Volodyk - Paolini2-Eldest
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«Ascolta» disse Elain, inclinando la testa di lato. «Cos'è?»
Roran tese le orecchie e colse il debole tintinnio del metallo che cozzava contro il metallo. «Quello» rispose «è il suono del nostro destino.» Voltandosi, gridò: «Capitano, una battaglia dritta di fronte a noi!»
«Gli uomini alle baliste!» ruggì Uthar. «Raddoppia il tempo ai remi, Bonden. Ogni uomo abile si tenga pronto, altrimenti userò le vostre budella come guanciali!»
Roran rimase dov'era, mentre l'Ala di Drago esplodeva in un fermento di attività. Malgrado l'aumento del rumore, poteva ancora sentire le spade e gli scudi che si scontravano in lontananza. Ormai si sentivano anche le grida degli uomini, come i ruggiti di qualche bestia gigantesca.
Volse il capo quando Jeod si unì a loro a prua. La faccia del mercante era pallida. «Sei mai stato in battaglia prima d'ora?» gli chiese Roran.
Il pomo d'Adamo di Jeod sobbalzò quando l'uomo deglutì e scosse la testa. «Ho combattuto molte volte al fianco di Brom, ma mai niente del genere.»
«È un debutto per entrambi, allora.»
La cortina di fumo si assottigliò a destra, aprendosi su un panorama agghiacciante di terra scura che eruttava fuoco e fetidi vapori arancione, coperta da una massa di uomini che lottavano. Era impossibile distinguere quali fossero i Varden e quali i soldati imperiali, ma era evidente che la battaglia poteva pendere in qualunque direzione, con la spinta giusta. Possiamo darla noi, quella spinta.
Poi una voce echeggiò sull'acqua quando un uomo sulla riva gridò: «Una nave! Una nave che risale il fiume!» «Sarà meglio che tu scenda» disse Roran a Elain. «Non
è sicuro se resti qui.» Lei annuì e corse al boccaporto di
prua, scese la scaletta e chiuse la botola dietro di sé. Un
momento dopo, Horst balzò sulla prua e porse a Roran uno degli scudi di Fisk.
«Ho pensato che ti servisse» disse Horst.
«Grazie. Ho...»
Roran s'interruppe quando l'aria vibrò, come per una potente esplosione. Thud. I denti gli sbatterono. Thud. Le orecchie gli fecero male per la pressione. Subito dopo il secondo colpo, arrivò un terzo thud e con esso un grido altissimo che riconobbe, perché lo aveva sentito tante volte da ragazzo. Guardò in alto e vide un gigantesco drago color zaffiro scendere in picchiata dalle nubi. E seduto sul drago, a cavallo fra il collo e le spalle, c'era suo cugino, Eragon.
Non era l'Eragon che ricordava. Era come se un artista avesse preso i lineamenti di Eragon e li avesse migliorati, raffinati, resi più nobili e felini. Questo Eragon era vestito come un principe, indossava un'elegante armatura - sebbene insozzata dalla guerra - e nella mano destra brandiva una lama di un rosso iridescente. Questo Eragon, Roran capì, avrebbe ucciso senza esitazione. Questo Eragon era potente e implacabile... Questo Eragon avrebbe potuto distruggere i Ra'zac e le loro mostruose cavalcature, e aiutarlo a liberare Katrina.
Sbattendo le ali translucide, il drago si fermò davanti alla nave. Poi Eragon incontrò lo sguardo di Roran. Fino a quel momento, Roran non aveva creduto completamente alla storia di Jeod su Eragon e Brom. Ora, mentre fissava suo cugino, un'ondata di emozioni contrastanti lo travolse. Eragon è un Cavaliere! Sembrava inconcepibile che il ragazzino smilzo, indocile e smanioso con cui era cresciuto si fosse trasformato in quel temibile guerriero. Vederlo vivo riempì Roran di una gioia inaspettata. Eppure, allo stesso tempo, una terribile, familiare collera gli attanagliò le viscere al pensiero del ruolo che Eragon aveva avuto nella morte di Garrow e nell'assedio di Carvahall. In quei pochi secondi, Roran non capì se amava od odiava Eragon.
S'irrigidì allarmato quando un enorme essere sconosciuto gli toccò la mente. Da quella entità emanò la voce di Eragon. Roran?
«Sì.»
Pensa le tue risposte e io le sentirò. C'è tutta Carvahall con te?
Quasi tutta.
