Volodyk - Paolini2-Eldest
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Sono d'accordo.
Si avviarono verso l'accampamento dei Varden, ma dopo appena qualche passo Eragon vide Roran venirgli incontro dal fiume Jiet. Si sentì prendere dalla trepidazione. Roran si fermò davanti a loro, con i piedi divaricati e ben piantati nel suolo, mentre la mascella si contraeva nello sforzo di parlare, ma era come se non riuscisse a emettere alcun suono. Poi sferrò a Eragon un pugno sul mento.
Sarebbe stato facile per Eragon evitarlo, e invece gli permise di colpirlo, ritraendosi appena quel tanto da evitare che Roran si sbucciasse le nocche.
E provò dolore.
Con una smorfia, Eragon affrontò il cugino. «Credo di essermelo meritato.»
«Stanne certo. Dobbiamo parlare.»
«Ora?»
«Non posso più aspettare. I Ra'zac hanno catturato Katrina, e mi serve il tuo aiuto per andarla a liberare. Katrina è in mano loro da quando siamo fuggiti da Carvahall.»
È così, allora. In quel momento Eragon capì perché Roran gli era parso tanto cupo e tormentato, e perché aveva portato l'intero villaggio nel Surda. Brom aveva ragione: Galbatorix ha mandato di nuovo i Ra'zac nella Valle Palancar. Aggrottò la fronte, dibattuto fra le sue responsabilità verso Roran e i suoi obblighi verso Nasuada. «C'è qualcosa che devo fare prima, poi potremo parlare. D'accordo? Puoi venire con me, se ti va.»
«Ti accompagno.»
Mentre avanzavano sulla terra martoriata, Eragon continuava a rivolgere occhiate furtive a Roran. Poi, a bassa voce, disse: «Mi sei mancato.»
Roran esitò, poi rispose con un brusco cenno della testa. Qualche passo dopo, disse: «Questa è Saphira, giusto? Jeod ha detto che si chiama così.»
«Sì.»
Saphira scrutò Roran con un occhio scintillante. Lui sostenne il suo esame senza distogliere lo sguardo, una cosa che pochi riuscivano a fare. Ho sempre voluto conoscere il compagno di cova di Eragon.
«Sa parlare!» esclamò Roran, quando Eragon ripetè le sue parole. Questa volta Saphira si rivolse direttamente alla sua mente. Cosa? Credevi che fossi muta come una lucertola del deserto?
Roran battè le palpebre. «Ti chiedo scusa. Non sapevo che i draghi fossero intelligenti.» Un sorriso amaro gli increspò le labbra. «Prima i Ra'zac e gli stregoni, ora nani, Cavalieri e draghi parlanti. A quanto pare il mondo è impazzito.» «A quanto pare.»
«Ho visto che duellavi con l'altro Cavaliere. L'hai ferito? Per questo è fuggito?»
«Aspetta. Lo saprai fra poco.»
Quando raggiunsero il padiglione che Eragon stava cercando, sollevò i lembi dell'ingresso ed entrò, seguito da Roran e dalla testa di Saphira. Al centro della tenda, Nasuada era seduta sul bordo del tavolo, impegnata in un'accesa discussione con Arya, mentre una cameriera l'aiutava a togliersi l'armatura ammaccata. La ferita alla coscia era stata guarita.
Nasuada s'interruppe a metà di un frase quando scorse i nuovi arrivati. Balzò giù dal tavolo e gettò le braccia al collo di Eragon, gridando: «Dov'eri finito? Credevamo che fossi morto o peggio.»
«Invece no.»
«La candela brucia ancora» mormorò Arya.
Facendo un passo indietro, Nasuada disse: «Non siamo più riusciti a vedere che cosa vi stava accadendo, dopo che tu e Saphira siete atterrati sul pianoro. Quando il drago rosso si è allontanato, e tu non tornavi, Arya ha cercato di mettersi in contatto con te, ma non sentiva niente, così abbiamo pensato...» Le mancò la voce. «Stavamo appunto discutendo del modo migliore per trasportare il Du Vrangr Gata e un intero battaglione di soldati dall'altra parte del fiume.»
«Mi dispiace. Non volevo farvi preoccupare. Solo che ero così stanco che mi sono dimenticato di abbassare le barriere mentali.» Poi Eragon presentò Roran. «Nasuada, vorrei presentarti mio cugino Roran. Ajihad deve avertene parlato. Roran, ledy Nasuada, capo dei Varden e mia signora. E questa è Arya Svit-kona, ambasciatrice degli elfi.» Roran s'inchinò a entrambe.
«È un vero onore conoscere il cugino di Eragon» disse Nasuada.
