
Jus Imbarcaturae.
Jus Sepi.
Jus Partus, et Piscariae novum.
Jus Decini.
Jus Balistrarum.
Jus Reficae majoris, et minoris.
Jus Marium, saponis, molendini, et gallae, non sunt ubique, sed in Apulea.
Jus Lignaminum, non est ubique.
Jus Gabellae auripellis.
Di tutte queste ragioni fiscali, delle loro esazioni, delle persone che erano obbligate a pagarle, del modo di riceverne conto da' Doganieri, Credenzieri, Gabellotti, ed altri minori Ufficiali, delle loro colpe e difetti nell'amministrazione de' loro pleggi, degl'incanti, che doveano premettersi per gli affitti, e degli escomputi pretesi, e di tutte le quistioni e liti che insorgevano intorno a ciò tra le Parti e 'l Fisco, questo Tribunale della Camera de' Conti n'era il giudice competente. Veniva retto, oltre il Luogotenente del Gran Camerario suo Capo, da' Maestri Razionali, chiamati così, a rationibus quibus praesunt 69 69 L. fin. C. si propter pubblicas pensitationes.
. Era perciò questo Tribunale nomato Auditorium rationum : poi fa detto Audientia Summaria : e finalmente Camera Summaria 70 70 Auctor, Anonym. in notis Rit. R. C. rub. 36.
. Accadevano per conseguenza molto spesso de' dubbj intorno a tutte queste cose, ed i M. Razionali li decidevano, e secondo le loro decisioni, da quelle che furono in ogni tempo uniformi e costanti, ne sursero vari Riti e stili di giudicare, e varie norme e regole per potersi in casi simili, in decorso di tempo, valere. Prima d'Andrea d'Isernia questi Riti ed osservanze non si potevano ricavare, se non dai libri del Tribunale, ove erano notati: e poichè a tutti non era facile averne copia o comodità d'osservargli, non erano così universalmente noti e palesi. Furono, egli è vero, alcuni regolamenti a ciò attenenti fatti inserire nelle nostre Costituzioni, come sotto il titolo de Officio Magistrorum Fundicariorum , ed in alcuni altri; ma dice l'istesso Andrea nelle note a questa Costituzione, che gli altri statuti di Federico a ciò riguardanti, erano nelle dogane, nè furono uniti a quel volume delle Costituzioni: Sicut dicunt alia statuta Imperialia, quae sunt in Dohanis, nec sunt redacta in hoc volumine . Questo gravissimo Giureconsulto fu dunque, che trattigli da' registri delle dogane e degli Atti di quel Tribunale, gli compilò, e ridusse in quella forma che ora si leggono. Nè era da sperare che altri avessero potuto con tanta diligenza, ed esattezza por mano a quest'opra, con quanta da lui si fece. Era stato egli creato M. Razionale dal Re Carlo II, e poi visse tale in tutto il tempo che regnò Roberto, che vuol dire 34 altri anni, sin che dalla Regina Giovanna I non fosse innalzato al posto di Luogotenente; onde niuno meglio di lui poteva darci i Riti di questo Tribunale, e compilargli con tanta nettezza e dottrina, con quanta si vede.
Ch'egli ne fosse stato il Compilatore, non è da dubitare: abbiamo veduto per lo confronto fatto dei Cataloghi di queste ragioni fiscali, riconoscer quelli un medesimo Autore. È manifesto ancora da un altro confronto, che può farsi di ciò che scrisse l'istesso Andrea ne' Commentarj de' Feudi sotto il titolo, Quae sint regalia, in § vectigalia, in add. n. 14 e nelle note alla Costituzione suddetta de Officio Magistrorum Fundicariorum , e da ciò che si legge in questi Riti sotto la rubrica de jure fundici 71 71 Rit. 18.
, ove si veggono ripetute ad literam l'istesse parole. Il medesimo Andrea nell'ultimo Rito de jure Dohanae nel fine cita se stesso; si rimette a quel ch'egli medesimo avea scritto in cap. unico, § Sacramentum, de consuet. rect. feud . Ce lo testificano ancora gli Autori suoi coetanei, o che fiorirono non molto dopo lui. Luca di Penna fu suo contemporaneo, perchè fu coetaneo di Bartolo, e quegli attesta, il Compilatore di questi Riti essere stato Andrea 72 72 Luc. de Penna in l. si tempora. C de fid. instrum. et host. fisc. lib. 10.
. Goffredo di Gaeta, che nell'anno 1460 come e' dice nel Rito 2 de decimis , compose i Commentarj, ovvero letture sopra i medesimi, passa in più luoghi per cosa fuor d'ogni dubbio che Andrea ne fu l'Autore 73 73 Goffred. de Gaeta de jure Dohanae, n. 179 et 181 et in rubr. de non positis, aut subtract. in quater. etc. num. 2.
. Il medesimo scrissero Liparulo nella di lui vita 74 74 Lipar. in vita Andr. vers. Invenimus etiam Andream compilasse, etc.
, e l'Anonimo 75 75 Auth. in annot. ad rubr. 1.
Autor delle Note a' Riti suddetti. E finalmente a lettere cubitali ciò si legge nel Codice di questi Riti, che si conserva nell'Archivio della Regia Camera, che porta in fronte questo titolo: Ritus Domini Andreae de Isernia super universis juribus Dohanarum, et aliarum Regni Siciliae Gabellarum .
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