Come avete fatto... No, non possiamo perdere tempo per le spiegazioni. Restate qui finché la battaglia non sarà decisa. Ancora meglio, scendete di nuovo lungo il fiume, fin dove l'Impero non possa raggiungervi.
Dobbiamo parlare, Eragon. Hai molte risposte da darmi.
Eragon esitò, preoccupato, poi disse: Lo so. Ma non ora, più tardi. Senza che gli venisse dato un ordine, il drago si allontanò dalla nave e volò a est, inghiottito dalla nebbia rossastra che aleggiava sulle Pianure Ardenti. Con voce rotta dall'emozione, Horst esclamò: «Un Cavaliere! Un vero Cavaliere! Non avrei mai pensato di vedere quel giorno, e men che mai che sarebbe stato Eragon.» Scrollò il capo. «A quanto pare dicevi la verità, eh, Gambelunghe?» Jeod rispose con un sogghigno, l'espressione raggiante come quella di un bambino.
Le loro parole suonarono mute a Roran, che fissava il ponte con la sensazione di essere pronto a scoppiare di tensione da un momento all'altro. Un'orda di domande irrisolte lo assaliva. Si costrinse a ignorarle. Non posso pensare a Eragon in questo momento. Dobbiamo combattere. I Varden devono sconfiggere l'Impero.
Una marea crescente di furia lo consumò. Aveva già sperimentato quella frenesia scatenata che gli consentiva di superare qualsiasi ostacolo, di spostare oggetti che di solito non riusciva a muovere, di affrontare un nemico in battaglia e non avere paura. Lo afferrò una febbre nelle vene, che gli accelerava il respiro e gli faceva martellare il cuore nel petto.
Si allontanò di scatto dal parapetto, corse per tutta la lunghezza della nave fino al cassero, dove Uthar era al timone, e disse: «Dirigi a terra.»
«Cosa?»
«Dirigi a terra, ti dico! Resta qui con i tuoi uomini e usate le baliste per distruggere tutto quello che potete, impedite all'Ala di Drago di essere abbordata, e proteggete le nostre famiglie con le vostre vite. Chiaro?»
Uthar lo guardò con occhi di ghiaccio, e Roran temette che non avrebbe accettato i suoi ordini. Poi il vecchio lupo di mare borbottò e disse: «Signorsì, Fortemartello.»
I passi pesanti di Horst preannunciarono il suo arrivo sul cassero. «Che cosa intendi fare, Roran?» «Fare?» Roran scoppiò a ridere e si volse di scatto per trovarsi faccia a faccia col fabbro. «Fare? Ebbene, intendo cambiare il destino di Alagaésia!»
Il drago rosso
Eragon quasi non si accorse che Saphira lo stava riportando nel cuore della mischia. Sapeva che Roran era in mare, ma non aveva mai sospettato che si stesse dirigendo verso il Surda, né che si sarebbero rivisti in quel modo. E gli occhi di Roran! Occhi che lo avevano fissato esprimendo dubbio, sollievo, collera... accusa. In essi, Eragon aveva letto che suo cugino Roran conosceva il suo ruolo nella morte di Garrow e non lo aveva ancora perdonato.
Fu soltanto quando una spada rimbalzò su uno dei suoi schinieri che Eragon riportò l'attenzione a quanto accadeva intorno a sé. Liberò un grido selvaggio e calò Zar'roc di taglio, uccidendo il soldato che lo aveva colpito. Criticandosi per essere stato così distratto, chiamò Trianna e disse: È una nave amica. Spargi la voce che nessuno di loro venga attaccato. E chiedi a Nasuada, come favore personale, di mandare alla nave un araldo che spieghi loro la situazione e si assicuri che restino fuori dallo scontro.
Come desideri, Argetlam.
Sul fronte occidentale della battaglia, dov'era atterrata, Saphira attraversò le Pianure Ardenti in pochi grandi balzi, fermandosi davanti a Rothgar e ai nani. Eragon smontò e si presentò al re, che disse: «Salve, Argetlam! Salve, Saphira! A quanto pare gli elfi hanno compiuto su di te quanto avevano promesso.» Al suo fianco c'era Orik. «No, sire, sono stati i draghi.»
«Davvero? Ascolterò con piacere le tue avventure quando questa sporca guerra sarà finita. Sono lieto che tu abbia accettato di entrare a far parte del Dùrgrimst Ingietum. È un onore averti come membro della mia famiglia.» , «L'onore è mio.»
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