«Un vero onore» le fece eco Arya.
Quando ebbero finito le presentazioni, Eragon spiegò come l'intero villaggio di Carvahall era arrivato a bordo dell'Ala di Drago, e che Roran era il responsabile della morte dei Gemelli.
Nasuada inarcò un sopracciglio scuro. «I Varden sono in debito con te, Roran, per aver fermato la loro empietà. Chissà quali altre scelleratezze avrebbero potuto compiere i Gemelli prima che Eragon o Arya avessero il tempo di affrontarli. Ci hai aiutato a vincere questa battaglia, e non lo dimenticherò. Le nostre scorte sono limitate, ma provvedere affinchè ogni uomo e donna a bordo della vostra nave sia vestito e sfamato, e i malati curati.»
Roran s'inchinò ancora di più. «Grazie, ledy Nasuada.»
«Se non fossimo così a corto di tempo, mi piacerebbe sapere come e perché tu e il tuo villaggio siete sfuggiti agli uomini di Galbatorix, avete viaggiato fino al Surda, e ci avete trovati. Anche il solo elenco dei fatti nudi e crudi è di per sé un racconto straordinario. Intendo comunque conoscere i dettagli, specie perché sospetto riguardino Eragon, ma adesso devo occuparmi di questioni più urgenti.»
«Certo, ledy Nasuada.»
«Puoi andare, dunque.»
«Ti prego» intervenne Eragon, «lascia che resti. È giusto che sappia anche lui.»
Nasuada lo guardò, perplessa. «Va bene. Se lo desideri. Ma adesso basta con le chiacchiere. Veniamo al dunque. Dicci del Cavaliere!»
A beneficio di Roran, Eragon cominciò con una breve storia delle ultime tre uova di drago - due delle quali si erano ormai schiuse - spiegando chi fossero Morzan e Murtagh. Poi continuò descrivendo il duello suo e di Saphira con Castigo e il misterioso Cavaliere, dando particolare rilievo ai suoi poteri straordinari. «Quando si è rigirato la spada nella mano, mi sono reso conto che avevo già duellato contro di lui, così gli sono balzato addosso e gli ho strappato l'elmo.» Eragon fece una pausa.
«Era Murtagh, vero?» chiese Nasuada in tono sommesso.
«Come...?»
La donna sospirò. «Se i Gemelli erano sopravvissuti, va da sé che lo era anche Murtagh. Ti ha detto cosa è successo davvero quel giorno nel Farthen Dùr?»
Così Eragon raccontò come i Gemelli avevano tradito i Varden, reclutato gli Urgali e rapito Murtagh. Una lacrima scivolò sulla guancia di Nasuada. «È un peccato che sia accaduto a Murtagh, dopo che ne aveva già passate tante. Mi piaceva la sua compagnia a Tronjheim e credevo che fosse nostro alleato, malgrado le sue origini. Mi è difficile pensarlo come nemico.» Poi si rivolse a Roran. «Si direbbe che io sia personalmente in debito con te per aver eliminato i traditori che hanno assassinato mio padre.» Padri, madri, fratelli, cugini, pensò Eragon. Ogni cosa si stringe intorno alla famiglia. Facendo appello a tutto il suo coraggio, completò il racconto con il furto di Zar'roc da parte di Murtagh e la sua terribile rivelazione finale.
«Non è possibile» mormorò Nasuada.
Eragon lesse spavento e repulsione sul volto di Roran, prima che riuscisse a nascondere le proprie emozioni. Questo lo ferì più di ogni altra cosa.
«Forse Murtagh mentiva» suggerì Arya.
«Non vedo come. Quando ho insistito, mi ha ripetuto la stessa cosa nell'antica lingua.»
Un lungo, sgradevole silenzio riempì il padiglione.
Poi Arya disse: «Nessun altro deve saperlo. I Varden sono già abbastanza demoralizzati per la presenza di un nuovo Cavaliere. E resteranno ancora più sconvolti quando sapranno che si tratta di Murtagh, con cui hanno combattuto e di cui si sono fidati nel Farthen Dùr. Se si sparge la voce che Eragon Ammazzaspettri è il figlio di Morzan, gli uomini perderanno ogni illusione e nessuno vorrà più unirsi a noi. Nemmeno re Orrin dovrà saperlo.»
Nasuada si massaggiò le tempie. «Temo che tu abbia ragione. Un nuovo Cavaliere...» Scosse il capo. «Sapevo che un'eventualità del genere era possibile, ma non credevo che si sarebbe realizzata, dato che le ultime uova di Galbatorix continuavano a non schiudersi.»
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